Newsletter Fitoterapia nr. 54 – Maggio 2020
La Curcuma tra credenze ed evidenze
European journal of medicinal chemistry 163 (2019): 527-545. Elsevier®
“The therapeutic potential of curcumin:
A review of clinical trials.”
Salehi, Bahare, et al.
Curcuma: l’assoluzione
La Curcuma (Curcuma longa L.) è una tra le piante medicinali il cui consumo, negli ultimi anni, è esponenzialmente cresciuto anche nel mondo occidentale a partire dalla sua primaria conoscenza come spezia culinaria per giungere oggi al suo frequentissimo uso come pianta medicinale nella gestione di più problematiche della salute.
L’incremento del consumo di Curcuma si è accompagnato ad un crescente interesse scientifico per indagarne gli effetti farmacologici e le potenzialità cliniche; alla ricerca in “Google Scholar” alla data del 29 maggio 2020, utilizzando la parola chiave di ricerca “Curcuma longa” vengono restituiti 121.000 articoli comprendenti gli articoli presenti in PubMed che, per la stessa ricerca, restituisce 3932 risultati di cui 151 relativi ai soli trials clinici.
L’apprezzamento di Curcuma come pianta medicinale deriva da alcuni sicuri fattori positivi come ad esempio la sua lunga tradizione d’uso nelle principali medicine tradizionali che ne tramandano la ragionevolezza d’impiego per effetti benefici e sicurezza d’uso; analogamente oggi l’ampia documentazione scientifica disponibile sostiene positivamente i razionali di impiego della Curcuma anche nelle più moderne formulazioni nutraceutiche (e negli integratori naturali); quest’ultima tipologia di preparati insieme alle classiche preparazioni erboristiche rappresentano il maggior “driver” di sviluppo della crescita dei consumi di Curcuma. Si deve tuttavia osservare che l’espansione del consumo di prodotti a base di Curcuma dipende anche da un progressivo allargamento delle sue indicazioni d’uso, infatti attualmente i prodotti a base di Curcuma vengono “consigliati” anche per impieghi diversi da quelli per i quali è tradizionalmente nota e cioè per l’efficienza antiossidante e antinfiammatoria molto sfruttata in aree osteoarticolare o gastrointestinale; sono oggi molto diffusi sul mercato molti prodotti a base di Curcuma che, ad esempio, promettono evidenti effetti dimagranti o anti neurodegenerativi ma con una attenta ricerca potrebbero essere rintracciati molte altre indicazioni “out label”.
Nel crescente interesse per gli integratori naturali, oggi sempre più sviluppati come farmaci, è ampiamente giustificato il lavoro di approfondimento e ampliamento della “moderna farmacognosia” tuttavia è importante tenere presente che le piante medicinali (e quindi le formulazioni a base di esse) possono offrire razionali farmacologici d’impiego quasi infiniti (poiché i singoli fitocomplessi sono a loro volta costituiti da un numero mediamente molto elevato di fitochimici) tuttavia i razionali farmacologici dovrebbero essere ben confermati anche nelle evidenze cliniche che supportino la verosimile realtà d’efficienza per “indicazione d’uso” e per aspetti tossicologici.
Nell’attuale realtà spesso “sfuocata” per certezze scientifiche cliniche che possano orientare alla scelta delle piante medicinali per un loro utilizzo secondo “evidence” restano comunque un valido riferimento le evidenze osservazionali tramandate sull’uso tradizionale delle piante medicinali che offrono consolidate informazioni sul loro uso nella “pratica clinica”; queste informazioni sono basate su una quasi infinita diponibilità di dati “storici” dai quali è facilmente deducibile quale sia il reale effetto medicamentoso prevalente della singola pianta medicinale ed i motivi e per i quali, nella storia della medicina, queste sostanze siano state impiegate prevalentemente per un uso e non per un altro.
Queste considerazioni potrebbero anche essere utili per valutare aspetti non meno importanti sulla sicurezza nell’uso delle piante medicinali; se da un lato l’impiego di una pianta medicinale “secondo indicazione certa”, ai dosaggi raccomandati, si conferma generalmente sicuro e ben tollerato, diversamente si pone la realtà nella quale la pianta medicinale venga consigliata per indicazioni “out label”; in questi casi si ha una ovvia mancanza di evidenti conferme cliniche ma anche di quelle d’uso tradizionale; inoltre in queste situazioni bisogna tenere presente che il mercato nutraceutico mette a disposizione preparati che somministrano estratti vegetali “pronti” spesso molto diversi (estratti secchi, acquosi, polveri, oli essenziali, fitosomiali, etc.) ma generalmente conformi, attraverso la posologia consigliata, ai dosaggi raccomandati dalle farmacopee ufficiali.
In caso di utilizzo di piante medicinali “out label” la posologia generalmente consigliata delle varie forme estrattive potrebbe essere inefficace oppure, per rincorrere “risultati miracolosi”, aumentata fino ad un eccesso; in questo caso si raggiungerebbero dosaggi di bioattivi molto superiori rispetto alla media di quelli generalmente raccomandati rappresentando potenzialmente maggior rischio di effetti avversi come ben descritto nella tossicologia delle piante medicinali [157]. Rispetto poi alla scelta di una specifica posologia di un preparato bisognerebbe tenere primariamente conto dei suoi aspetti tecnici di titolazione dei chemiotipi bioattivi per conoscerne l’esatta quantità somministrata.
La Curcuma rappresenta un tipico esempio di queste problematiche poiché la sua nota bassa biodisponibilità, rende difficoltoso, già nei suoi usi più tradizionali, l’ottenere per i principali curcuminoidi attivi, concentrazioni plasmatiche efficienti, per distribuzione sistemica, a raggiungere specifici apparati o sistemi dell’organismo; la Curcuma infatti mostra un’ampia variabilità di potenza di effetti clinici a seconda della forma di somministrazione topica (o luminale) oppure orale.
La mancanza di evidenze cliniche su uno specifico uso di una pianta medicinale ”out label” rappresenta quindi un problema non solo per la conferma della realtà dell’efficacia terapeutica ma anche per la mancanza di indicazioni certe di dosaggi da impiegare in sicurezza. Un aiuto per orientarsi sull’argomento può venire comunque dall’ampia disponibilità di dati fitochimici e farmacologici delle piante medicinali che si intendono impiegare; generalmente dagli studi fitochimici e farmacologici si possono ottenere informazioni verosimilmente predittive dei potenziali effetti clinici e di tollerabilità.
Nella prima metà del 2019 la Curcuma ed i preparati nutraceutici a base di essa, sono stati al centro dell’attenzione mediatica per presunti effetti epatotossici della pianta medicinale; le evidenze scientifiche hanno successivamente chiarito che i casi di epatotossicità verificatisi erano da attribuire a particolari condizioni d’uso e del paziente nel momento dell’assunzione dei preparati e non direttamente attribuibili alla Curcuma.
Riportiamo al riguardo le conclusioni del Ministero della salute Italiano a luglio 2019:
“A seguito delle indagini condotte sui casi di epatite colestatica segnalati dopo l’assunzione di integratori alimentari contenenti estratti e preparati di Curcuma longa, e, in un caso, dopo il consumo di Curcuma in polvere, il gruppo interdisciplinare di esperti appositamente costituito e la sezione dietetica e nutrizione del comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale hanno concluso che, ad oggi, le cause sono verosimilmente da ricondurre a particolari condizioni di suscettibilità individuale, di alterazioni preesistenti, anche latenti, della funzione epato-biliare o anche alla concomitante assunzione di farmaci. Gli eventi segnalati hanno coinvolto preparati ed estratti di curcuma diversi tra di loro e si sono verificati dopo l’assunzione di dosi molto variabili di curcumina, anche se nella maggior parte dei casi il titolo di tale sostanza era elevato e spesso associato ad altri ingredienti volti ad aumentarne l’assorbimento. Le analisi effettuate sui campioni dei prodotti correlati ai casi di epatite hanno escluso la presenza di contaminanti o di sostanze volontariamente aggiunte quali possibili cause del danno epatico. [http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=3842]
Il caso si è concluso con l’indicazione da parte del Ministero della Salute italiano di inserire nell’etichetta di prodotti a base di Curcuma una avvertenza cautelativa per la quale questi preparati sarebbero sconsigliati in accertata presenza di epatopatie.
Ai dosaggi raccomandati la Curcuma si dimostra sicura e ben tollerata; è generalmente riconosciuto che la curcumina non causa una significativa tossicità a breve termine a dosi fino a 8 g / die. [158,159]
Le vigenti normative del Ministero della Salute prevedono l’obbligo di dichiarare in etichetta di prodotti nutraceutici informazioni di indicazione esclusivamente conformi al vigente claim ammesso per Curcuma Longa L. che recita: Curcuma longa L. (sin. Curcuma domestica Val., Curcuma domestica Loir., Amomum curcuma Jacq) – Zingiberaceae – rhizoma, aetheroleum – rhizoma: Antiossidante, Funzionalità articolare, Contrasto dei disturbi del ciclo mestruale. [http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2019&codLeg=70165&parte=2&serie=]; ne consegue quindi che ufficialmente alla pianta medicinale vengono attribuite specifiche indicazioni d’uso e non altre per le quali attualmente non sono ancora disponibili dati evidenti di efficacia e di tollerabilità anche in ragione dei dosaggi consigliati; attualmente il claim per Curcuma longa L. “Prevents the accumulation of fats and facilitates their destockage by the liver” presso EFSA è in stato “pending” cioè in attesa di definizione positiva o negativa. [https://www.trovaclaim.it/registro-efsa/curcuma-curcuma-longa]
Come riportato nelle conclusioni ministeriali sarebbero inoltre da approfondire gli aspetti tossicologici dell’associazione di Curcuma con altre piante medicinali (es. Piperina) impiegate per migliorare la scarsa biodisponibilità della Curcuma anche se attualmente sarebbe evidente che queste associazioni accelererebbero i tempi di assorbimento dei tre principali curcuminoidi ma non ne migliorerebbero la biodisponibilità mentre incrementerebbero la biodisponibilità di loro metaboliti secondari. [161]
Secondo letteratura scientifica la Curcuma eserciterebbe i suoi più noti e principali effetti antinfiammatori e antiossidanti nella sua forma non modificata (es. effetti antinfiammatori luminali nell’intestino) mentre forme estrattive di Curcuma modificate con moderne tecniche farmaceutiche (es. liposomiali) sarebbero più indicate per sfruttare altre attività farmacologiche secondarie del fitocomplesso. [160]
L’articolo
L’articolo segnalato è stato pubblicato da European journal of medicinal chemistry (I.F. 4,833) nel 2019 (Editore Elsevier®) e offre una sintesi sulle principali evidenze cliniche attualmente disponibili per il potenziale impiego della Curcuma nella pratica clinica corrente. L’articolo mira a fornire un’ampia panoramica degli effetti terapeutici della curcumina nei soggetti umani su infiammazione, pelle, problemi oculistici, sistema nervoso centrale, apparato respiratorio, cardiovascolare, gastrointestinale, urogenitale e disturbi metabolici, intossicazioni e malattie maligne. Lo studio suggerisce che i generali dati clinici disponibili documentano il promettente potenziale della curcuma e del suo principale costituente, la curcumina, in diverse condizioni di salute. Dai dati emerge la grande efficacia della Curcuma nei disturbi legati all’ossidazione e il notevole effetto sulle malattie maligne inoltre emergono promettenti effetti su distinti disturbi del sistema respiratorio e di conferma della già nota capacità terapeutica di risolvere le infezioni ricorrenti del tratto respiratorio. Non meno importante da sfruttare, sarebbe l’effetto della curcumina in molti altri disturbi maligni, data la loro incidenza epidemica nella popolazione mondiale. Infine di particolare interesse risulterebbe il notevole potenziale della Curcuma nel contrastare gli effetti tossici derivanti dall’esposizione agli inquinanti in relazione ai disturbi autoimmuni-correlati.
Dall’articolo
La Curcuma (Curcuma longa), i suoi estratti derivati e la curcumina (termine comunemente impiegato per indicare il componente principale del fitocomplesso), hanno una lunga storia di utilizzo e senza dubbio di efficacia e buona tollerabilità, riportata in modo sempre più dettagliato in vitro, ex vivo, in vivo e nei test clinici; gli effetti biologici, i molteplici benefici per la salute e prevenzione delle malattie, le caratteristiche del trattamento sono state ampiamente studiate.
La curcumina, la demetossicurcumina (DMC) e la bisdemetossicurcumina (BDMC) sono note come “curcuminoidi” [1]. Questi molecole di colore giallo vengono isolate nei rizomi di Curcuma longa L. (curcuma), una specie vegetale appartenente alla famiglia delle Zingiberaceae [2,3]. La curcuma è una pianta conosciuta per il suo uso medicinale, da 4000 anni già nella cultura vedica in India, dove veniva usata come spezia culinaria e la sua presenza ricorreva anche nel culto religioso. Nella fitoterapia tradizionale, la curcuma viene comunemente utilizzata per l’artrite reumatoide, l’uveite anteriore cronica, la congiuntivite, il cancro della pelle, la varicella, la guarigione delle ferite, le infezioni del tratto urinario ed i disturbi del fegato; alla Curcuma vengono riconosciute capacità di rafforzare l’energia complessiva del corpo, eliminare i vermi, regolare le mestruazioni, sciogliere i calcoli biliari, disinfettare le ferite e sostenere significativamente i processi digestivi (gastro-intestinali) [4].
Il fitocomplesso di Curcuma contiene mediamente più del 3% di curcumina, 1,4% di DMC e 1,2% di BDMC [5] che appaiono come aghi giallo-arancio in polvere cristallina. La curcumina ha: 1) una solubilità variabile, cioè insolubile in acqua fredda ed etere, solubile in alcool e acido acetico glaciale e molto solubile in etanolo e acido acetico; 2) una buona stabilità nelle condizioni di stoccaggio raccomandate (20°C); 3) processo di decomposizione pericoloso in condizioni di incendio, per la formazione di prodotti tossici (ossidi di carbonio).
Si devono ad alcuni studi fitochimici le informazioni per comprendere le caratteristiche della biodisponibilità della Curcuma. Almeida et al. [11] hanno studiato le proprietà fisico-chimiche dei curcuminoidi come Kurien et al. [12] che hanno studiato in particolare la solubilità della curcumina e su questi dati Aggarwal [13] ha studiato approfonditamente gli aspetti della biodisponibilità della Curcuma. Contemporaneamente Modasiya [14] ha studiato la solubilità della curcumina nei polimeri, mentre Bernabe-Pineda et al. [15] hanno studiato le razioni di decomposizione della curcumina in relazione a valori di acidità. Si deve a Jager et al. [16] lo studio dell’assorbimento dei curcuminoidi in diverse formulazioni, e Prasad et al. [17] hanno puntualizzato i parametri farmacocinetici di curcumina (tra cui biodisponibilità, assorbimento e metabolismo). La preoccupazione principale rispetto alla curcumina, quando si vuole sfruttare la sua attività biologica, è la sua scarsa biodisponibilità a causa della scarsa solubilità, unita al suo scarso assorbimento nel plasma e tessuti, al rapido metabolismo (trasformazione in altre sostanze primariamente nell’intestino) ed escrezione [18 e 19].
Gli effetti biologici della Curcumina sono molteplici e molto evidenti come ad esempio la capacità di migliorare la sopravvivenza da dissanguamento in ratti pretrattati [20] come analogamente concluso da Jayaprakasha et al. [21] che hanno valutato l’attività antiossidante dei singoli curcuminoidi che sarebbe correlabile all’accelerazione della guarigione della ferita [22]. Secondo Literat et al. [23] la curcumina mostra anche una forte azione inibitoria sulla produzione di citochine pro infiammatorie. Non meno interessante sono le conclusioni di Patocka [24] che ha documentato una marcata attività anti amiloidogenica della curcumina dove curiosamente la proteina b-amiloide è una dei principali obiettivi nel trattamento della malattia di Alzheimer. Molti altri studi clinici hanno studiato l’attività farmacologica della Curcumina. Ad esempio, Krup et al. [25] e Nasri et al. [26] rivedendo gli usi medicinali della curcumina, hanno riportato notevoli benefici a livello gastrointestinale, respiratorio e cardiovascolare e importanti effetti antinfiammatori, antidiabetici, epatoprotettivi, neuroprotettivi, chemioterapici, antitumorali, antiallergici e antidermatofici e di prevenzione di resistenza ai farmaci. Velayudhan et al. [27] hanno documentato la sicurezza della Curcumina tramandata dall’uso tradizionale di fatto escludendone l’attività in somministrazione acuta e per questi motivi la curcumina viene sempre più concepita come una delle biomolecole da somministrare a lungo termine senza effetti negativi [28]. Hatcher et al. [29] hanno riesaminato l’attività chemiopreventiva, chemioterapica, chemosensibilizzante, radiosensibilizzante ed effetti radioprotettivi della curcumina. Shen [30] ha studiato la curcumina nei suoi effetti regolatori sul microbiota intestinale e ha osservato che questa molecola ha influenzato in modo significativo la sua composizione quantitativa e qualitativa finale. Inoltre, la curcumina ha anche mostrato un importante effetto protettivo sui disturbi della densità ossea, come l’osteopenia [31], l’artrosi [32], ed aiuta ad alleviare dolore e gonfiore in bocca, gengivite e parodontite [33]. Sono sempre maggiori le evidenze che la curcumina è in grado di modulare e influenzare, nel fegato, più percorsi di segnalazione cellulare contro i danni dell’esposizione cronica all’arsenico e persino nell’intossicazione da alcol [34]. Le vie di segnalazione più importanti studiate in biologia molecolare sono quelle di trasduzione di segnale (Sonic Hedgehog, Janus chinase) e di attivazione di trascrizione (JAK-STAT), il fattore nucleare kappa B (NF-kB), la proteina chinasi B (AKT o PKB) e la trasformazione del fattore di crescita b (TGF-b) [35]. Ad esempio la curcumina induce l’apoptosi inibendo la p-AKT [36] e la crescita del fattore 2 dell’insulina (IGF2) [37] nella via dell’AKT (inibendo Sonic Hedgehog) [38], allo stesso tempo sopprimendo l’attivazione delle cellule dendritiche [39], inducendo l’apoptosi in JAK-STAT [40], inibendo NF-kB [41,42], down-regolando TGF-b [43,44] e inibendo nei mammiferi il bersaglio della via di segnalazione della rapamicina (mTOR) nel trattamento delle lesioni del midollo spinale [45].
Studi clinici sugli effetti antinfiammatoria della curcumina
La curcumina è nota per il suo potenziale antinfiammatorio e molti studi clinici sono stati condotti per valutare i suoi effetti bioattivi in varie condizioni infiammatorie. Una delle condizioni più frequentemente studiata è l’artrite, una malattia cronica tipicamente caratterizzata da infiammazione delle articolazioni, che si traduce in danno articolare e disabilità; lo sviluppo di questa malattia viene strettamente correlato alla dis-regolazione delle citochine infiammatorie [interleuchina (IL) -1, IL-6 e fattore di necrosi tumorale (TNF)], e delle chemochine e degli enzimi infiammatori [matrice metalloproteinasi (MMP-9), cicloossigenasi-2 (COX-2) e 5- la lipossigenasi (5-LOX)] [46 e 52]. Gli studi clinici sull’efficacia antinfiammatoria della curcumina sono stati condotti principalmente sull’osteoartrite (OA) e in pazienti con artrite reumatoide (RA), in cui l’effetto anti-artritico della curcumina è stato confermato [46 e 52].
In Italia sono stati ampiamente studiati gli effetti terapeutici della curcumina in somministrazione orale, a dosaggi diversi (da 200 fino a 2000 mg / die), in diverse formulazioni (complesso C3, Meriva, NReINFe02 o miscela con altri estratti vegetali), con tempi diversi di somministrazione (da 2 settimane fino a 6 mesi); gli effetti terapeutici sono stati valutati utilizzando scale validate per misurare il livello di infiammazione e di mobilità e misurando i marcatori dello stress. In un primo studio clinico condotto da Deodhar et al. in pazienti con AR [46] la curcumina ha mostrato un effetto comparabile con il fenilbutazone, con miglioramenti di rigidità mattutina, gonfiore, tempi di deambulazione, senza tuttavia influenzare la forza di presa, l’indice articolare e velocità di eritrosedimentazione (VES).
Un altro studio condotto in pazienti con AR [49] comparato gli effetti della curcumina e del diclofenac, da soli e in combinazione; lo studio ha concluso che il gruppo di pazienti che riceveva entrambi i composti ha avuto il maggiore miglioramento nel Punteggio di malattia (DAS) e nel punteggio dell’American College of Rheumatology (ACR). Ad ogni modo, gli studi clinici che coinvolgono pazienti con OA sono i più numerosi e in tutti i casi sono stati osservati miglioramenti significativi su dolore, capacità motoria, su Indice di osteoartrite dell’Ontario occidentale e delle università McMaster (WOMAC), su Indice funzionale del dolore di Lequesne (LPFI), su Visual Analog Scale (VAS), su qualità della vita (QoL) e sui punteggi di Clinician Global Impression of Change (CGIC) [47,51,55].
Un altro gruppo di studi ha monitorato gli effetti della curcumina su marcatori / mediatori infiammatori e di stress nei pazienti con OA [48,50,55]. Questi studi hanno concluso che la somministrazione di curcumina ha ridotto i marker infiammatori IL-1b, IL6, ligando CD40 solubile [sCD40L], l’adesione delle molecole solubili delle cellule vascolari [sVCAM] -1 e ESR [48] e ha diminuito la secrezione dell’enzima COX-2 [50] e determinato una riduzione dei livelli dei mediatori di infiammazione coinvolti nell’infiammazione sistemica come il fattore di necrosi tumorale (TNF-a), la trasformazione del fattore di crescita b (TGFb), IL-6, la sostanza P, la sensibilità della Proteina C reattiva (hs-CRP), il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) e il monocita chemiotattico della proteina-1 (MCP-1) [55]. Un altro studio, con l’obiettivo di confermare il potenziale antinfiammatorio della somministrazione orale della curcumina, in pazienti con diabete mellito di tipo II (T2DM), ha osservato un miglioramento significativo della funzione endoteliale, di malondialdeide (MDA), ET-1, IL-6 e livelli di TNF-a nel gruppo trattato con curcumina.
Satoskar et al. [56] hanno studiato l’effetto anti-infiammatorio della curcumina rispetto al fenilbutazone o al placebo in pazienti in postoperatorio; al temine dello studio è stata osservata una riduzione del Punteggio di intensità (TIS) per l’edema del cordone spermatico e del dolore nella sede di intervento e che la curcumina aveva determinato una riduzione di tutti i parametri infiammatori. In pazienti con malattie metaboliche, la supplementazione di curcumina ha determinato una significativa riduzione dei livelli sierici di citochine (TNF-a, IL-6, TGF-b e MCP-1) [57]. Questi risultati supportano significativamente l’applicazione della curcumina nel trattamento di varie condizioni infiammatorie.
La Curcumina e le malattie della pelle
Numerosi studi clinici hanno dimostrato l’efficacia della somministrazione di curcumina nella risoluzione dei sintomi associati alla vitiligine [58], alla psoriasi [59 e 62], al prurito [63] e nelle dermatiti indotte da radiazioni [64]. Lo studio di Asawanonda e Khalan [58] in pazienti con vitiligine ha osservato un netto miglioramento nella ripigmentazione nel gruppo che riceveva i curcuminoidi in terapia topica insieme alla terapia standard UVB (NB-UVB) a banda stretta. Per quanto riguarda la psoriasi, un disturbo infiammatorio cronico e iperproliferativo della pelle, quattro diversi studi hanno studiato gli effetti della somministrazione orale di curcumina [59,62], sotto forma di tonico [60] o unguento [61]. Il primo studio, realizzato da Heng et al. [61], ha concluso che l’unguento alla curcumina ha ridotto il PhK (protein-chinasi specifica della serin / treonina) e nei cheratinociti l’espressione del recettore della transferrina (TRR), riducendo la gravità della parakeratosi e della densità epidermica delle cellule CD8þ. In altri due studi, in cui l’effetto dell’applicazione della curcumina orale era valutato in pazienti con psoriasi, è stato osservato un basso tasso di risposta: solo due dei dodici pazienti hanno mostrato miglioramenti [62]. In altra condizione, quando combinata con steroidi topici, la curcumina, somministrata per via orale, ha ridotto l’area della psoriasi e i punteggi dell’indice di gravità (PASI) [59]. Recenti risultati riportati da Bahraini et al. [60] evidenziano che un tonico alla curcuma può migliorare i sintomi della psoriasi, misurando i punteggi di PASI e Dermatology Life Quality Index (DLQI), inoltre, uno studio di Panahi et al. [63], condotto in pazienti che soffrono di prurito cutanea indotta (senape), hanno riscontrato una marcata diminuzione dell’infiammazione dopo somministrazione orale di curcumina. In questi pazienti è stata osservata una riduzione di vari marker infiammatori (tra cui IL-8, hs-CRP e CGRP) mediamente dopo 4 settimane di assunzione di curcumina.
La Curcumina e le malattie degli occhi
Prove cliniche sull’effetto della curcumina in vari disturbi oftalmologici hanno dimostrato un’elevata efficacia di questo composto, se applicato localmente o sistemicamente (per via orale). L’applicazione per 15 giorni di un collirio contenente curcuma può migliorare i sintomi di congiuntivite, xerosi congiuntivale (secchezza oculare), dacriocistite acuta, condizioni degenerative (pterigio o pinguecula) anche nel postoperatorio in pazienti operati per cataratta [65]. Gli studi sui pazienti con uveite hanno dimostrato un marcato miglioramento dei sintomi in tutti i pazienti trattati [66] e una riduzione del disagio agli occhi e del numero di recidive [67] dopo assunzione orale di curcumina fino a 18 mesi. Inoltre, è stato osservato un miglioramento significativo in pazienti con corioretinopatia sierosa centrale seguente a assunzione orale di curcumina [68].
La Curcuma per il sistema nervoso centrale
I primi studi clinici che hanno studiato l’effetto della curcumina in pazienti con malattia di Alzheimer non hanno mostrato risultati particolarmente promettenti, poiché, dopo 6 e 12 mesi di somministrazione orale non è stata osservata alcuna differenza significativa tra il gruppo curcumina e il gruppo placebo [69,70]. Tuttavia, nello studio condotto da Baum et al. [69], è stato osservato nei pazienti trattati un marcato aumento della vitamina E nel plasma e di livelli di Ab40 nel siero; dallo studio è emerso che l’aumento dei livelli di Ab40 nel siero implica che la curcumina possa disaggregare i depositi di Ab nel cervello, portandone al conseguente rilascio in circolo [69]. Rainey-Smith et al. [71] recentemente hanno concluso che la curcumina dimostra una bassa efficacia nei confronti dei sintomi della demenza; in questi pazienti l’assunzione orale di 1500 mg / die per 12 mesi di curcumina non ha influenzato le misure cliniche né le misure cognitive degli individui trattati. Lo studio invece condotto da Hishikawa et al. [72], condotto su un numero molto modesto di soggetti AD (3 pazienti), ha osservato miglioramenti significativi nell’inventario neuropsichiatrico (NPI) somministrando per 12 settimane un trattamento con curcumina 100 mg / die. Studi più recenti condotti su nuove formulazioni che sono state ottimizzate per garantire una biodisponibilità più elevata, anche in dosi molto più basse (80 e 180 mg / die), hanno dimostrato buone attività sia acute che croniche [73,74]. Per esempio, nello studio di Cox et al. [73], un estratto brevettato di curcumina ha migliorato l’attenzione e le attività di memoria immediatamente dopo una dose singola, mentre dopo 4 settimane di somministrazione risultavano migliorate memoria, umore, prontezza e contentezza. Uno studio condotto da Burns et al. [75] nella malattia Dejerine-Sottas di tipo 3 (Dejerine-Sottas Syndrome, DSD che è una neuropatia sensitivo-motoria ereditaria Hereditary Motor and Sensory Neurophaty, HMSN, spesso descritta come sindrome di Charcot-Marie-Tooth) in un paziente, la curcumina somministrata per 12 mesi in due dosi crescenti (1500 e 2500 mg / die) ha determinato un netto miglioramento a livello del ginocchio (flessione) e della forza del piede, nonché della QoL generale mentre la forza della mano e del gomito sono diminuite e la funzionalità polmonare e le misure di disabilità degli arti superiori / inferiori sono rimaste invariate o ridotte.
La Curcuma per la depressione e l’ansia
L’impatto della somministrazione orale di curcumina sulla depressione è stato valutato attraverso numerosi studi clinici. In questi studi la curcumina è stata somministrata per via orale a dosi comprese tra 500 e 1000 mg al giorno, da sola [76 e 78], con piperina [57,79] o in combinazione con agenti antidepressivi standard (escitalopram, venlafaxina o fluoxetina) [80,81]. In tutti gli studi i pazienti analizzati hanno dimostrato un netto miglioramento dei sintomi correlati alla depressione, valutato utilizzando scale validate (Beck Anxiety Inventory (BAI), Beck Depression Inventory (BDI), Hamilton Scala di valutazione della depressione (HAM-D17), Scal dell’ansia della depressione opedaliera, Depression Scale (HADS), Beck Depression Inventory II (BDI-II), punteggio totale IDS-SR30 e punteggio IDS-SR30). Tra questi studi l’unica eccezione è stato quello di Esmaily et al. [79], in cui la somministrazione di curcumina riduceva l’ansia, ma non la depressione, probabilmente come conseguenza di un tempo di somministrazione più breve (30 giorni contro 5 e 8 settimane in altri studi). In due studi aggiuntivi, insieme alla scala dei sintomi sono stati misurati i parametri di stress del sangue ed altri biomarcatori clinici; da questi studi è emerso che nel gruppo trattato la curcumina ha ridotto i livelli di IL-1b e TNFa, aumentato i livelli di BDNF plasmatico e indotto una riduzione dei livelli di cortisolo salivare [78], mentre Lopresti et al. [76] hanno osservato un aumento significativo del trombossano urinario B2, della sostanza P, dell’endotelina-1 plasmatica al basale e della leptina, che sono considerati marcatori molecolari cruciali che possono essere correlati al meccanismo d’azione antidepressivo della curcumina.
La Curcumina per le malattie respiratorie
La curcumina è sempre più studiata per scopi clinici e scopi immunologici. Uno studio condotto da Zuccotti et al. [82], ha concluso che l’impatto della supplementazione orale di curcumina insieme alla lattoferrina, in bambini sani con infezioni ricorrenti del tratto respiratorio, offre effetti benefici, poiché, nei bambini trattati, è stata osservata una modulazione significativa della risposta immunitaria [82].
La Curcumina per la protezione cardiovascolare
Un numero crescente di studi clinici ha dimostrato l’efficacia cardioprotettiva dell’assunzione di curcumina, principalmente attribuita ai suoi effetti anti-iperlipidemici e anti-aterosclerotici. Questi studi hanno evidenziato che la somministrazione orale di curcumina, a dosi che variano da 20 a 4000 mg, mostrano effetti benefici per i parametri del profilo lipidico nel sangue e dello stato antiossidante [83 e 91] come anche per l’indice di massa corporea totale (BMI) e il contenuto di grassi [92]. In questi studi sull’uomo, è stato concluso che l’integrazione di curcumina influisce positivamente sul colesterolo totale (TC), colesterolo LDL-C, rapporto TC / HDL-C, apolipoproteina B (Apo B), trigliceridi (TG), colesterolo lipoproteico ad alta densità (non HDL-C), lipoproteina A (Lp (a)), Cu / Zn sierico, fibrinogeno plasmatico(PF), bilancio dei lipidi sierici dei perossidi (SLP),siero pro-ossidante antiossidante (PAB). In questi studi sono stati osservati aumenti significativi dei parametri sierici benefici, come il colesterolo ad alta densità (HDL-C) e l’apolipoproteina A (Apo A). È interessante notare che, in uno studio, che somministrava dosi inferiori di curcumina, è emerso che si otteneva un effetto migliore su vari parametri lipidici, mentre dosi più elevate mostravano di essere meno efficienti [83]. Questi dati potrebbe essere una conferma del risultati riportati da Baum et al. [84], che hanno concluso che la curcumina, a 4000 mg / die per 6 mesi, influenzava solo i livelli dei TG ma non modificava altri parametri metabolici, come TC, HDL-C e LDL-C. Risultati simili sono stati osservati da Mohammadi et al. [88], dove in pazienti obesi, 1 mese di supplementazione di curcumina induceva solo variazioni dei livelli di TG. I dati più recenti suggeriscono che la curcumina ha migliori effetti cardioprotettivi quando applicata in combinazione con fitosteroli [86]. In particolare in uno studio clinico condotto da Amin et al. [93], è stato dimostrato che la curcumina è più efficace in combinazione; in pazienti con sindrome metabolica è stato somministrato Cumino nero da solo, Curcuma da sola o la loro combinazione per 8 settimane. Dopo un periodo di 4 e 8 settimane sono stati misurati BMI, percentuale di grasso corporeo (BF%), circonferenza della vita (WC), circonferenza dell’anca (HC), pressione sanguigna (BP), profilo lipidico (colesterolo, HDL-C, LDL-C e TG), glicemia a digiuno (FBG), livelli di proteine c reattive (CRP). Se applicato da sola, la curcuma migliorava BMI, WC e BF% dopo 4 settimane, mentre dopo 8 settimane di somministrazione, è stata osservata una significativa riduzione dei livelli di LDL-C e CRP. Tuttavia quando la Curcuma veniva somministrata in combinazione con Cumino nero, ma a dosi inferiori, dopo 8 settimane, veniva osservato un netto miglioramento di tutti i parametri della sindrome metabolica: BF%, FBG, colesterolo, TG, LDL-C, con una riduzione dei livelli di CRP e un aumento dei livelli di HDL-C.
La Curcuma per le malattie gastro-intestinali
Attualmente sono disponibili numerosi studi clinici sugli effetti della Curcuma in pazienti con malattia infiammatoria intestinale, sindrome dell’intestino irritabile e in quelli con ulcere, infezioni da Helicobacter pylori e persino pancreatite. Gli studi sull’uomo che valutano gli effetti della curcumina sulla pancreatite sono comunque molto scarsi. In un unico studio, in pazienti con pancreatite tropicale, la curcumina (500 mg) combinata con la piperina ha portato a una significativa riduzione dei livelli di malondialdeide eritrocitaria (MDA), un indicatore diretto dell’attività antiossidante della curcumina [94] mentre nello studio non sono stati osservati punteggi di valutazione del dolore e di livelli di glutatione (GSH) diversi dal gruppo placebo. Gli effetti della curcumina sulla cistifellea sono stati studiati in due diversi studi che hanno arruolato soggetti sani, in cui 20 e 80 mg di curcumina sono stati somministrati in dose singola e successivamente la cistifellea è stata esaminata con una tecnica ad ultrasuoni. È stato osservato che fino a 2 ore dopo la somministrazione di una singola dose di curcumina, le dimensioni della cistifellea si sono ridotte in modo dose-dipendente [95,96]. In pazienti con discinesia biliare, Cholagogum F è risultato superiore a Curcumina (rispetto a placebo) inducendo una riduzione più rapida di “dumpy e colicky pain” [97]. Per quanto riguarda la Curcumina e le malattie infiammatorie intestinali, diversi studi sono stati fatti su pazienti con malattia di Crohn, colite ulcerosa e proctite ulcerosa [98 e 100]. Holt et al. [100] hanno studiato l’effetto della Curcumina per via orale in due dosi crescenti su pazienti con proctite ulcerosa e morbo di Crohn; lo studio ha concluso che i pazienti con proctite ulcerosa che hanno consumato curcumina per 2 mesi evidenziavano una diminuzione dei marcatori infiammatori, vale a dire CRP e tasso di sedimentazione eritrocitaria (ESR). I pazienti con malattia di Crohn mostravano una riduzione dell’indice di attività della malattia di Crohn (CDAI), CRP ed ESR. Lo studio condotto su pazienti con colite ulcerosa ha mostrato che la somministrazione orale di curcumina (1 e 3 g), in associazione con sulfasalazina o mesalamina per 6 mesi, portava a una significativa riduzione del tasso di recidiva [98] nei pazienti trattati. Infine, un recente studio condotto da Lang et al. [99] ha dimostrato che i pazienti con colite ulcerosa, che hanno ricevuto curcumina (3 g) per 1 mese, ha avuto risultati molto buoni rispetto al gruppo placebo. In effetti, nel gruppo con curcumina, il 53,8% ha ottenuto risultati clinici di remissione alla settimana 4 vs lo o% nel gruppo placebo, mentre la risposta clinica è stata raggiunta dal 65,3% nel gruppo curcumina contro il 12,5% nel placebo gruppo, inoltre, nel 38% dei soggetti trattati con curcumina è stata osservata remissione endoscopica, a differenza di nessuno nei pazienti del gruppo placebo. Ulteriori studi clinici hanno anche dimostrato che, in soggetti sani che consumavano estratto di curcuma, i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile erano nettamente migliorati [101] così come è stato osservato un significativo miglioramento della motilità dell’intestino e della flora microbica intestinale dopo il consumo di un pasto contenente miscela di curry [102]. Altri modelli di studio evidenziano che la curcumina esercita una significativa efficienza contro l’infezione da H. pylori, ed in particolare una somministrazione orale di 30 mg la curcumina in associazione con lattoferrina (100 mg), N-acetilcisteina (600 mg) e pantoprazolo (20 mg), per solo 1 settimana, ha determinato una riduzione della gravità generale dei sintomi, dell’infiammazione e nel 12% dei casi è stato osservato un recupero completo [103]. Tuttavia, la sola curcumina, somministrata per 4 settimane a 2100 mg / die, determina un livello relativamente basso di eradicazione ed effetti limitati sulla produzione citochine infiammatorie [104]. La curcumina ha dimostrato inoltre di essere efficace nel trattamento di ulcere gastriche, erosioni e dispepsia [105,106]: la curcumina (a 1 e 3 g / giorno) somministrata fino a 12 settimane, ha determinato una riduzione (o l’eliminazione) di ulcere ed erosioni con una marcata diminuzione di dolore e di disagio addominali.
La Curcumina e le malattie del fegato
Il primo studio che ha valutato gli effetti epatoprotettivi della curcumina è stato condotto in pazienti con tubercolosi, concentrandosi sulla sua capacità di prevenire l’epatotossicità del trattamento anti-tubercolosi (ATT); nello studio è emerso che nel gruppo non trattato con Curcumina veniva osservato nel fegato un aumento di aspartato transaminasi (AST), alanina transaminasi (ALT) e concentrazioni di bilirubina mentre nel gruppo trattato con Curcumina questi valori raggruppati rimanevano invariati, inoltre veniva osservato un significativo aumento di peso e una diminuzione della velocità di eritrosedimentazione. [107] Gli effetti epatoprotettivi di curcumina sono stati anche confermati in seguito, nello studio condotto da Kim et al. [108], che hanno studiato gli effetti della polvere di curcuma fermentata, somministrata in soggetti con elevati livelli di ALT. Nello studio sono stati misurati gli effetti della polvere di curcuma fermentata su ALT, AST, gamma-glutamil transferasi (GGT), bilirubina totale (TB) ed i livelli e i profili lipidici. Nel gruppo trattato con polvere di curcuma fermentata è stata osservata una riduzione significativa dei livelli di ALT e AST dopo 12 settimane di trattamento. Considerando altri parametri, i livelli di GGT hanno mostrato una tendenza a diminuire, mentre i profili sierici di fosfatasi alcalina (ALP), TB e i livelli di lipidi sono rimasti relativamente invariati. In pazienti con epatopatia adiposa non alcolica (NAFLD), una condizione epatica cronica caratterizzato da accumulo di lipidi neutri nelle cellule del fegato, la curcumina ha anche mostrato promettenti potenziali. Rahmani et al. [109] hanno riportato un miglioramento dello stato del profilo lipidico e una riduzione significativa dei livelli di AST e ALT, nonché del peso corporeo e di BMI e, allo stesso tempo, hanno osservato un migliorato dei risultati ecografici del fegato in pazienti con NAFLD che ricevevano un’integrazione di curcumina.
La curcumina nelle malattie del tratto genito-urinario
La curcumina dimostra un’interessante capacità di miglioramento sintomi di varie condizioni genito-urinarie, tuttavia solo un numero limitato di studi clinici ha studiato il ruolo della curcumina nel trattamento di malattie renali. Nel 2005, Shoskes et al. [110] hanno dimostrato gli effetti benefici della supplementazione di curcumina in funzione del trapianto in pazienti dipendenti dalla dialisi e dopo il trapianto renale. Lo studio ha evidenziato che la curcumina ha migliorato la funzione di innesto precoce (EGF), ha abbassato la creatinina sierica (SC) e ha ridotto il tremore e l’incidenza acuta di rigetto mentre effetti sull’innesto ritardato (DGF) non venivano osservati nei gruppi trattati con curcumina ad alte dosi. In pazienti con nefrite, nel Lupus, la curcumina ha ridotto significativamente la proteinuria in confronto con il gruppo di controllo [111], come osservato anche in pazienti con nefropatia diabetica [112]. Jimenez-Osorio et al. [113] hanno scoperto che la curcumina è stata in grado di attenuare la perossidazione lipidica in soggetti con malattia renale cronica proteinurica non diabetica (NDP-CKD) e di migliorare la capacità antiossidante nei soggetti diabetici con malattia renale cronica proteinurica (DP-CKD), tuttavia senza osservare effetti significativi dei miglioramento della proteinuria, della velocità di filtrazione glomerulare o del profilo dei lipidi. In pazienti con prostatite cronica, la somministrazione orale di prulifloxacina combinata con Serenoa repens, Urtica dioica, quercetina e compresse di estratti di curcumina hanno avuto un effetto positivo sui punteggi QoL dei pazienti trattati. Inoltre, dopo 6 mesi di trattamento, nessuno dei pazienti ha manifestato recidiva della malattia, cosa che non è avvenuta il gruppo ha trattato solo con antibiotici [114]. Un altro studio in pazienti con prostatite cronica / sindrome da dolore pelvico cronico di tipo III, ha mostrato risultati molto promettenti, combinando curcumina ed estratti di calendula attraverso somministrazione in forma di supposte rettali. Gli autori hanno riscontrato un netto miglioramento, nei pazienti, del punteggio dei sintomi misurati come riduzione totale degli indici NIH- CPSI (National Institutes of Health Chronic Prostatitis Symptom Index). Le supposte, somministrate per 1 mese rispetto al gruppo placebo, hanno anche mostrato un’alta efficacia in termini di sollievo dal dolore, sintomi sullo svuotamento e flusso urinario.[115]
La Curcumina per i disturbi metabolici
È noto che la Malattia Diabetica di Tipo II (T2DM) rappresenta una condizione in cui il corpo non è in grado di rispondere correttamente all’insulina prodotta. Questa condizione è altamente correlata con la produzione di citochine infiammatorie e stress ossidativo; quindi, per gli effetti anti-infiammatori e antiossidanti della curcumina, questa potrebbe essere un efficace agente terapeutico. L’opzione di usare la curcumina nel trattamento di questa condizione è stata studiata inzialmente da Srinivasan [116] che ha scoperto che 5 g di polvere di curcuma erano in grado di ridurre la glicemia in un paziente con diagnosi di T2DM. Studi più recenti e molto numerosi hanno poi confermato questi risultati. Wickenberg et al. [117] hanno condotto uno studio interessante per studiare gli effetti di C. longa sul glucosio plasmatico postprandiale, i livelli di insulina e l’indice glicemico (IG) in soggetti sani. Dopo una singola dose (6 g) di curcuma presi insieme con il test OGTT, non sono stati osservati cambiamenti in entrambi i livelli di glucosio o GI, ma sono stati registrati cambiamenti significativi sui livelli di insulina, suggerendo che la curcuma influisce sulla secrezione della stessa. In pazienti prediabetici, l’assunzione di 1500 mg / die di curcumina porta a un miglioramento della funzione generale delle cellule Beta e, aspetto ancora più importante, nessuno dei soggetti gruppo trattato con curcumina è giunto a diagnosi di T2DM [92]. In un altro studio, l’integrazione di curcuminoidi ha ridotto significativamente la glicemia a digiuno (FBG), il test dell’emoglobina A1c (HbA1c) e l’indice di insulino-resistenza (HOMAIR), gli acidi grassi liberi sierici totali (FFA) e i TG, con un aumento dell’attività delle LPL in pazienti T2DM [118]. Risultati molto simili sono stati raggiunti da Selvi et al. [119] in uno studio nel quale, in pazienti che ricevevano curcumina orale combinata con la terapia standard con metformina, si osservava una diminuzione di FBG, insieme a un migliore stato antiossidante e dei marcatori infiammatori. Rahimi et al. [120] hanno poi concluso che la somministrazione di nanocurcumina per 3 mesi ha ridotto i profili HbA1c, FBG e lipidici in pazienti T2DM. Inoltre, gli autori hanno scoperto che la curcumina rappresenta una integrazione molto utile, durante la terapia di T2DM con gliburide, grazie alla sua attività inibitoria sulla glicoproteina (P-gp), con conseguente aumento della biodisponibilità della gliburide [121]. Dal momento che i pazienti in questo studio hanno mostrato un miglioramento del glucosio nel sangue e del profilo dei livelli di lipidi dopo 10 giorni di trattamento con curcumina, è chiaro che questo approccio può essere molto utile per i pazienti diabetici in terapia con gliburide.
La Curcumina per l’obesità
Da studi farmacologici e pre-clinici emergono risultati promettenti della curcumina nel migliorare lo stato lipidico e la massa grassa negli individui trattati costituendo la base per gli studi sui pazienti obesi, tuttavia solo un limitato numero di studi clinici hanno riportato effetti della curcumina sull’obesità. Un primo studio ha valutato l’effetto dell’integrazione orale di curcumina su parametri del profilo lipidico, BMI e sui livelli di glucosio in individui obesi; i risultati hanno dimostrato cambiamenti significativi solo nei livelli di TG, mentre gli altri parametri sono rimasti invariati dopo 30 giorni di somministrazione di curcumina [88]. Nieman et al. [122] hanno concluso che la supplementazione di 4 settimane con curcuma, alla dose di 2,8 g / giorno, non produceva effetti sullo stress ossidativo o sui i parametri infiammatori a livello dell’infiammazione sistemica in donne in sovrappeso / obese, e non induceva un significativo spostamento del profilo metabolico globale. Sebbene gli studi citati non mostrino risultati incoraggianti, risultati più recenti mostrerebbero maggiori effetti positivi della curcumina sul peso corporeo e sul BMI. Dopo un mese di somministrazione orale di curcumina (di 1,6 g / die sotto forma di fitosoma in combinazione con piperina 8 mg), sono stati osservati miglioramenti significativi su BMI, grasso corporeo e misure corporee [123]. Risultati simili su BMI e riduzione del peso erano stati riportati anche nello studio di Rahmani et al. [109], che ha studiato questi parametri in pazienti NAFLD. A questi risultati si aggiunge anche quanto riportato sulla somministrazione orale di curcumina che potrebbe modulare la risposta immunitaria in individui obesi influenzando le concentrazioni circolanti di IL-1b, IL-4, e VEGF [124].
Curcumina e la talassemia
La talassemia è un disturbo ereditario comune che porta allo squilibrio del rapporto di accoppiamento dei due tipi di globine che compongono l’emoglobina. In questa condizione, il gruppo eme è separato dalla globina con generazione di radicali liberi correlati a fenomeni di emolisi periferica, apoptosi prematura e anemia [125]. Alla luce del suo potenziale antiossidante la curcumina potrebbe essere utilizzata per il miglioramento dello stress ossidativo in questi pazienti. Kalpravidh et al. [125] hanno studiato l’effetto della curcumina orale sullo stato ossidativo in pazienti con b-thalessemia / HbE. Dopo 12 mesi di somministrazione la curcumina non ha avuto nessun effetto sui parametri ematologici, così come sui test di funzionalità epatica e renale e sui profili lipidici. Tuttavia, la curcumina ha ridotto la metaemoglobina (MHb), la superossido dismutasi (SOD),la MDA (Globuli rossi), la glutatione perossidasi (GSH-Px), la ferritina sierica e il ferro non legato alla transferrina (NTBI), mentre ha aumentato i livelli di glutatione (GSH); tutti questi effetti implicano una riduzione, in questi pazienti, dello stress ossidativo. Nello stesso tipo di pazienti (b-talassemia / HbE), un cocktail antiossidante contenente curcumina, nacetilcisteina e deferiprone ha migliorato l’anemia, lo stress ossidativo, il sovraccarico di ferro e lo stato di ipercoagulabilità, come riportato da Yanpanitch et al. [126]. In un altro studio, ma su un numero maggiore di pazienti con talassemia b, 12 settimane di assunzione orale di curcumina ha determinato una pronunciata riduzione dei livelli sierici di MDA, bilirubina totale e evidenziato un aumento della diretta capacità totale degli antiossidanti [127]. Un altro recente studio ha concluso che l’integrazione orale di curcumina per 12 settimane in pazienti con b-talassemia, influiva positivamente sul sovraccarico di ferro, il livello di epcidina e sulla funzionalità epatica, alleviando il sovraccarico di ferro e la disfunzione epatica e riducendo i livelli di NTBI, ALT e AST [128].
La Curcumina e la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS)
Un solo studio su pazienti con AIDS ha valutato gli effetti specifici della curcumina, in somministrazione ad alte e basse dosi, concludendo che la curcumina non influenzerebbe la carica virale e la conta CD4 [129].
La Curcumina per neutralizzare le tossine
Le proprietà antiossidanti della curcumina hanno portato a studi clinici sulla sua efficacia contro la genotossicità in particolare per esposizione all’arsenico [130,131]. Volontari esposti all’arsenico e che ricevono 1000 mg curcumina / giorno hanno mostrato una riduzione del danno al DNA nei linfociti, come anche una riduzione dei livelli di ROS e della perossidazione lipidica [130]; analogamente gli effetti della curcumina sulla prevenzione dello stress ossidativo indotto dall’arsenico e sulla capacità riparativa della curcumina grazie ad effetti di induzione enzimatica sono stati studiati da Roy et al. sulla popolazione esposta all’arsenico nel Bengala Occidentale [131]; in questo studio i risultati suggerirebbero che la curcumina sia stata in grado di sopprimere i livelli di 8-idrossi-20-desossiguanosina e di OGG1 (la proteina essenzialmente coinvolta nella demetilazione del DNA indotta da stress ossidativo) e di aumentare l’espressione degli enzimi riparatori del DNA. Sasaki et al. [131] ha studiato gli effetti di un estratto brevettato di curcumina (dopo 30, 60, 120 e 180 minuti dall’assunzione di etanolo) sui livelli di etanolo nel sangue e sui livelli di acetaldeide nel sangue; i risultati hanno mostrato concentrazioni plasmatiche inferiori di acetaldeide nei soggetti che avevano assunto la curcumina rispetto a quelli che hanno assunto solo acqua minerale (placebo) mentre per l’etanolo, entrambi i gruppi hanno mostrato risultati simili, pertanto, alla luce di questi fatti, la curcumina avrebbe potenziale di primo piano nel ridurre l’intossicazione da alcol.
La Curcumina e il trattamento del cancro
Sono stati condotti numerosi studi clinici per valutare gli effetti benefici della curcumina in pazienti oncologici. È stato confermato che può contribuire al sollievo sintomatico, nonché migliorare i marcatori tumorali e altri parametri di varie condizioni tumorali, tra cui lesioni cutanee, mieloma multiplo, tumori di testa, collo, orbitali, cerebrali, polmonari, al seno, di prostata, di colon, di colon-retto. Nei pazienti con lesioni cutanee cancerose e precancerose, nelle fibrosi della sottomucosa orale e nella leucoplachia orale, la curcumina è stata applicata sotto forma di capsule o unguento [134 e 138]. Nella maggior parte degli studi, l’applicazione di olio di curcuma o di un estratto ha determinato sollievo sintomatico e migliorato lo stato delle lesioni istologiche. Se applicata in pazienti con mieloma, la somministrazione orale di curcumina (1 e 12 g / giorno) ha portato a riduzione della paraproteina e del N-telopeptide urinario e una evidente influenza sulla sotto regolazione dell’espressione dei livelli di collagene e di NF-ƙB, STAT3 e COX-2 [139,140]. Inoltre, in pazienti con pseudo tumori orbitali, carcinoma squamoso di testa e collo, seno, polmone e prostata, l’applicazione della curcumina ha dimostrato effetti benefici, tra cui la riduzione dei marker tumorali, così come una diminuzione dei mutageni secreti [141 e 145]. Tuttavia, sebbene la curcumina abbia migliorato la qualità della vita ed i marcatori tumorali, nonché le citochine sieriche e l’espressione di NF-ƙB, COX2 e pSTAT3, evidenzia un effetto limitato in pazienti con carcinoma pancreatico, che potrebbe essere correlato al fatto che questi pazienti sono in una fase avanzata della malattia [146 e 149]. Infine, nei pazienti con carcinoma del colon-retto, l’assunzione di curcumina, principalmente sotto forma di complesso C3, ha portato a una marcata riduzione di M1-G e dei livelli sierici di TNF-a, oltre ad una riduzione del numero e delle dimensioni dei polipi e dei focolai e un aumento del numero di cellule apoptotiche tumorali, p53, Bax e l’ espressione Bls-2 [150 e 155].
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The therapeutic potential of curcumin: A review of clinical trials
Bahare Salehi a, Zorica Stojanovic-Radic b, *, Jelena Matejic c, Mehdi Sharifi-Rad d, **, Nanjangud V. Anil Kumar e, Natalia Martins f, g, ***, Javad Sharifi-Rad h, i, ****
Author information:
a Bam University of Medical Sciences, Bam, Iran
b Department of Biology and Ecology, Faculty of Sciences and Mathematics, University of Ni s, Vi segradska 33, 18000, Ni s, Serbia
c Department of Pharmacy, Faculty of Medicine, University of Ni s, Boulevard Dr Zorana ÐinCica 81, 18000, Ni s, Serbia
d Department of Medical Parasitology, Zabol University of Medical Sciences, Zabol, 61663-335, Iran
e Department of Chemistry, Manipal Institute of Technology, Manipal Academy of Higher Education, Manipal, 576104, India
f Faculty of Medicine, University of Porto, Alameda Prof. Hern^ani Monteiro, Porto, 4200-319, Portugal
g Institute for Research and Innovation in Health (i3S), University of Porto, Porto, 4200-135, Portugal
h Phytochemistry Research Center, Shahid Beheshti University of Medical Sciences, Tehran, 11369, Iran
i Department of Chemistry, Richardson College for the Environmental Science Complex, The University of Winnipeg, Winnipeg, MB, R3B 2G3, Canada
Abstract
Curcuma longa L., its derived extracts and even its major compound curcumin has a long history of use and doubtless effectiveness, reported through increasingly detailed in vitro, ex vivo, in vivo and even clinical trials. Regarding its biological effects, multiple health-promoting, disease-preventing and even treatment attributes has been remarkably highlighted. Clinical trials, although have increased in a progressive manner, significant disproportionalities have been stated in terms of biological effects assessment.
In this sense, the present report aims to provide an extensive overview to curcumin therapeutic effects in human subjects. For that, clinical trials assessing the curcumin effect on inflammation, skin, eye, central nervous system, respiratory, cardiovascular, gastrointestinal, urogenital and metabolic disorders are here presented and discussed. A special emphasis was also given to curcumin activity on intoxications and multiple malignant diseases.
© 2018 Published by Elsevier Masson SAS.
ISSN: 0009-4374 (print); 0223-5234 (web)
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