Newsletter Ayurveda nr. 66 – Aprile 2021

Newsletter n° «66»

Aprile 2021

PROFILI DI PRODOTTO: olio di Sesamo


Produzione dell’olio di Sesamo, differenze tra olio di Sesamo alimentare, olio di Sesamo per il massaggio e olio di Sesamo deodorato.

 

La newsletter in breve

L’olio di Sesamo, accompagna l’India, già dalle testimonianze vediche, sia come alimento sia come sostanza medicinale tra le più impiegate nella Medicina ayurvedica per diverse procedure e per il massaggio ayurvedico. L’olio di Sesamo è tuttavia storicamente noto come alimento e per usi etno-medicinali in molte altre culture tradizionali come notoriamente quella Cinese, Giapponese e di alcune zone dell’Africa. L’olio di Sesamo oggi commercializzato in tutto il mondo può provenire da diversi Paesi e può essere prodotto con metodiche industriali diverse che riflettono sull’olio finito anche le locali tradizioni estrattive. L’India risulta storicamente uno dei paesi maggiormente specializzati nella produzione dell’olio di Sesamo di elevata qualità. [1]

Una delle domande più frequenti tra chi si avvicina alla pratica del massaggio ayurvedico è quella di quale olio di Sesamo scegliere, tra i numerosi disponibili, per il massaggio ayurvedico e per le diverse procedure, e se un olio di Sesamo per uso alimentare possa essere idoneamente impiegato anche per il massaggio ayurvedico.

La newsletter, in forma estesa e bibliografata nel formato PDF sotto-scaricabile, tratta in modo approfondito le generali informazioni che di seguito sono riassunte, su produzione, raffinazione e deodorazione dell’olio di Sesamo e delle relative specifiche qualitative. La newsletter inoltre riporta le argomentazioni scientifiche, per le quali l’olio di Sesamo per uso alimentare, per diversità di profilo organolettico e metodiche di produzione, a differenza dello specifico olio di Sesamo per uso dermocosmetico, viene comunemente sconsigliato, dagli Operatori ayurvedici, per il massaggio.

Le argomentazioni della newsletter sono tratte dalla monografia, interamente dedicata all’olio di Sesamo, consultabile sul sito web aziendale di Benefica® all’indirizzo: https://www.benefica.it/fitoterapia/sesamo-sesamum indicum-l/. La monografia, riporta dettagliate informazioni, basate su evidenze scientifiche, sulle attuali e ricorrenti metodiche di produzione, estrazione, raffinazione e deodorazione dell’olio di Sesamo oltre che sui suoi principali razionali medicamentosi e etno-medicinali, sull’inquadramento ayurvedico, e sull’uso storico del Sesamo e dell’Olio di Sesamo in India.

 

Qualità dell’olio di Sesamo

Sulla base delle numerose evidenze scientifiche oggi disponibili un olio di Sesamo (da Sesamum indicum L.) di buona qualità deve garantire un profilo di sicurezza d’uso, e organolettico-qualitativo dei bioattivi, definiti da principali e ideali parametri chimico fisici (contenuto in acidi grassi insaturi, acidi grassi saturi, lipidi, lignani, glicosidi dei lignani, tocoferoli, proteine) che dipendono da diversi fattori come la varietà genetica del seme impiegato, le procedure pre-estrattive su di essa, le metodiche di estrazione, le metodiche di raffinazione e le possibili procedure di deodorazione. I Semi del Sesamo hanno un contenuto di olio più elevato (circa il 50%) rispetto alla maggior parte degli altri semi oleosi noti, tuttavia la sua produzione è molto inferiore rispetto ai principali semi oleosi, come la soia o la colza, a causa dell’ingente lavoro richiesto dalla sua raccolta e della lavorazione laboriosa. Per questi motivi l’olio di Sesamo è originariamente costoso anche a causa dell’aumento, in tutto il mondo, del suo consumo. L’olio di Sesamo è un prodotto di alta qualità ed è uno degli oli più stabili nonostante l’alto grado di insaturazione. [1]

 

L’importanza della varietà genetica dei semi di Sesamo spremuti

Per la produzione di un olio di Sesamo di elevata qualità per il massaggio ayurvedico, come avviene ad esempio in aziende specializzate in India, la varietà di semi di Sesamum indicum preferita è quella di colore nero. Il Sesamo appartiene all’ordine delle Tubiflorae, alla famiglia delle Pedaliaceae, che comprende di 16 generi e circa 60 specie; al genere Sesamo appartengono 36/37 specie; tra le 37 specie, il Sesamum indicum è quello più ampiamente coltivato. Altre specie selvatiche (es. Sesamum angustifolium, Sesamum calycium, Sesamum baumii) sono rintracciabili in Africa, India o Sri Lanka in aree piccole. In India si trova la maggior varietà genetica della pianta del Sesamo. I semi di Sesamo “nero” producono una quantità di olio inferiore rispetto ad altre varietà di Sesamo (es. quello bianco è molto diffuso) ma contengono maggiori di quantità di sostanze che agiscono come precursori (sesamina e sesamolina) di sostanze ad attività antiossidante attiva (es. sesamolo, sesaminolo, episesamolo, sesamolinolo); i lignani sesamina e sesamolina posseggono inoltre bioattività propria utile per altre funzioni medicamentose quando l’olio di Sesamo venga assunto per via orale (es. malattia diabetica); i semi della varietà nera del Sesamo offrono inoltre un migliore rapporto quantitativo tra sesamina e sesamolina e offrono un globale profilo antiossidante migliore rispetto ad altre varietà di semi di Sesamo, a maggior ragione quando i semi neri non vengono decorticati prima della spremitura. L’originaria maggiore quantità di antiossidanti presenti nella varietà nera dei semi di Sesamo contribuisce ad una maggiore quantità di antiossidanti nell’olio che si distribuiranno nell’organismo attraverso la pelle. [1]

 

L’influenza del pre-trattamento dei semi sull’olio

Prima della spremitura i semi del Sesamo possono essere pre trattati a seconda della destinazione d’uso dell’olio finito; se per la produzione di olio di Sesamo alimentare in India e in tutto il mondo, tranne che in Oriente, i semi del sesamo vengono generalmente decorticati (dehulling) prima della spremitura, per non trasferire nell’olio sostanze e caratteristiche di gusto e profumo non gradite (es. ossalati, fosfolipidi, fibre indigeribili); per la produzione dell’olio di Sesamo per uso dermocosmetico e per il massaggio i semi del Sesamo, vengono selezionati e prelavati con vapore, ma non vengono decorticati a favore di un ampio profilo fitochimico dell’olio ottenuto. L’olio di Sesamo ottenuto da semi di Sesamo non decorticati dimostra una stabilità ossidativa migliore di quello ottenuto da semi decorticati. I fosfolipidi e altre sostanze contenute nel pericarpo del seme copartecipano al contenuto totale di antiossidanti (es. lignani, glicosidi dei lignani, tocoferoli) che risulta un fattore molto importante a maggiore ragione quando il metabolismo dell’olio di Sesamo dipenda dalla somministrazione attraverso la pelle con distribuzione dei bioattivi diversa rispetto alla somministrazione orale. I semi di Sesamo non decorticati sono una fonte maggiore di calcio e di ferro. Un ulteriore pre-trattamento dei semi di Sesamo prima della spremitura può essere la tostatura, molto diffusa in Cina e Giappone; la tostatura conferisce una speciale aromaticità molto apprezzata in Oriente ma influenza la struttura di alcuni fitochimici come i fosfolipidi (importanti ad esempio come coattivi antiossidanti) contenuti nel pericarpo del seme; l’olio di Sesamo ottenuto da semi non decorticati e tostati ha una stabilità ossidativa minore rispetto all’olio di Sesamo derivante da semi non decorticati e tostati. In India, che risulta uno dei paesi maggiormente specializzati nella produzione di olio di Sesamo per il massaggio, i semi, per produrre olio ad uso dermocosmetico, non vengono decorticati e non vengono tostati. [1]

 

L’importanza della metodica di estrazione

Due aspetti fondamentali per la qualità dell’olio di Sesamo, indipendentemente dal suo uso, sono che derivi dalla prima spremitura dei semi, come avviene per gran parte degli oli vegetali di qualità, e che la spremitura avvenga a freddo con procedure meccaniche in assenza di solventi chimici; in questo modo si evita che procedure chimico-fisiche con solventi modifichino il naturale profilo dell’olio contenuto nei semi e il dover successivamente eliminare i solventi negli intermedi di produzione a favore di maggiore qualità e maggiore sicurezza di impiego dell’olio finito; i solventi chimici creano inoltre il problema ecologico del conseguente smaltimento. Gli oli di Sesamo di qualità e specifici per uso dermocosmetico e per il massaggio ayurvedico provengono dalla prima spremitura a freddo e dall’olio “grezzo” delicatamente raffinato e eventualmente deodorato. Gli oli ottenuti da seconda o terza spremitura (quasi obbligatoriamente attraverso solventi dalla seconda spremitura) sono di generale scarsa qualità. [1]

 

L’importanza delle metodiche di raffinazione e la deodorazione

Poiché l’olio di Sesamo grezzo (vergine) ottenuto da semi decorticati o non decorticati, ottenuto per spremitura a freddo, possiede gusto, colore e profumazione molto caratteristiche e non a tutti graditi, si rende frequentemente necessario, dopo una filtrazione fisica, un processo di raffinazione che può avvenire con diverse modalità e che influenza il prodotto finito; questo processo può essere più o meno profondo a seconda dell’uso dell’olio; per la produzione dell’olio di Sesamo alimentare si rende necessaria una raffinazione più profonda a differenza di quanto normalmente avviene per un olio di Sesamo di qualità per il massaggio. La raffinazione dell’olio può avvenire con procedure chimiche, chimico-fisiche o soltanto fisiche che sono quelle preferite per non modificare anche profondamente l’olio finito nel suo naturale e originario profilo in acidi grassi saturi, insaturi e in sostanze insaponificabili. I processi di raffinazione di maggiore qualità consentono non solo di migliorare alcune caratteristiche fisiche dell’olio di Sesamo (es. gusto, profumo, colore) ma anche di migliorare il contenuto di antiossidanti; questo avviene ad esempio per sesamina e sesamolina che vengono trasformate, durante il processo di raffinazione, in sostanze antiossidanti attive (es. sesamolo, sesaminolo, episesminolo); questo aspetto risulta fondamentale per la bioattività dell’olio di Sesamo attraverso la pelle.[1] Nel caso in cui l’olio di Sesamo debba essere sottoposto a deodorazione, ai fini della qualità del prodotto, questo procedimento deve avvenire con idonee metodiche fisiche (pressione, temperatura controllata) poiché la deodorazione e lo sbiancamento possono essere ottenuti anche attraverso profonde raffinazioni chimiche con riflessi sul globale profilo organolettico dell’olio ottenuto. [1]

 

Gli indicatori chimico-fisici della qualità dell’olio

Secondo il Codex Alimentarius Standard FAO / OMS un olio di Sesamo di qualità dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: contenere più del 50 % di acidi grassi insaturi (acido oleico e linoleico in proporzioni quasi uguali); circa il 20% di acidi grassi saturi (principalmente palmitici e stearici); triacilglicerolo (che dovrebbe rappresentare il 90% dei lipidi totali); steroli (secondo lo standard Codex,) fino all’1,9% (beta-sitosterolo che è il più abbondante sterolo nell’olio di Sesamo); tocoferoli (da 330 mg / kg a 1010 mg / kg di olio come da Codice Standard) a seconda delle specie; proteine (mediamente il 25% a seconda della varietà del seme); lignani liposolubili tra cui sesamina e sesamolina (di cui la sesamina generalmente in quantità maggiori della sesmolina) oltre a sesamolo, sesamolinolo e il sesaminolo che sono lignani glicosilati (idrosolubili) che raggiungono i valori più elevati nella varietà di semi nera (361,3 mg / 100 g). [1]

Un olio di Sesamo di qualità, come anche tutti i taila medicati, deve rispondere a specifiche caratteristiche sensoriali di colore, odore e densità al tatto che deriva da un elevato peso specifico che è indice di qualità con influenza diretta sulla densità (che è un ulteriore parametro). Sono inoltre indicatori di qualità dell’olio: un adeguato grado di acidità del prodotto finito che deve rispettare il fisiologico pH della pelle nell’intervallo tra 5-7; al proposito è importante ricordare anche che maggiore è il livello di acidità dell’olio maggiore è il suo potenziale di irrancidimento quindi una bassa acidità dell’olio è un indice della sua buona qualità e della sua stabilità nel tempo; un corretto valore di perossido che, non elevato, è un parametro fondamentale di valutazione e di sicurezza d’impiego dell’olio, infatti se il valore di perossido è elevato conseguentemente aumenta il coefficiente di irritazione cutanea dell’olio; questo è il motivo per il quale molte fragranze e oli essenziali da applicare sulla pelle devono rispettare per legge un indice di perossidi inferiore a un certo valore; un elevato valore di saponificazione che è indice di elevata presenza nell’olio di acidi grassi a basso peso molecolare ed il valore di saponificazione aumenta con la riduzione dell’acidità dell’olio; è sull’argomento importante ricordare quindi che un basso valore di acidità indica la presenza nell’olio di una minore quantità di acidi grassi liberi e contribuisce all’aumento del valore di saponificazione che indica un contenuto più elevato di acidi grassi a basso peso molecolare; i ghee e gli oli contenenti elevati quantitativi di acidi grassi a basso peso molecolare vengono assorbiti più rapidamente quindi una presenza adeguata di acidi grassi a basso peso molecolare è direttamente correlata ad un miglior assorbimento topico cutaneo dell’olio; questi aspetti dovrebbero essere tenuti in massima considerazioni quando l’olio venga messo direttamente a contatto con le mucose; un corretto valore di Iodio, oscillante nei normali intervalli analitici di riferimento, che è indicatore di resistenza all’irrancidimento della miscela oleosa presa in considerazione; la conoscenza del numero di iodio indica la maggiore o minore tendenza dell’olio ad irrancidire in funzione del suo più elevato o più basso numero di iodio. [2]

 

Aspetti di regolatorio

Tutte le caratteristiche qualitative e quantitative chimico-fisiche dell’olio di Sesamo per il massaggio devono essere dichiarate, attraverso evidenze d’analisi, dal produttore e in Europa le aziende distributrici di olio di Sesamo devono essere in possesso dell’autorizzazione all’immissione in commercio (Regolamento (CE) n. 1223/2009 – CPNP ref.) attraverso le certificazioni PIF (Product Information File).

 

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__________________Fonti__________________

1. Benefica®. Servizio scientifico. “Profili di prodotto: olio di Sesamo. Produzione dell’olio di Sesamo, olio di Sesamo alimentare e olio di Sesamo per il massaggio, olio di Sesamo deodorato”. Evidenze della Tradizione Ayurvedica ®. Newsletter n.66.Aprile 2021.


2. Lahorkar, P., et al. “A comparative evaluation of medicated oils prepared using ayurvedic and modified processes.” Indian journal of pharmaceutical sciences 71.6 (2009): 656. PubMed.

 

A cura della direzione scientifica di Benefica

 

Newsletter Fitoterapia nr. 58 – Aprile 2021

La Passiflora nei disturbi del sonno in “Covid-19 age”

International clinical psychopharmacology, 35(1), 29-35.PubMed.

“Effects of Passiflora incarnata Linnaeus on polysomnographic sleep parameters in subjects with insomnia disorder: A double-blind randomized placebo-controlled study. ” 

Lee, J., Jung, H. Y., Lee, S. I., Choi, J. H., & Kim, S. G. (2020). 

 

La newsletter

La pandemia di Covid-19 ha esercitato nel mondo un elevato impatto sulla salute ed il benessere mentale della popolazione. Questo contesto ha determinato anche in Italia un significativo incremento dell’uso di farmaci e di integratori naturali per controllare comuni sintomatologie ansiose e disturbi del sonno che incidono sulla popolazione in generale più di un tempo. Questa newsletter tratteggia gli attuali razionali d’utilità dell’impiego di preparati contenenti Passiflora incarnata L. che è tradizionalmente nota per i suoi effetti “ansiolitici” e pro-sonno che vengono dimostrati anche dal recente studio clinico che segnaliamo. Questo studio clinico è uno dei pochissimi disponibili che dimostra l’azione di Passiflora sul sonno attraverso i parametri oggettivi della polisonnografia.

 

Covid-19 e i disturbi del sonno

Un recentissimo studio disponibile in PubMed (2021) conferma che la pandemia di Coronavirus del 2019 (COVID-19) è diventata un’emergenza sanitaria globale e che le azioni estreme volte a ridurre la diffusione del virus hanno cambiato profondamente lo stile di vita della popolazione italiana. Primariamente la paura di contrarre l’infezione ha generato alti livelli di ansia e la pandemia ha esercitato un reale impatto negativo sulla qualità del sonno, sulla generale sintomatologia ansiosa correlandosi a significativo disagio psicologico. In questo studio , attraverso un sondaggio online, sono state raccolte informazioni su dati sociodemografici, sulla qualità del sonno, su disturbi generali del sonno, su sintomi d’ansia generalizzata, su disagio psicologico e sulla sintomatologia del disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Lo studio ha concluso che su 2291 intervistati il 57,1% dei partecipanti ha riferito scarsa qualità del sonno, il 32,1% ansia elevata, il 41,8% angoscia elevata e il 7,6% ha riportato sintomatologia PTSD collegata a COVID-19. L’incertezza sulla possibile infezione da COVID-19 e la paura del contatto diretto con le persone infette da COVID-19 ha aumentato il rischio di sviluppare disturbi del sonno, così come di livelli più elevati di ansia e angoscia. Lo studio ha evidenziato inoltre una relazione significativa tra qualità del sonno, ansia generalizzata e disagio psicologico con sintomi di disturbo da stress post-traumatico correlati a COVID-19. Secondo lo studio la pandemia di COVID-19 sembra essere un reale fattore di rischio per il disturbi del sonno e malattie psicologiche nella popolazione italiana, come precedentemente segnalato in Cina. Questi risultati potrebbero essere usati come punto di partenza per sviluppare interventi psicologici per ridurre al minimo le conseguenze a breve e a lungo termine della pandemia COVID-19.[5]

 

Il moderno profilo degli integratori per il sonno

Inquadrando i problemi del sonno trattabili con gli integratori naturali come appartenenti ad una sfera non francamente patologica, questi disturbi, che tuttavia creano scadimento della complessiva qualità di vita, possono essere riassunti nella difficoltà di addormentamento e nell’insufficiente quantità di sonno, nei frequenti risvegli notturni, nel risveglio precoce mattutino correlati alla percezione di un sonno non ristoratore.
Queste problematiche molto comuni hanno generato durante la pandemia di Covid-19 un significativo aumento del consumo di farmaci ed integratori (fitoterapici e non) con finalità ansiolitiche e pro-sonno ed in particolare la classe degli integratori ha mostrato nei primi mesi del 2021 una crescita di consumi quasi esponenziale. La gestione delle problematiche funzionali del sonno e dei disturbi d’ansia con prodotti diversi dai farmaci, come con integratori specifici o fito-medicinali, risulta comunque negli ultimi anni di crescente interesse. Questo fenomeno risponde ad un attuale approccio socioculturale sia nel Medico prescrittore sia nel paziente, nei quali cresce rispetto ad un tempo, la fiducia in prodotti alternativi ai farmaci ansiolitici in situazioni funzionali. Questi preparati integrativi offrono il vantaggio, nelle comuni condizioni funzionali, di limitare l’abitudine all’assunzione di farmaci ansiolitici, che dovrebbero trovare indicazione solo in condizioni francamente patologiche, ed il vantaggio di un minore rischio di abuso e di effetti indesiderati a breve e lungo termine. Il fenomeno tuttavia risponde anche a quanto oggi l’industria farmaceutica offre, sempre più, in termini di integratori specifici e di elevata qualità e dall’azione dimostrata anche da crescenti evidenze cliniche. Più che in altri casi, l’azione di questa tipologia di integratori dipende direttamente dall’aspetto qualitativo della loro formulazione che ne determina la bioattività; rispetto ad un tempo i più moderni integratori rispondono a severi requisiti di specificità dei bioattivi utilizzati, di qualità degli stessi, di adeguato dosaggio di bioattivi anche impiegati in concentrate forme estrattive brevettate. I moderni integratori naturali anti-ansia/pro-sonno si caratterizzano inoltre per nuovi razionali di formulazione non solo basati sulla conoscenza tradizionale degli effetti di sostanze naturali ma anche oggi sulla conoscenza dei relativi meccanismi farmacologici d’azione sempre più noti. Grazie alla crescente ricerca scientifica ed a una conoscenza più completa dell’azione delle singole sostanze naturali, è quindi oggi possibile sfruttare anche in modo innovativo la sinergia di più bioattivi per un’azione globale e completa sui principali neurotrasmettitori coinvolti nella patogenesi dei disturbi d’ansia e del sonno. Un esempio di questo criterio formulativo è l’associazione di piante medicinali ad azione GABA-ergica con piante medicinali ad azione serotoninergica; questo criterio formulativo si allinea alle moderne linee guida cliniche di gestione farmacologica dei disturbi d’ansia; un altro esempio è l’associazione di melatonina con piante medicinali ansiolitiche e ipnoinducenti (es. Valeriana) mirando al contrasto del disturbo attraverso la regolazione circadiana ed effetti GABA-correlati. L’aspetto della specificità dei bioattivi vegetali impiegati, generalmente confermata dal loro uso tradizionale, è un fattore critico fondamentale nel determinare una reale e apprezzabile azione di questi preparati che si pongono come coadiuvanti in una problematica dalla fisiopatologia complessa della quale sono note le principali vie biochimiche coinvolte, sulle quali non sempre è facili agire. Per questi motivi la moderna fitoterapia convenzionale riprende, nelle nuove formulazioni, l’uso di piante medicinali della tradizione proprio per il loro ampio impiego etnomedicinale, mirando all’innovazione grazie a diversi nuovi criteri di associazione. Alla luce infatti delle evidenze della moderna ricerca scientifica è possibile oggi infatti sfruttare sinergie e potenziamento d’azione delle singole piante medicinali o bioattivi ansiolitici/pro-sonno anche a favore della sicurezza d’uso evitando l’uso degli elevati dosaggi necessari per le piante medicinali usate singolarmente.

 

Passiflora

Una della piante medicinali di maggior interesse per la sua azione positiva sui comuni disturbi d’ansia e del sonno è la Passiflora (Passiflora incarnata L. –fam. Passifloraceae) che offre un profilo anti-ansia/pro-sonno quasi unico tra le piante medicinali più note per gli stessi effetti. In Europa la Passiflora rappresenta una delle piante medicinali “ansiolitiche” ancora tra le più apprezzate poiché possiede un’azione farmacologica ben bilanciata tra effetti rilassanti diurni (ansiolitici) ed effetti rilassanti notturni a favore di una migliore acquisizione/quantità del sonno e del suo mantenimento. A differenza di altre piante medicinali ipnoinducenti o di altre sostanze regolatrici dei ritmi fisiologici del sonno, Passiflora non induce sonnolenza residua diurna e dimostra un profilo tossicologico sicuro.[16] In Italia il Claim ammesso dal Ministero della salute [20] per gli effetti fisiologici di Passiflora incarnata L. (fiori) è: “folium, herba cum floribus: Rilassamento (sonno; in caso di stress). Benessere mentale. Regolare motilità gastrointestinale ed eliminazione dei gas”. In Passiflora la generale azione rilassante psico-fisica e pro-sonno viene ricondotta, nelle evidenze scientifiche, a prevalente coinvolgimento farmacologico GABA-dipendente anche se questa pianta medicinale è tradizionalmente apprezzata anche per la sua capacità di favorire il benessere mentale, che viene ricondotta ad una accertata attività serotonino-correlata. In Passiflora gli effetti GABA-dipendenti e quelli serotonino-dipendenti suggerirebbero quindi una completa, e razionalmente moderna, attività anti-ansia.

 

Cenni storici

L’uso della Passiflora in Europa risale ai primi anni del 1600 quando il missionario agostiniano, Emmanuel de Villegas, la vide per la prima volta e ne rimase fatalmente colpito. “Non un solo elemento era in essa lontano dall’eloquente immagine che prepotente s’imprimeva nei suoi occhi. Un’immagine vivida, profonda: l’istantanea trasmutata in fiore dei simboli della cocente passione e crocifissione di Gesù Cristo. Nelle tortuose linee dei febbrili filamenti della raggiera centrale, era infatti possibile riconoscere la corona di spine che era stata posta sul capo di Gesù, nei tre stami affiorava il ricordo dei 3 chiodi coi quali egli era stato messo in croce, nei 5 petali ed nei 5 sepali il rimando ai 10 apostoli rimasti fedeli a Gesù, (lo stesso 5 sarebbe stato inoltre riconducibile alle piaghe, due alle mani, due ai piedi ed una al costato), nell’androginoforo la colonna della flagellazione e nei flessuosi rametti, le fruste con cui egli era stato flagellato”. [17] Al suo rientro dal Messico, il missionario mostrò lo stupefacente fiore al suo superiore, Padre Giacomo Bosio, che ne rimase anch’egli grandemente colpito; tanto da scrivere nei seguenti mesi un libro il “Trattato sulla Crocifissione di Nostro Signore” ove veniva fatta menzione del particolareggiato fiore. Tuttavia il medico ed erborista spagnolo Nicolas Monardes, scrivendo già intorno al 1570 e rivedendolo in seguito, descrisse i poteri erboristici del fiore e la sua presunta relazione con la Crocifissione. Non aveva mai visitato il Nuovo Mondo e si basava sui rapporti di coloro che vi avevano viaggiato, tradizionalmente si narra in Perù, attraversando l’oceano nei sanguinosi e remunerativi viaggi di conquista di Cortez negli anni Venti del Cinquecento. La storia della scoperta della Passiflora nella “Nuova Spagna” costrinse i missionari gesuiti nel 1608 a portare un disegno a colori e piante essiccate dal Nuovo Mondo al potente Papa Paolo V, lo stesso papa noto per aver presieduto il processo a Galileo. [17] Il suo nome, “Passiflora”, sembra essere stato scelto nel 1696 dal botanico inglese Leonard Plukenet. Un nome confermato nel 1753 dal naturalista svedese Linneo che mantenne intatto il nome attribuito dai padri agostiniani (dal latino Flos Passionis, fiore della passione, in riferimento alla passione di Gesù Cristo). Il termine “incarnata” si rifà alla purpurea e centrale corona e al violetto o rosaceo della sua periferia. La pianta originaria dell’America Centromeridionale, appartiene alla famiglia della Passifloraceae, un genere di piante che comprende più di 600 specie.

 

L’uso medicinale

La fama della Passiflora non dipende solo dai suoi portentosi fiori (capaci di raggiungere i 12 centimetri di diametro) o dagli armoniosi, audaci filamenti, capaci di imprimersi nella memoria dell’uomo che ne è testimone, ma anche dalle sue molteplici proprietà benefiche e salutari. Fin dall’antichità gli Aztechi ne utilizzavano infatti l’infuso quale potente rilassante. Basti pensare che ai tempi della Prima guerra mondiale, la Passiflora venne anche impiegata nella cura delle “angosce di guerra”. L’uso di Passiflora risale a molti anni e molte culture. È stato utilizzato nei sistemi medici ayurvedici, unani e siddha, [12] nonché nei nativi americani e in varie culture dell’America centrale e meridionale. L’uso preistorico della Passiflora incarnata risale al tardo periodo arcaico (8000-2000 a C) in Nord America, e studi etnobotanici ipotizzano che fosse utilizzata anche come pianta alimentare. [21] In medicina, è documentato che gli indiani Cherokee hanno usato e continuano a usare la radice di Passiflora in forma di infuso come tonico per il fegato. Le radici vengono anche martellate e utilizzate localmente come antinfiammatorio [21] e come analgesico.[34] Nel 1800 in Nord America, l’infuso di foglie era usato anche come sedativo, per il mal di testa e anche per il dolore generale così come per via topica per contusioni, mal di testa e dolore generale. [13] Da allora, in Canada, Europa e Stati Uniti, è stato utilizzato negli ultimi 200 anni come tranquillante e ansiolitico. È stato utilizzato anche per coliche, diarrea, dissenteria, difficoltà mestruali, insonnia, nevralgie, disturbi agli occhi, epilessia, convulsioni, spasmi muscolari e dolore in queste regioni. Paesi al di fuori del Sud America, hanno utilizzato questa pianta per le sue proprietà sedative e come narcotico (Iraq), per curare isteria e nevrastenia (Polonia), diarrea, dismenorrea, nevralgie (Turchia, America), ustioni, emorroidi, insonnia e per curare pazienti affetti da dipendenza da oppiacei (India). [21] Il fiore di Passiflora è stato usato in medicina come sedativo, ansiolitico, antispasmodico, ipotensivo. Le specie Passiflora edulis e Passiflora quadrangularis sono state entrambe usate tradizionalmente, tuttavia Passiflora incarnata mostra gli effetti più potenti. [26] Una volta che la Passiflora raggiunse l’Europa, divenne ampiamente coltivata e utilizzata per i sintomi lievi di stress mentale, ansia e disturbi del sonno lievi. [21] La più grande ammirazione per Passiflora in Europa fu durante il XVI e il XVII secolo, dovuta in parte ai suoi bellissimi fiori e in parte alla convinzione che i fiori di Passiflora rappresentassero la passione di Cristo [23] da cui il nome comune, Passiflora.

 

La composizione chimica

I principali costituenti chimici della Passiflora sono i flavonoidi (0,25%) come vitexina, isovitexina, orientina, isoorientina, apigenina, kaempferol e quercetina; gli alcaloidi indolici (0,1%) come harman, harmin, harmalin, harmol e harmalol; alcuni altri costituenti vegetali isolati come glicosidi, carboidrati, amminoacidi, benzopironi, glicosidi cianogeni come la gianocardina, derivati del pirone come maltolo ed etilmaltolo; due costituenti importanti come la crisina e la frazione del benzoflavone (BZF) tri-sostituito. [15][28] Passiflora nei frutti contiene inoltre composti enantiomeri degli acetati, butanoati, esanoati e ottanoati degli alcoli secondari (2-pentanolo, 2-eptanolo e 2-nonanolo). [31]

 

Le attività farmacologiche

La moderna ricerca scientifica attribuisce a Passiflora incarnata L. anche diverse altre azioni farmacologiche, rispetto a quelle ansiolitiche tradizionalmente più note, che potrebbero essere promettenti per la loro eventuale utilità coadiuvante nella gestione di problematiche molto attuali come le dipendenze da sostanze (cannabinoidi, nicotina, alcool). La Passiflora viene tradizionalmente apprezzata anche per la sua azione distensiva mentale e miorilassante nel periodo pre-mestruale e del climaterio. Le principali azioni farmacologiche attribuite a Passiflora sono: Azione anti-ansia e pro-sonno e favorente il benessere mentale [34][7][4]; Azione antimeteorica/antispastica intestinale [16]; Azione sulla disfunzione sessuale [15] [6] [14]; Azione anticonvulsivante [24]; Contrasto della dipendenza da cannabinoidi [12]; Contrasto della dipendenza da nicotina [26];Contrasto della dipendenza da alcool [13]; Attività afrodisiaca [10]; Azione antiasmatica [8]; Attività antitosse [9]; Attività antitumorale [21] [2]; Azione antipertensiva. [3] [33]

 

Passiflora e sonno

Un recente studio clinico (2020), metodologicamente rigoroso, disponibile in PubMed, conferma ulteriormente l’uso tradizionale di Passiflora incarnata L. come coadiuvante nella gestione delle problematiche del sonno:

Lee, J., Jung, H. Y., Lee, S. I., Choi, J. H., & Kim, S. G. (2020).
Effects of Passiflora incarnata Linnaeus on polysomnographic sleep parameters in subjects with insomnia disorder: A double-blind randomized placebo-controlled study.
International clinical psychopharmacology, 35(1), 29-35.

Lo scopo di questo studio clinico in doppio cieco randomizzato e controllato con placebo era quello di indagare gli effetti della Passiflora sul sonno valutando i parametri polisonnografici in soggetti con disturbo di insonnia. Un totale di 110 partecipanti adulti (età media = 40,47 ± 11,68, Femmina = 53,6%) ha soddisfatto i criteri di inclusione per il disturbo dell’insonnia secondo il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali). Dopo randomizzazione, i pazienti hanno ricevuto un estratto di Passiflora oppure placebo per 2 settimane. I pazienti sono stati sottoposti a polisonnografia notturna ed hanno completato diari sul sonno, e sono stati valutati con l’indice di gravità dell’insonnia e l’indice di Pittsburgh della qualità del sonno. I risultati dello studio mostrano che il tempo di sonno totale (TST) è significativamente aumentato nel gruppo Passiflora rispetto al gruppo placebo (Passiflora vs placebo, 23,05 ± 54,26 vs −0,16 ± 53,12; P = 0,049) e che l’efficienza del sonno ed i risvegli notturni (WASO) risultavano significativamente migliorati dopo 2 settimane nel gruppo trattato con Passiflora. Lo studio conclude che Passiflora esercita effetti positivi su parametri oggettivi del sonno (incluso TST), valutati attraverso polisonnografia, in adulti con disturbo di insonnia.

Partecipanti

Per lo studio sono stati reclutati soggetti adulti di età compresa tra 18 e 59 anni che hanno soddisfatto i criteri diagnostici del disturbo di insonnia secondo la diagnostica e i criteri del DSM-5. I criteri di esclusione includevano i principali disturbi psichiatrici (schizofrenia, disturbo depressivo maggiore, disturbo bipolare e disturbo da uso di sostanze), disturbi dello sviluppo (disabilità intellettiva e disturbo dello spettro autistico), disturbi neurocognitivi (delirio e demenza), disturbi neurologici (epilessia e malattie cerebrovascolari), qualsiasi condizione medica grave in corso, storia di tentativo di suicidio, grave apnea ostruttiva del sonno, consumo di qualsiasi tipo di farmaci per il sonno durante il mese scorso, BMI> 30 kg / m2, russamento grave e lavoratori su turni. È stato ottenuto il consenso informato scritto da ogni soggetto prima della partecipazione.

 

Randomizzazione

Dopo una visita di screening iniziale, i soggetti sono stati randomizzati (1: 1) al gruppo Passiflora o al gruppo placebo. Una sequenza casuale generata da computer è stata utilizzata per allocare il partecipanti ai gruppi Passiflora o placebo. Gli sperimentatori e i partecipanti erano ciechi sulla somministrazione del preparato Passiflora o placebo. La sequenza casuale era nota solo ad un gestore esterno non coinvolto nello studio. L’accecamento è stato mantenuto fino al completamento dell’analisi dei dati.

 

Intervento

Il gruppo Passiflora ha ricevuto una capsula contenente 60 mg di estratto di Passiflora. L’estratto di Passiflora derivava da droga 80% foglie e 20% frutti. Le foglie dei frutti della Passiflora sono stati essiccati all’aria, macinati e mescolati con il 60% di alcol etilico, successivamente riscaldati a 80° C per 2 ore e filtrati. Infine l’estratto concentrato è stato essiccato a spruzzo con l’aggiunta della destrina. Il dosaggio dell’estratto di Passiflora impiegato per lo studio era relativamente basso, rispetto a quello di prodotti disponibili in commercio che principalmente contengono 250–900 mg di Passiflora. I quantitativi di Vitexina presenti nell’estratto di Passiflora sono stati analizzati e quantificati utilizzando una metodica HPLC-UV. Il gruppo placebo ha ricevuto una capsula indistinguibile da quella del trattamento; il placebo era composto principalmente da olio di soia. Le capsule di placebo e di Passiflora erano identiche per dimensioni, forma, colore e odore. I partecipanti dovevano assumere il trattamento o il placebo ogni notte per 2 settimane. Durante lo studio non sono stati consentiti farmaci per l’insonnia. Per valutare la conformità dell’assunzione del preparato rispetto alle indicazioni sono state contate le capsule rimanenti che i partecipanti hanno restituito agli sperimentatori alla fine dello studio. I partecipanti che hanno consumato meno dell’80% delle capsule consegnate sono stati considerati non conformi e sono stati esclusi dallo studio. Per valutare i parametri oggettivi e soggettivi del sonno al basale e dopo 2 settimane sono stati utilizzati la polisonnografia notturna e questionari di autovalutazione. I parametri polisonnografici del sonno includevano la durata totale del sonno (TST), l’efficienza del sonno, la latenza del sonno, totale eccitazione totale dei risvegli dopo l’inizio del sonno (WASO). I parametri soggettivi del sonno includevano TST, latenza del sonno, eccitazione totale e WASO e sono stati ottenuti con diari del sonno compilati dai partecipanti. I partecipanti hanno sono stati inoltre valutati con l’indice di gravità dell’insonnia (ISI) e il Pittsburgh Sleep Quality Index (PSQI). I livelli di depressione, ansia, e di stress sono stati esaminati attraverso la scala della depressione (CES-D), la Beck Anxiety Inventory (BAI) e la scala di valutazione globale dello stress recente (GARS).

 

Sicurezza e tollerabilità

Tutti i soggetti sono stati sottoposti a esame fisico, analisi delle urine, chimica del sangue ed ematologia al basale e dopo 2 settimane. Gli eventi avversi sono stati valutati in tutti i partecipanti che hanno ricevuto il trattamento.

 

Statistica

Per ottenere una potenza statistica dell’80% a un livello di 0,05 era richiesta una dimensione del campione di 49 partecipanti per gruppo. Considerando un tasso di abbandono del 10% sono stati quindi dimensionati i gruppi a 55 soggetti. Escludendo i soggetti con maggiore deviazione dal protocollo, sono state condotte analisi per protocollo per esaminare l’efficacia della Passiflora rispetto al placebo. Le differenze di gruppo sulle variabili demografiche e sui dati clinici di base sono stati analizzati utilizzando il Chisquared di Pearson test, test indipendenti o il test U di Mann – Whitney U. I confronti all’interno del gruppo prima e dopo il trattamento sono stati eseguiti utilizzando il Paired Sample T-Test o i test di classificazione di Wilcoxon. I dati tra i gruppi sono stati analizzati utilizzando test indipendenti o il test U di Mann-Whitney. Il valore di P <0,05 a due code è stato considerato statisticamente significativo. Tutte le analisi statistiche sono state eseguite utilizzando il SPSS 20.0 (SPSS- INC.Chicago,Illinois,USA). Le caratteristiche demografiche e le misurazioni di base dei dati clinici del gruppo della Passiflora e del placebo non dimostravano differenze significative.

 

Polisonnografia

I risultati della polisonnografia hanno dimostrato che il TST, come misurazione primaria, è stato notevolmente migliorato nel gruppo Passiflora rispetto al gruppo placebo (P = 0,049). Rispetto ai punteggi di base, l’efficienza del sonno e i WASO sono stati notevolmente migliorati nel gruppo Passiflora gruppo (P = 0,008, P = 0,025) così come l’efficienza del sonno che ha mostrato una tendenza al miglioramento nel gruppo Passiflora rispetto al gruppo placebo (P = 0,074). L’efficienza del sonno è stata calcolata dividendo il TST per il tempo totale passato a letto. Tutti i soggetti rispettavano la stessa quantità di tempo totale a letto durante la polisonnografia e quindi l’aumento dell’efficienza del sonno viene indicata da valori minori di questo rapporto (TST/ore passate a letto).

 

Parametri soggettivi del sonno

I parametri del sonno sono stati riportati sui diari del sonno e valutati attraverso specifiche scale come ISI e PSQI, ma non hanno evidenziato differenze significative tra il gruppo Passiflora e il gruppo placebo.

 

Depressione, ansia e stress

Rispetto al basale, i punteggi di CES-D, BAI e GARS dopo 2 settimane sono diminuiti nel gruppo Passiflora (P = 0,002, P = 0,009, P = 0,024) tuttavia senza differenze significative con il gruppo placebo.

 

Sicurezza e tollerabilità

Durante lo studio non si sono verificati eventi avversi gravi (AE).Due eventi avversi, sonnolenza e mal di testa, sono stati segnalati nel gruppo placebo. Nessun evento avverso è stato segnalato nel gruppo Passiflora. I risultati di laboratorio dei partecipanti erano tutti nei range normali e non erano significativamente diversi tra i gruppi.

 

Discussione

I risultati dello studio mostrano che la Passiflora ha migliorato il parametro TST della polisonnografia rispetto a placebo in soggetti con disturbo d’insonnia. Anche l’efficienza del sonno ha mostrato una tendenza al miglioramento in soggetti che hanno ricevuto Passiflora rispetto a quelli che avevano il placebo. I parametri soggettivi del sonno non hanno mostrato alcuna differenza significativa rispetto al placebo. La Passiflora è stata ben tollerata, senza segnalazioni di qualsiasi tipo di evento avverso. Ci sono pochissimi studi clinici precedenti che hanno indagato gli effetti della Passiflora, attraverso anche parametri oggettivi, su soggetti con insonnia. Uno studio randomizzato in doppio cieco controllato con placebo è stato condotto su pazienti femmine, per studiare gli effetti di diverse erbe medicinali e tra cui Passiflora sulla qualità del sonno. In questo studio, Passiflora, diazepam e placebo hanno tutti esercitato effetti, producendo una simile diminuzione della prontezza mentale. L’elettroencefalografia non ha mostrato alcun effetto della Passiflora rispetto al placebo.[29] Un altro studio in doppio cieco randomizzato controllato con placebo è stato condotto al fine di indagare l’efficacia di un infuso di Passiflora incarnata sulla qualità del sonno in 40 partecipanti. Dopo 1 settimana di periodo di trattamento, la qualità del sonno, misurata dai diari del sonno, ha mostrato una valutazione significativamente migliore per la Passiflora rispetto al placebo. Tuttavia, i risultati della polisonnografia solo su 10 partecipanti non hanno dimostrato alcuna differenza significativa.[25] Questo è il primo studio clinico che ha dimostrato gli effetti positivi della Passiflora sul sonno attraverso risultati polisonnografici in soggetti con insonnia. Tuttavia i parametri oggettivi del sonno diversi dal TST e i parametri soggettivi del sonno non hanno mostrato nessuno differenza rispetto al placebo. Potrebbero esserci diversi motivi per spiegare questo risultato apparentemente contraddittorio sui parametri valutati. In primo luogo, gli effetti sedativi di Passiflora è dimostrato risultino essere dose-dipendenti, e i 60 mg di estratto di Passiflora, utilizzati nello studio, potrebbero essere stati insufficienti per produrre una differenza misurabile anche soggettivamente.[30] Un precedente studio clinico ha mostrato risultati significativi, attraverso diari del sonno, somministrando 2g di estratto di Passiflora in forma di infuso. In secondo luogo, tra i partecipanti a questo studio non vi erano pazienti con grave insonnia come dimostrato dal TST oggettivo e soggettivo medio a basale che era più di 6 ore. Pertanto, i parametri soggettivi del sonno avrebbero potuto avere poche possibilità di miglioramento a causa della lieve gravità dell’insonnia dei partecipanti. In terzo luogo, il periodo relativamente breve della durata del trattamento avrebbe potuto essere insufficiente.[1] I report soggettivi di depressione, ansia e stress non mostrano differenza significativa rispetto al placebo, tuttavia i punteggi di depressione, ansia e stress sono tutti significativamente migliorati dopo 2 settimane rispetto al basale nel gruppo Passiflora, mentre nessun cambiamento è stato osservato nel gruppo placebo. L’effetto ansiolitico è uno dei ruoli farmacologici più studiati della Passiflora,[22] e la mancanza di risultati statisticamente significativi sui i parametri soggettivi del sonno potrebbero dipendere anche in questo caso dal dosaggio relativamente basso dell’estratto di Passiflora, dalla lieve gravità dell’ansia nei partecipanti e dalla breve durata del trattamento. In questo studio la limitata significatività dei risultati sulla soddisfazione soggettiva, rispetto ai dati oggettivi polisonnografici, rappresenta un aspetto da indagare ulteriormente perché la soddisfazione soggettiva, nella clinica dell’insonnia, è un parametro molto importante. Tuttavia, considerati tutti i limiti, in questo studio, i risultati della polisonnografia hanno mostrato che solo nel gruppo Passiflora i parametri del sonno sono stati notevolmente migliorati dopo l’intervento mentre nel gruppo placebo non vi è stato nessun miglioramento in tutti i parametri polisonnografici.

 

Conclusione

Questo studio è il primo che dimostra gli effetti positivi della Passiflora sui parametri polisonnografici del sonno in pazienti con disturbo di insonnia. I risultati hanno dimostrato un aumento significativo del TST sulla polisonnografia.

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International Clinical Psychopharmacology 2019, 35:29–35. PubMed.

“Effects of Passiflora incarnata Linnaeus on polysomnographic sleep parameters in subjects with insomnia disorder: a double-blind randomized placebo-controlled study”  

Jeewon Lee (a), Han-Young Jung (a), Soyoung Irene Lee (a), Ji Ho Choi (b) and Shin-Gyeom Kim (a)

Author information:

Departments of (a)Psychiatry and (b)Otorhinolaryngology – Head and NeckSurgery, Soonchunhyang University College of Medicine, Bucheon Hospital, Bucheon, Republic of Korea

Abstract

The purpose of the present double-blind randomized placebo-controlled clinical study was to investigate the effects of Passionflower on polysomnographic sleep parameters in subjects with insomnia disorder. A total number 110 adult participants (mean age = 40.47 ± 11.68, Female = 53.6%) met the inclusion criteria of insomnia disorder according to the DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders). After randomization, patients received either the Passionflower extract or the placebo for 2 weeks. Patients underwent an overnight polysomnography and completed sleep diaries, Insomnia Severity Index, and Pittsburgh Sleep Quality Index. Within group comparisons were analyzed with paired t-tests or Wilcoxon’s signed rank tests, and between-group comparisons were analyzed with independent t-tests or Mann–Whitney U Tests, as appropriate. Total sleep time (TST) was significantly increased in the Passionflower group compared with placebo (Passionflower vs placebo, 23.05 ± 54.26 vs −0.16 ± 53.12; P = 0.049). Sleep efficiency and wake after sleep onset (WASO) significantly improved after 2 weeks in the Passionflower group but there was no difference compared with the placebo group. The current study demonstrated the positive effects of Passionflower on objective sleep parameters including TST on polysomnography in adults with insomnia disorder. Further study is needed to investigate the clinical efficacy of Passionflower on insomnia.

Int Clin Psychopharmacol 35: 29–35 Copyright © 2019 Wolters Kluwer Health, Inc. All rights reserved.

Key words: herbal medicine, insomnia, Passiflora incarnata, Passionflower, polysomnography, sleep

PMID: 31714321

 

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Newsletter Ayurveda nr. 65 – Febbraio 2021

Newsletter n° «65»

Febbraio 2021

FOCUS: Mardana.

 

Int. J. Ayur. Pharma Research, 2020;8(9):67-72 

“MARDANA – THE MASSAGE TECHNIQUE”  

Sharadha, Sanathkumar DG.  

 

In Ayurveda, Mardana è uno specifico tipo di massaggio profondo condotto sui Marma con sequenze specifiche.

Mardana, una delle procedure più significative della medicina Ayurvedica, attraverso una specifica stimolazione dei Marma consente di riarmonizzare e riequilibrare il giusto scorrere dell’energia, ricreando la giusta funzionalità degli organi interni.
Secondo alcuni autori [1] tuttavia, nella pratica ayurvedica contemporanea, Mardana risulterebbe meno praticata, rispetto ad altre procedure Snehana, probabilmente a causa anche dei pochi e frammentari riferimenti testuali che ne limitano le conoscenze concettuali di applicazione. [1]

Concettualmente Mardana può essere sintetizzato come un massaggio profondo con una quantità moderata di olio esercitando pressione con le regioni palmari delle mani. Il principale distinguo di Mardana rispetto a Abhyanga consisterebbe nel fatto che la maggiore pressione esercitata sui Marma, e la minor quantità di olio, consentirebbe la manipolazione dei tessuti a differenza di Abhyanga (concettualmente l’oleazione del corpo tramite massaggio con quantità di olio maggiori rispetto alla capacità della pelle di assorbirli ) che, a causa della maggiore quantità di olio e generalmente minore pressione, consente di “oleare” in direzione del percorso delle ”Nadi”, senza manipolazione dei tessuti. [10]

La newsletter propone una sintesi e la lettura di un recentissimo articolo (2020) completamente dedicato alla tecnica Mardana. L’articolo risulta rilevante perché riporta in lingua inglese una delle pochissime panoramiche disponibili di tutte le 26 tecniche Mardana (Hastas).

Nelle fonti bibliografiche infatti Mardana e relative Hastas vengono trattate quasi esclusivamente da Acharya Raghavender Swami, con lo pseudonimo “Tiruka”, nella sua opera “Angamardana”, scritta in lingua Kannada.

Di questo libro è stato pubblicato un solo articolo di revisione (PubMed) in “Ancient Science of Life” di B S Praveen. [4] Nell’articolo sono riportate inoltre, in forma tabellare di veloce consultazione, le principali indicazioni e controindicazioni di Mardana suddivise per specifica area clinica.

 

Dall’articolo

In Ayurveda Snehana è una sostanza che apporta untuosità e sostanzialmente è di due tipi, cioè Abhyantara (oleazione interna) e Bahya Sneha (oleazione esterna) a seconda di Prayoga (modalità di applicazione).

Mardana è la procedura Bahya Sneha in cui il massaggio terapeutico viene eseguito esercitando significative e dosate pressioni simultaneamente e specularmente su entrambi i lati del corpo del paziente con gesti sincronizzati nella stessa direzione. [1]

Mardana è una procedura ricorrente in Ayurveda ma nelle Samhita, di essa, vi è una descrizione molto limitata. Mardana infatti viene trattata quasi esclusivamente da Acharya Tiruka [1] nel suo lavoro ‘Angamardana’ dove spiega e descrive 26 diversi tipi di Mardana, cioè gli Hastas, raggruppandoli in Shushkanga Mardana (massaggio a secco), Ksheeranga Mardana (massaggio con latte), Tailanga Mardana (massaggio con olio), Svayamanga Mardana (automassaggio), Yamalanga Mardana (massaggio reciproco) e Samanyanga Mardana (massaggio comune).

Mardana può fornire sollievo in diversi disturbi e contribuisce a calmare il paziente, sia mentalmente che fisicamente. [1]

Nei trattamenti ayurvedici Snehana ha un ruolo fondamentale per le sue finalità preventive e curative nelle sue applicazioni Bahya Snehana (oleazione esterna) e Abhyantara Snehana (oleazione interna). Charaka definisce Snehana come la procedura mediante la quale vengono conferiti al corpo Snigdhata (oleosità), Vishyandana (fluidificazione), Mardavata (morbidezza) e Kledana (umidità).

Il termine Mardana viene ricondotto al sanscrito (Pratyaya) : मर्दनं + करोति  सूतु

il cui significato secondo Shabdakalpadruma è Angamardana di cui una probabile corretta traduzione, in questo contesto, potrebbe essere “massaggio” mentre nel dizionario sanscrito-inglese, Mardana significa: premere, impastare, tormentare, ecc. [1,2]

Guna di Mardana sono Nidrakara, Sukrakara, Rakta Mamsa Twak Prasadakara, Vata-Kaphahara. [1,3]

Definizione di Mardana potrebbe essere l’esecuzione del massaggio con pressione in direzione specifica con applicazione dell’olio con il palmo della mano. [1]

Il massaggio Angamardana è considerato come una delle più antiche terapie utilizzate per trattare vari disturbi ma è impiegato anche su individui sani. [1]

In Ayurveda termini specifici indicano differenti tecniche di massaggio e cioè, Samvahana, Mardana, Unmardana e Padaghata.
Samvahana è una tecnica di massaggio in cui viene esercitata una leggera (o pochissima) pressione sul corpo con le mani mentre Mardana è un massaggio profondo fatto con una pressione decisa in direzione podale al contrario di Unmardana che è un massaggio con pressione eseguito nella direzione opposta e generalmente inteso in senso occipitale. Padaghata è la tecnica di massaggio unica eseguita utilizzando il piede. In Ayurveda difficilmente si ritrovano specifiche descrizioni generali delle tecniche del massaggio Mardana, tuttavia si possono ritrovare riferimenti sparsi di indicazioni di Mardana che vengono spiegate in condizioni specifiche. [1]

La spiegazione dettagliata della procedura Mardana è stata trattata da Acharya Raghavender Swami con lo pseudonimo “Tiruka” nella sua opera “Angamardana” scritta in lingua Kannada. Un articolo di revisione su questo libro è stato pubblicato in “Ancient Science of Life” di B S Praveen [4].

In questo testo, in Sarvanga Mardana, vengono spiegati dettagliatamente, come tecniche specifiche, un totale di 26 Hastas. Il libro “Angamardana” è composto da sette capitoli: Bhumike (Introduzione), Angamardanada Vishayadali Purathana Ayurveda Granthagala Abhipraya (Visualizzazione dei testi ayurvedici sulla terapia del massaggio), Anagamardana Kshetradali Videshiyara Abhipraituya (Opinione della tradizione occidentale sul massaggio), Anagamardana Mattu Abhyanjanavannu Kuritu Kelavu Mahatvada Suchanegalu ( (Introduzione ad Angamardana e massaggio), Anagamardanada Vividha Hastagalu (Metodologia diversa di Angamardana), Anagamardanada Vaividya (Tipi di Angamardana) e Upayukta Tailagalu (oli utili). [1]

Nel testo “Angamardhana” di “Tiruka” vengono menzionate diverse tipologie di massaggio [1]:
– Shushkanga Mardana (massaggio a secco)
– Ksheeranga Mardana (massaggio con latte)
– Tailanga Mardana (massaggio con olio)
– Svayamanga Mardana (automassaggio)
– Yamalanga Mardana (massaggio reciproco)
– Samanyanga Mardana (massaggio comune)
– I massaggi alla persona malata

La parola “Hasta” è spiegata come tecnica di massaggio. [1]
Nel capitolo 5, -Angamardanada Vividha Hastagalu – è riportata l’elaborata spiegazione dei vari Hastas di Mardana o Angamardana [5,6] per un totale di 26 Hastas specifici per l’applicazione su diverse parti del corpo.

Gli Hastas descritti in “Angamardana” da “Tiruka” sono [1]:
1. Taranga Hasta: il tipico Hasta prevalentemente applicato sulla testa per migliorare la circolazione, alleviare la rigidità, generare nella persona sensazioni di felicità e vitalità. Genera pochissime complicazioni.
2. Anguli Kridana Hasta: l’Hasta, specifico per la testa e le aree corporee di piccole dimensioni, per dare sollievo dalla tensione e nelle distorsioni, che viene eseguito attraverso le porzioni distali palmari-distali delle dita.
3. Mrdvanguli Tadana Hasta: (l’Hasta dei ciuffi dei capelli) eseguito sulla testa per alleviare la tensione delle terminazioni nervose con un effetto rilassante e lenitivo.
4. Dvihasta Tadana: l’Hasta che aiuta ad alleviare la tensione e la pesantezza della testa attraverso il picchiettio delle dita.
5. Garshana Hasta: l’Hasta che sulla testa favorisce la leggerezza e generando generale senso di entusiasmo.
6. Ghatita Hasta: Hasta specifico, applicato sulla testa con l’intera regione di palmo e dita in modo multidirezionale, per aiutare ad alleviare la sensazione di pesantezza alla testa ed il mal di testa.
7-8. Vijayamala Hasta e Viparita Vijayamala Hasta similmente condotti sulla base sinistra e destra del collo per dare stabilità, forza, bellezza e compattezza al collo permettendo di sopportare più peso e stress sull’area.
9. Shaila Hasta: Hasta specifico per fornire una buona forma, forza e fermezza al collo.
10. Dheera Hasta: Hasta specifico per prevenire l’usura dell’articolazione della spalla. Lubrifica l’articolazione e fornisce una forza sufficiente ai legamenti per mantenere intatta l’articolazione.
11-12. Chakra Hasta e Viparita Chakra Hasta: Hasta specifici per rafforzare e stabilizzare i muscoli di entrambe le braccia. Viparita Chakra Hasta è specifico per dare forza al braccio e prevenire i danni da sforzo e il dolore sull’articolazione del polso.
13. Achala Hasta: specifico per fornire forza ai palmi delle mani come quella delle zampe della tigre.
14. Viruddha Hasta Chalana: specifico per problematiche addominali ed in generale del tronco.
15. Dvihasta Chalana: specifico per dare forza e resistenza alla colonna vertebrale.
16-17. Pradakshina Hasta e Apradakshina Hasta: eseguiti in regione addominale per alleviare Udara Shoola, Ajirna, Agnimandya e Vibhandha.
18. Dhara Hasta: specifico come calmante per i disturbi delle regioni dorsali/posteriori del corpo e che è eseguito con colpi della mano con i bordi laterali del mignolo.
19. Mrudu Mushtitadana Hasta: specifico per le zone dorsali viene condotto con i pugni semichiusi per dare forza alla colonna vertebrale e per ottenere un effetto rilassante.
20. Bhadra Hasta: specifico per alleviare Katishoola, tensione e distorsione alla schiena e stabilizza il Manipura Chakra; viene condotto con i pollici.
21. Meru Hasta: specifico per alleviare Katishoola. Stimola tutti i Chakra presenti nella colonna vertebrale come Mooladhara Chakra, Swadishtana Chakra, Manipura Chakra, Anahata Chakra, Vishudda Chakra, Aghna Chakra, Manaschakra, Somachakra e Sahasra Chakra. Condotto con una procedura specifica usando i pollici.
22-23 Sudarshana Hasta e Viparita Sudarshana Hasta specifici per i disturbi degli arti inferiori per rafforza i muscoli della coscia e del polpaccio (procedura con palmo e dita).
24. Dhanda Hasta: specifico per alleviare tensioni, distorsioni e dolori ai muscoli del polpaccio e rafforzarlo (condotto con il palmo).
25. Trikona Hasta: condotto con i palmi e specifico per alleviare il dolore alle articolazioni del ginocchio. Fornisce forza all’articolazione della caviglia e aiuta a curare le crepe nei talloni, dolore al tallone, dolore ai piedi ecc.
26. Pallava Hasta: Hasta complesso in tre passaggi e specifico per fornire forza all’articolazione della caviglia e aiutare a curare le crepe nei talloni, dolore al tallone, dolore ai piedi ecc.

Nelle Samhita non sono reperibili spiegazioni specifiche sulle tecniche di Mardana tuttavia queste sono elencate, raggruppate e descritte in “Angamardana” di “Tiruka”. Analogamente nelle Samhita non sono frequentemente rintracciabili indicazioni [7] specifiche di Mardana e quindi anche per queste “Angamardana” di “Tiruka” risulterebbe il principale riferimento testuale che le elenca insieme alle controindicazioni, per aree anatomiche (Tabella 1-2 dell’articolo). In “Angamardana” di “Tiruka” (Tabella 3 dell’articolo) gli Hastas sono consigliati a seconda delle diverse condizioni di malattia. [8,9]

In “Angamardana” di “Tiruka” non vengono riportate spiegazioni specifiche per le controindicazioni di Mardana, quindi per analogia, nella tabella 1 dell’articolo, vengono riportate le condizioni controindicate per Abhyanga. Dalle informazioni generali reperibili si può dedurre che Mardana viene praticato in condizioni Swastha così come nelle condizioni di malattia. La corretta somministrazione della procedura aiuta ad alleviare le malattie e mantiene la salute dell’individuo sano. [1]

 

 

__________________References__________________

1. Sanathkumar, D. G. “MARDANA–THE MASSAGE TECHNIQUE.” International Journal of Ayurveda and Pharma Research (2020): 67-72.
2. Vaman Shivram Apte (Sanskrit–English Dictionary), Jawahar Nagar, Delhi, Pub- Motilal Banarsidas Pub Pvt Lmt, 1993, p.427.
3. Kaviraj Umeshchandra Gupta, Kaviraj Nagendranath Sena, (Vaidyaka Sabdasindhu), Chaukhambha Orientalia Publication,1999, p.789.
4. B.S.Praveen, 2017: Angamardhana: A Treatise on Massage Techniques of Ancient India, Ancient Science of Life. 2017 Jan- Mar; 36(3): 170-171.
5. Sri Malladihalli Raghavendra Swami’s Angamardhana in the name of Tiruka, (Chapter 5- Angamardanada Vividha Hastagalu), Chitradurga, Karnataka, Anantha Sevashrama Vishvastha Samiti Publication, Malladi Halli, 2003, p.50-73.
6. Dr.G S Acharya, Panchakarma Illustrated English Translation-Shiroabhyanga and Mardana Chapters.
7. Sri Malladihalli Raghavendra Swami’s Angamardhana in the name of Tiruka, (Chapter 6- Angamardanada Vividhya), Chitradurga, Karnataka, Anantha Sevashrama Vishvastha Samiti Publication, Malladi Halli, 2003, p.90-92.
8. Sri Malladihalli Raghavendra Swami’s Angamardhana in the name of Tiruka, (Chapter 6- Angamardanada Vividhya), Chitradurga, Karnataka, Anantha Sevashrama Vishvastha Samiti Publication, Malladi Halli, 2003, p.83-85.
9. Sri Malladihalli Raghavendra Swami’s Angamardhana in the name of Tiruka, (Chapter 6- Angamardanada Vividhya), Chitradurga, Karnataka, Anantha Sevashrama Vishvastha Samiti Publication, Malladi Halli, 2003, p.90-92
10. Sinha, Kaushal Kumar, B. A. Lohith, and M. Kumar Ashvini. “Abhyanga: Different contemporary massage technique and its importance in Ayurveda.” Journal of Ayurveda and Integrated Medical Sciences (ISSN 2456-3110) 2.3 (2017): 245-251.
 

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A cura della direzione scientifica di Benefica

Int. J. Ayur. Pharma Research, 2020;8(9):67-72. 

“MARDANA – THE MASSAGE TECHNIQUE”  

Sharadha 1*, Sanathkumar D G 2

Author information:

(1*) PG Scholar

(2) Professor & HOD, Dept of PG Studies in Panchakarma, KVG Ayurvedic Medical College & Hospital, Sullia, D.K, Karnataka, India.

 

ABSTRACT

Snehana is a substance that brings oiliness or unctuousness. It is mainly of two types based on Prayoga (Mode of Application), Abhyantara and Bahya Sneha. Mardana is one among the Bahya Sneha, where it is a therapeutic massage with pressure performed simultaneously on both sides of the patient’s body with strokes synchronized in the same direction. There is very little explanation about Mardana in Samhitas. It is exclusively explained by Acharya Tiruka in his work ‘Angamardana’ where he explains different types of Mardana like Shushkanga Mardana (dry massage), Ksheeranga Mardana (massage using milk), Tailanga Mardana (massage using oil), Svayamanga Mardana (self massage), Yamalanga Mardana (mutual massage ) and Samanyanga Mardana (common massage) consisting of 26 Hastas. Mardana provides relief from ailments and soothes the patient, both mentally and physically. Because of the lack of adequate review and analysis, this method of Bahya Sneha is losing its significance from practices and concept remains unexplored. The reason for not being practiced like other Snehana procedures are because of the less understanding of the concept of administration, scattered and minimal textual references.

Aims and Objectives. This article is aimed to elaborate the concept of Mardana in health and disease.

Materials and Methods. Data are collected from ancient texts and recent research articles, supported with discussion and presented.

Result. The present article is an attempt to understand Mardana in detail in terms of textual references and bring down Mardana into mainstream of practice.

 

ISSN: 2322 – 0902 (P)

ISSN: 2322 – 0902 (O)

KEYWORDS: Bahya Sneha, Mardana, Angamardana.

 

 

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Newsletter Fitoterapia nr. 57 – Febbraio 2021

Magnolia officinalis: razionali di impiego nei disturbi d’ansia e nelle somatizzazioni gastrointestinali da stress.

J Zhejiang Univ Sci B. 2017 Mar.;18(3):194-214

“Biological activity and toxicity of the Chinese herb Magnolia officinalis Rehder & E. Wilson (Houpo) and its constituents.” 

Poivre M, Duez P. 

 

Piante medicinali e disturbi d’ansia

La pandemia di Covid-19 sta esercitando un forte impatto sociale, come fattore stressante, sulla salute mentale come confermato da recentissimi studi epidemiologici; le manifestazioni ricorrenti sono disagio psicologico, disturbi ansiosi, disordini post-traumatici, sintomi depressivi, burnout, sentimenti di stigmatizzazione, rabbia, paura, preoccupazione generale per la salute. [2]

Il fenomeno riguarda in generale tutta la popolazione ma alcune categorie, come quelle del personale sanitario, adolescenti, anziani, studenti universitari, risultano particolarmente colpite con una prevalenza della popolazione femminile. [2]

Quando queste problematiche non assumono il profilo patologico si manifestano con sintomi funzionali come tensione nervosa, irritabilità, inquietudine, difficoltà nel rilassarsi e si associano anche ad una significativa incidenza di disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, risvegli notturni, risveglio precoce mattutino, mancanza di sonno ristoratore) e di tipiche manifestazioni fisiche come quelle tensive muscolari, gastrointestinali e cardiocircolatorie (palpitazioni, formicolii); [3] la continuità di questi disturbi funzionali tuttavia assume una valenza realmente disturbante della qualità della vita e genera una crescente richiesta di aiuto da parte dei pazienti ai professionisti della salute. Non stupisce quindi che questo contesto, nell’arco dell’anno 2020, abbia generato a livello mondiale un globale un aumento dei consumi di farmaci ansiolitici ma anche di moderni integratori naturali, favorenti il rilassamento psico-fisico ed il riposo notturno, rispetto ai quali numerose aziende farmaceutiche, ed in ambito nutraceutico, hanno proposto nuove formulazioni.

E’ tuttavia interessante notare come nella formulazione di questi nuovi preparati rilassanti/pro sonno vi sia il frequente ricorso all’impiego di piante medicinali di antichissimo uso “ansiolitico” tradizionale, come ad esempio, solo per citarne alcune, Passiflora, Melissa, Biancospino, Luppolo, Giuggiolo, Griffonia, Lavanda e la Magnolia. L’impiego di queste specifiche piante medicinali non dipende solo dalla loro secolare esperienza d’uso, che ne suggerisce utilità e sicurezza, ma anche dalle conclusioni di recentissima letteratura scientifica che ne indica specifici meccanismi d’azione “ansiolitici” molto interessanti ed attuali; queste piante medicinali infatti dimostrano di agire non solo grazie ad un esclusiva azione GABA-ergica, nota da tempo, ma anche grazie al significativo coinvolgimento di meccanismi serotoninergici, colinergici, melatoninergici e adrenergici. Queste evidenze farmacologiche, confermate anche in crescenti evidenze cliniche, suggeriscono per questi bioattivi naturali un profilo “ansiolitico” molto attuale ed allineato alle moderne linee guida cliniche per la gestione farmacologica dei disturbi d’ansia, che mirano ad agire sull’insieme dei disequilibri neuro-trasmettitoriali ritenuti alla base dei sintomi. [66]

Gli specifici effetti rilassanti e distensivi di queste piante medicinali consentono anche un aiuto in presenza dei funzionali disturbi del sonno predisponendone all’acquisizione ma soprattutto migliorandone la qualità e la durata mentre, meno facilmente, secondo gli studi clinici disponibili, le piante medicinali, ai dosaggi comunemente impiegati negli integratori, agirebbero come reali induttori del sonno. Per questo motivo l’uso anche continuativo di queste piante medicinali non induce generalmente sonnolenza diurna indesiderata. In generale queste piante medicinali “rilassanti”, per la loro azione “multitasking”, risultano anche attive sulle più frequenti somatizzazioni collegate ai disturbi d’ansia come in generale la tensione muscolare, i disordini digestivi e intestinali, le palpitazioni, i formicolii ed anche la ritenzione di liquidi. Molte di queste piante medicinali vengono anche tradizionalmente impiegate per contrastare sintomatologie psico-affettive tipiche del periodo pre-mestruale e del climaterio (irritabilità, agitazione, sonno, disforia).

Tra le piante medicinali tradizionalmente note per gli effetti rilassanti vi è anche la Magnolia (Magnolia officinalis Rehder & E. Wilson) che conosciutissima nei sistemi medici tradizionali di Cina e Giappone, è attualmente oggetto di grande interesse e studio anche in Occidente dove fino a pochi anni fa era una pianta più nota per scopi ornamentali. La Magnolia infatti, in parte nota anche Occidente come antispastico nelle tipiche tensioni gastrointestinali da stress, mostra un più ampio profilo rilassante e distensivo (ansiolitico) che la rende una pianta medicinale ideale per l’associazione sinergica con altre piante medicinali in preparati naturali utili per la gestione coadiuvante dei disturbi funzionali d’ansia, del sonno e delle più comuni somatizzazioni.

La newsletter si focalizza su alcuni dei principali razionali medicamentosi di Magnolia officinalis nei disturbi d’ansia, e in alcune problematiche fisiche correlate, prendendo spunto da una recente e più estesa monografia pubblicata in PubMed nel 2017.

 

Magnolia officinalis Rehder & E. Wilson

Gli antichi sistemi medici tradizionali di Cina e Giappone conoscono le proprietà rilassanti e distensive psico-fisiche della Magnolia da circa 2500 anni ma gli usi medicinali della Magnolia stanno diventando oggetto di una vera “scoperta” anche nel mondo occidentale e su Magnolia vi è un crescente interesse scientifico per promettenti potenziali medicamentosi in più aree cliniche. Basti pensare che a febbraio 2021 in PubMed, per la ricerca “Magnolia officinalis”, corrispondono 2856 citazioni in gran parte concentrate tra il 2010 ed oggi. Della Magnolia possono essere impiegati per scopi medicinali o cosmetici la corteccia oppure i fiori (raramente la radice) che esercitano azioni medicamentose diverse. La corteccia della Magnolia, in associazione anche ad altre piante medicinali, viene ritenuta una fonte di bioattivi dalla significativa azione ansiolitica e antidepressiva con uno spiccato effetto antispasmodico e antispastico viscerale, così come confermato anche dal claim ufficiale del ministero della salute italiano ( “cortex: Funzione digestiva. Regolare motilità gastrointestinale”.) [67] Per questo motivo la corteccia della Magnolia viene tradizionalmente impiegata nei discomfort gastrointestinali generati dallo stress ma la recente letteratura scientifica ne conferma anche potenti effetti antinfiammatori e promettenti azioni antitumorali come confermato dalla ricerca farmacologica. La Magnolia esercita anche una apprezzabile azione miorilassante e antiaritmica [65] oltre ad un’interessante effetto contro la ritenzione idrica correlata allo stress (claim Ministero della Salute italiano: “cortex- Drenaggio dei liquidi corporei”). [67] E’ citata nelle Farmacopee Giapponese e Cinese come pianta medicinale per i disturbi d’ansia generalizzata.

La Farmacopea Ufficiale cinese, una delle più complesse al mondo, comprende un vastissimo elenco di droghe vegetali tradizionali cinesi e rappresenta una delle principali fonti di conoscenza di bioattivi vegetali per la formulazione di nuovi prodotti fitoterapici in tutto il mondo. Nella Farmacopea cinese la corteccia della Magnolia (Magnolia officinalis Rehder & E. Wilson) è nota con il nome di “Houpo”, ed è tradizionalmente utilizzata nei sistemi medicinali cinesi e giapponesi per il trattamento di ansia, asma, depressione, disturbi gastrointestinali, mal di testa e per altri disturbi. Per questi motivi l’estratto di corteccia di magnolia rappresenta oggi un costituente importante degli integratori naturali attualmente in commercio ed anche in molti prodotti cosmetici. La recente letteratura scientifica attribuisce a questa droga vegetale diverse attività farmacologiche come quelle ansiolitiche, antispastiche antidepressive, antiossidanti, antinfiammatorie, antibiotiche.

La medicina tradizionale cinese (MTC) vanta più di 2500 anni di storia e si fonda sull’esperienza clinica di intere generazioni di professionisti e ricercatori [4,5,6,7,8]; analogamente la magnolia è tradizionalmente usata nella medicina tradizionale cinese e giapponese da migliaia di anni [9] ed è ora ampiamente utilizzata a livello internazionale. Nella farmacopea cinese 2010 (CPC, 2010) sono tre le droghe della pianta della Magnolia di più frequente applicazione e descrizione e cioè:

1 la corteccia di Magnolia officinalis Rehder & E. Wilson, chiamata in cinese “Houpo” o “Houpu” nome che deriva da “hou” (corteccia spessa) e da “pu” (la porzione disadorna della pianta);

2il bocciolo di M. officinalis, chiamato “Houpohua” cioè il fiore della magnolia a cui sono riferite attività medicamentose diverse rispetto a quelle della corteccia;

3il bocciolo di Magnolia biondii Pamp. (Magnolia denudata Desr. o Magnolia sprengeri Pamp.) chiamato “Xinyi” o “Xinyihua” che è un genere diverso di magnolia da cui si estraggono bioattivi molto impiegati nell’industria cosmetica.

Una specie non ufficialmente riconosciuta nelle classificazioni di riferimento, ma molto simile a Magnolia officinalis Rehder & E. Wilson, cioè la Magnolia obovata Thunb., è spesso impiegata come fonte di corteccia di Magnolia. [9]

Gli alberi di magnolia sono distribuiti principalmente in Oriente e nel Sud-est asiatico [10] e sono generalmente molto attraenti grazie al loro profumo fragrante ed i fiori appariscenti. [11]

La radice e la corteccia del ramo si raccolgono da aprile a giugno e si essiccano all’ombra; la corteccia del gambo viene leggermente decotta in acqua bollente e ricoverata in un luogo umido fino a quando la sua superficie interna diventa marrone violaceo o marrone scuro e, quando ammorbidita, viene arrotolata e essiccata. [12]

La corteccia essiccata è di colore grigio-marrone con lenticelle ovali a formare striature longitudinali; possiede un odore fragrante e un sapore pungente e leggermente amaro. [13]

La corteccia di magnolia è stata utilizzata come costituente di varie formule tradizionali cinesi come “Banxia Houpo Tang”, “Xiao Zhengai Tang “,” Ping Wei San “e” Shenmi Tang”. In Cina, un certo numero di prescrizioni contenenti Houpo sono ancora in uso nella pratica clinica moderna [14] e analogamente in Giappone, due ricette contenenti corteccia di Magnolia, “Hange- Koboku-To” (nome giapponese per Banxia Houpo Tang) [15] e “Saiboku-To” sono ancora in uso nella moderna pratica clinica. [11,16]

I preparati erboristici contenenti corteccia di Magnolia sono tipicamente in forma di decotti con assunzioni variabili da 3 a 10 g/die per persona ma sono oggi molto in uso, negli integratori naturali, vari estratti di corteccia di magnolia (MBE) con tipici livelli di utilizzo consigliati che vanno da 200 a 800 mg / die per persona a seconda della titolazione dei chemiotipi principali (min. onochiolo 2% HCPLC) [13]; le droghe di magnolia sono molto impiegate anche nei prodotti cosmetici. [9] Il bocciolo della Magnolia viene impiegato quasi esclusivamente per il trattamento della congestione sinusale e il mal di testa sinusale e viene assunto per via orale o applicato topicamente; la farmacopea italiana attribuisce ai fiori di magnolia la capacità di mantenere la regolarità del ciclo mestruale (“flos: Funzione digestiva. Regolare motilità gastrointestinale ed eliminazione dei gas. Regolarità del ciclo mestruale”). [67] La corteccia di magnolia possiede una gamma ampia di applicazioni come il trattamento di disturbi gastrointestinali da stress (GI), ansia, depressione, disturbi nervosi, asma e malattie allergiche, come bene per alleviare mal di testa, dolori muscolari, e febbre. [9,16,18,19,20]

 

Attività biologica

La corteccia di magnolia non è stata usata solo storicamente nella medicina tradizionale cinese e giapponese, ma anche nella medicina americana e indiana; la corteccia è stata elencata nella Farmacopea americana come tonico amaro e antimalarico. [16,21] Più recentemente, la corteccia di magnolia è stata utilizzata come componente di integratori alimentari e di cosmetici applicati per via topica. [9,16] Alla corteccia di Magnolia officinalis ed ai suoi costituenti vengono attribuite varie attività farmacologiche (anti-cancro, anti-stress, anti-ansia, antidepressive, antiossidanti, antinfiammatorie ed epatoprotettive). [11] Magnolia officinalis viene attualmente studiata per i suoi potenziali nelle malattie oncologiche, nelle patologie infiammatorie, nell’asma, nei disordini gastrointestinali, nella malattia diabetica, nei disturbi neurologici (ansia, depressione, Alzheimer), nelle malattie cardiovascolari, in alcune infezioni batteriche.

 

Composizione chimica

Fino ad ora nei coni, nella corteccia, nei fiori e nelle foglie del genere Magnolia sono stati isolati più di 250 tipi di chemiotipi. [10] Indagini chimiche sulla corteccia di Magnolia officinalis e Magnolia obovata hanno portato all’isolamento di diversi importanti composti fenolici, in particolare di due principali neolignani che sono il magnololo (5,5′-diallil-2,2′-diidrossibifenile) e l’honokiolo (5,3′-diallil-2,4′-diidrossibifenile), che sono considerati i due principali composti fenolici nella corteccia e i principali costituenti attivi. [13,16,18] Oltre a questi lignani sono stati isolati un gruppo di interessanti alcaloidi di tipo isochinolina, la maggior parte derivati dell’aporfina e della benzilisochinolina. [17] La corteccia di magnolia contiene anche oli volatili, i cui principali costituenti sono alcoli sesquiterpenoidi, α-, β- e γ-eudesmolo (circa il 95% dell’olio essenziale). I componenti specifici nella corteccia e le loro proporzioni differiscono notevolmente a seconda dei siti di raccolta e del periodo di raccolta. [13]

 

Razionali d’azione su ansia e depressione e sonno

I disturbi d’ansia sono considerati tra le diagnosi psichiatriche più comuni che interessano tra 10% e 30% della popolazione generale. L’eccesso l’ansia può essere debilitante e abbassare la qualità di vita. [11,22] Nonostante i ben noti effetti collaterali come la sedazione, l’eccessivo rilassamento muscolare, l’amnesia e la dipendenza, le benzodiazepine sono farmaci ampiamente utilizzati per il trattamento di diverse forme di ansia.[22] Attualmente molte preparazioni tradizionali medicinali a base di erbe, specificamente utilizzate per effetti tranquillanti-sedativi, sono allo studio come farmaci ansiolitici, e tra questi è inclusa la corteccia di Magnolia officinalis. [23] Gli effetti depressivi centrali dei lignani della Magnolia possono contribuire non solo ad un effetto anticonvulsivante ma inoltre, a basse dosi, ad un’attività ansiolitica. Questo effetto può essere parzialmente attribuito alla loro interazione dei lignani con il recettore A dell’acido γ-amminobutirrico (GABAA), un noto target per benzodiazepine e altri ansiolitici. L’attività della decarbossilasi dell’acido glutammico ippocampale (GAD), un enzima coinvolto nella sintesi del GABA, è significativamente aumentato nei topi trattati con honokiolo, suggerendo che l’honokiolo può alterare la sintesi del cervello di GABA. I recettori GABA-A hanno una subunità eterogeneità che influenza la loro funzione; magnololo e honokiolo si dimostrano attivi modulatori dei recettori, indipendentemente dalle loro sottounità, ma i recettori con la subunità “A” erano da 2 a 3 volte più sensibili. [24,25,26] Un complesso studio farmacologico del 2009 ha confermato la capacità degli estratti di Magnolia officinalis e di Ziziphus jujuba (Giuggiolo), e di una associazione delle due droghe, di interagire con i recettori associati al rilassamento e al sonno; lo studio conferma quindi la coerenza con il tradizionale uso ansiolitico di queste due piante medicinali nelle problematiche di ansia lieve , nervosismo e problemi legati al sonno. Lo studio suggerisce indirettamente il forte razionale d’associazione sinergica di queste due piante medicinali. [27] Mentre è consistente l’evidenza osservazionale sull’effetto del solo estratto di corteccia di Magnolia nei disordini gastrointestinali ricollegabili ad ansia e stress, nel trattamento dei comuni stati ansiosi psico-emotivi la Magnolia è stata prevalentemente impiegata in associazione ad altre piante medicinali, tuttavia, un recentissimo studio clinico (2020) ha studiato gli effetti di un infuso di sola corteccia di Magnolia sui disturbi ansiosi e depressivi in 149 donne nel delicato periodo post-partum. Lo studio ha concluso che dopo 3 e 6 settimane di somministrazione dell’infuso di Magnolia sono stai osservati miglioramenti significativi sulle problematiche psico fisiche diurne derivanti dalla inefficienza del sonno a causa dell’allattamento notturno e sulle principali manifestazioni depressive ed ansiose valutate secondo l’apposita scala Edinburg Postnatal depression Scale. [28] Un altro studio clinico condotto su 56 pazienti moderatamente stressati ed ansiosi ha concluso che l’assunzione giornaliera di un preparato a base di estratti di Magnolia officinali e Phellodendrum amurense riduce gli effetti di esposizione al cortisolo e lo stress quotidiano percepito, migliorando nel contempo una varietà di parametri dello stato dell’umore, tra cui minore affaticamento e maggiore vigore. [29] Questo studio ha confermato risultati simili, per la stessa associazione di Magnolia officinalis di Phellodendrum amurense, a quelli ottenuti in un precedente studio clinico condotto nel 2008 che conclude che questa associazione può offrire sollievo alle donne in premenopausa che soffrono di lieve ansia transitoria escludendo problemi di sicurezza o eventi avversi significativi. [30] Un ulteriore recentissimo studio in vitro e in vivo ha confermato l’effetto di Magnolia officinalis, in associazione a Melissa officinalis e teanina, sui disturbi ansiosi e sulle alterazioni dell’umore da stress ipotizzando anche un ulteriore meccanismo di attività di questa associazione che vedrebbe coinvolto il sistema endocannabinoide. [31]

Gli studi di cui sopra e in generale quelli disponibili suggeriscono le potenzialità degli estratti di corteccia di Magnolia anche nei confronti delle manifestazioni depressive e ed in generale delle disforie. La depressione è una malattia che altera l’umore energia, sonno, appetito, libido e capacità di farlo funzione. I sintomi della depressione includono un’intensa sensazione di tristezza, disperazione e l’incapacità di provare piacere nelle normali attività.[11] I più comuni farmaci antidepressivi (antidepressivi triciclici / policiclici, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, inibitori delle monoamino ossidasi, inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina, litio) potenziano l’azione delle monoammine (noradrenalina, dopamina e serotonina) nel cervello, come spiegato anche dalla “Teoria delle monoamine” che postula un’associazione tra depressione e deplezione delle monoamine. Gli sforzi sul campo sono ancora estremamente necessari, come suggerito anche da recenti studi che indicano che circa il 30% dei pazienti depressi non rispondono in modo soddisfacente ai trattamenti antidepressivi. Test di legame in vitro con radioligando e test di funzionalità cellulare dimostrano che la corteccia di Magnolia interagisce con il recettore A1 dell’ l’adenosina, il trasportatore della dopamina, il recettore della dopamina D5 (attività antagonista), i recettori della serotonina (5-HT1B e 5-HT6, attività antagonista) e il recettore GABA delle benzodiazepine ad una concentrazione di 100 μg / ml o inferiore. [27] Honokiolo e magnololo mostrano una funzione neurotrofica migliorando il rilascio di acetilcolina ippocampale e il magnololo modula l’attività serotoninergica centrale. [32] I principali recettori del neurotrasmettitori biogenico-amminici (dopamina, noradrenalina, serotonina e istamina) sono accoppiati con proteine G, determinando l’attivazione o l’inibizione dell’adenilato ciclasi. Honokiolo e magnololo dimostrerebbero di agire nel normalizzare le anomalie biochimiche nella serotonina cerebrale e nei suoi metaboliti modulando inoltre i livelli serici di corticosterone e l’attività dell’adenilato ciclasi piastrinico tramite up-regolazione del percorso dell’adenosina monofosfato ciclico. [11,33] In donne in menopausa, l’aggiunta di estratto di corteccia di Magnolia ad isoflavoni, lattobacilli, calcio e la vitamina D3 ha indotto effetti positivi su insonnia, irritabilità, ansia, umore depresso, astenia e perdita di libido; gli eventi avversi erano comparabili nel trattamento (334 donne) e nei gruppi di controllo (300 donne). [62] In uno studio simile in donne in menopausa l’estratto di magnolia associato al magnesio ha alleviato la sintomatologia psicoaffettiva e disturbi del sonno. [63]

Tradizionalmente gli estratti di corteccia di Magnolia sono ritenuti molto utili come stabilizzatori della qualità del sonno ed in generale, negli studi clinici disponibili, tutti coloro che hanno assunto magnolia hanno dichiarato di dormire meglio. [28] Gli effetti sedativi della Magnolia (Magnololo e Honokiolo) furono scientificamente notati per la prima volta nel 1983, quando furono osservati effetti ansiolitici e rilassanti negli animali trattati con Magnolia Officinalis. [68] Sembra che il magnololo possa aumentare il tempo di sonno indotto da fenobarbital (0,2 mg / kg di assunzione orale) [69] e le iniezioni intraperitoneali di 5-25 mg / kg di magnololo possono indurre il sonno (ridurre la latenza del sonno, aumentare la durata del sonno REM e non REM) tramite interazione con il recettore GABAA, poiché il blocco di questo recettore ne abolisce gli effetti. [70] La sedazione è stata osservata anche con magnololo isolato e sembra aumentare il sonno indotto da fenobarbital a una dose molto bassa che è facilmente ottenibile con gli integratori. Nei test sui ratti questi effetti si verificano normalmente nel momento del riposo e del sonno fisiologico giornaliero e non in condizioni di sonno indotto, per questi motivi l’estratto di corteccia di Magnolia viene ritenuto un aiuto al passaggio al sonno fisiologico. Negli studi che valutano la locomozione come effetto collaterale (gli agonisti del GABAA tendono a indurre sonnolenza in momenti impropri come effetto collaterale), l’ingestione orale di 4-O-metilonokiolo sufficiente a causare ansiolisi, non compromette la locomozione. [71] Nei modelli di studio in cui il sonno non viene indotto sperimentalmente ma nel caso di sonno fisiologico i neolignani contenuti nella corteccia della magnolia officinalis non sembrano causare effetti collaterali simili ai sedativi.

 

Razionali nel trattamento dei disturbi tensivi gastrointestinali

Le malattie del tratto gastrointestinale sono molto comuni e varia, compresa la sindrome dell’intestino irritabile, la dispepsia funzionale, dolore addominale, gonfiore addominale, nausea, vomito, diarrea, costipazione, ecc., che hanno un effetto sostanziale sulla qualità della vita e sui costi dell’assistenza sanitaria. [34] Per molti di questi disturbi, in assenza di altre cause accertate, sono ritenute cause prevalenti le condizioni d’ansia pre-patologiche e lo stress. Magnolia officinalis è comunemente utilizzata nella medicina tradizionale cinese per il trattamento di tali disturbi gastrointestinali grazie al significativo effetto antispasmodico che ne deriva dal rilassamento della muscolatura liscia del tratto GI. [11,35] Tra i vari fattori regolatori che modulano la motilità della muscolatura liscia nel tratto gastrointestinale, acetilcolina e serotonina (5-idrossitriptamina, 5-HT) sono considerati i principali neurotrasmettitori. Nelle evidenze farmacologiche il magnololo e l’honokiolo dimostrano di inibire significativamente la contrattilità di strisce isolate del fondo gastrico di ratti trattati con acetilcolina o serotonina e dell’ ileo isolato in cavie trattate con ACH o CaCl2; entrambi si comportano come antagonisti muscarinici non competitivi. Il magnololo e l’honokiolo dimostrano di inibire le contrazioni indotte mediante acetilcolina (in terreno privo di Ca2 +) e le contrazioni indotte da acetilcolina dipendenti da Ca2 + extracellulare; questo effetto, che dimostra una capacità della corteccia di Magnolia di blocco dei meccanismi correlati al Ca2 +, viene ritenuto anche alla base degli effetti antiasmatici. [23,35,36,37,38] Anche gli alcaloidi contenuti nella corteccia di Magnolia possono contribuire agli effetti antispastici che tuttavia, nel caso di uso in forma di decotto, si verificano solo ad alti dosaggi come dimostrato dall’uso tradizionale per alleviare gli spasmi dei bronchioli e gli spasmi intestinali. Uno specifico alcaloide contenuto nella corteccia di Magnolia cioè il “Magnocurarine” è stato molto studiato come potenziale farmaco rilassante muscolare in Giappone. [18]

 

Razionali dell’ attività terapeutica nell’asma

L’asma è una malattia cronica caratterizzata da attacchi ricorrenti di mancanza di respiro e respiro sibilante, che variano in gravità e frequenza da persona a persona (WHO, 2016). Secondo le stime dell’OMS, 235 milioni di persone soffrono di asma, con prevalenza comprese tra l’1% e il 18% in tutti i paesi. Inoltre, rappresenta uno dei più diffusi condizioni croniche tra i bambini e causa grandi oneri finanziari oltre che gravi conseguenze sulla salute e compromettendo la qualità della vita. [39] Le cause dell’asma non sono completamente comprese e la patologia non può essere curata, ma un’appropriata gestione può controllare il disturbo. [40] In Cina e in tutta l’Asia diversi fattori socio-culturali condizionano la fiducia nella medicina occidentale e sui corticosteroidi, con conseguente non aderenza a trattamenti convenzionali e favoriscono il ricorso ai rimedi medicinali tradizionali a base di erbe. [41] Per esempio, il Saiboku-To, una miscela giapponese di dieci diversi estratti di erbe che includono Magnolia officinalis, è stato studiato per evitare la dipendenza dai corticosteroidi nell’asma grave e per ridurre i dosaggi di corticosteroidi. Questa medicina a base di erbe è anche nota per il suo generale utilizzo nell’asma bronchiale [11] e nel sistema medicinale tradizionale cinese “Houpo” (corteccia di M. obovata e / o M. officinalis), è ampiamente utilizzata per il trattamento della costrizione toracica e dell’asma. [42] Homma et al. (1993) [43] hanno suggerito che il magnololo, come inibitore della 11β-idrossisteroide deidrogenasi, e coinvolgendo la proliferazione dei linfociti T, potrebbe essere il responsabile dell’effetto terapeutico del Saiboku-To con conseguente riduzione di dosaggio di corticosteroidi. Gli effetti della Magnolia sull’asma sono di due tipi: (1) Magnolia officinalis inibisce la blastogenesi dei linfociti umani, in vitro, in modo dose-dipendente. L’effetto anti-asmatico viene ricondotto alla soppressione della reazione allergica di tipo IV (linfociti-mediata) [11] (2) gli estratti di Magnolia inducono la broncodilatazione attraverso rilassamento muscolare dipendente da effetto antagonista del Ca2 + effetto che dipende principalmente dal magnololo e dall’onokiolo. Inoltre, alcaloidi come la (R)-coclaurina e la (S)-la reticolina inibiscono la contrazione muscolare indotta dall’acetilcolina. [11,42] Gli effetti di honokiolo e magnololo sulle risposte contrattili muscolari e sulla mobilizzazione intracellulare di Ca2 + sono stati studiati nell’utero di ratto non gravido; entrambi i lignani (a concentrazioni 1–100 μmol / L) si sono dimostrati inibitori degli agonisti spontanei e uterotonici (carbacholo, PGF-2α e ossitocina) in modo dipendente dalla concentrazione. Il tasso di inibizione dell’onokiolo sulle contrazioni spontanee sembrava essere più lento di quello indotto dal magnololo. [36] In un studio non comparativo, come terapia aggiuntiva, in 148 pazienti con asma da lieve a moderata che usavano per inalazione corticosteroidi, un estratto di corteccia e fiori di Magnolia aveva dimostrato un effetto benefico sul controllo dell’asma. [64]

 

Razionali dell’attività antinfiammatoria

Come noto l’infiammazione, è una risposta protettiva che coinvolge cellule immunitarie, vasi sanguigni e mediatori molecolari e fa parte della complessa risposta biologica del corpo tessuti a stimoli dannosi, come agenti patogeni, agenti danneggianti o irritanti le cellule. [44] Nel complesso processo infiammatorio vengono ritenuti fattori critici partecipanti un’ampia serie di cascate di segnalazione composte da pattern recettoriali di riconoscimento (ad es. recettore Toll-like 4 (TLR4)), tirosin chinasi di tipo non recettoriale (es. Src e Syk), chinasi serina / treonina (protein chinasi C (PKC), PKA, PI3K e AKT), MAPK e vari fattori di trascrizione, come NF-KB. [45,46] L’ossido nitrico risulta inoltre un mediatore fisiologico di rilassamento delle cellule endoteliali e svolge un ruolo chiave nella via infiammatoria in risposta a citochine pro-infiammatorie e batteriche e rappresenta una delle principali molecole di difesa in quanto tossica contro organismi infettivi, inoltre è un attore chiave nella patogenesi di una varietà di malattie infiammatorie. [11] L’ossido nitrico regola notevolmente il funzionamento, l’attività, la crescita e la morte di molti tipi di cellule immunitarie infiammatorie compresi macrofagi, linfociti T, cellule presentanti l’antigene, mastociti, neutrofili e cellule natural killer. [47,48,49,50] Il fattore NF-κB promuove la trascrizione di geni coinvolti nelle risposte pro-infiammatorie. Nei macrofagi, il NF-κB è attivato da segnali extracellulari infiammatori come LPS, IL-1 e il fattore di necrosi tumorale α (TNF-α) e regola un ampio numero di geni infiammatori, inducendo ulteriore infiammazione attraverso mediatori, inclusi NO · e citochine.[51] Un secondo importante fattore di trascrizione è la proteina attivatrice 1 (AP-1), che è ubiquitaria ed è un complesso proteico dimerico composto da Jun che attiva anche la sottofamiglia Fos.[52] Il fattore AP-1 può essere attivato da molti stimoli fisiopatologici, compreso LPS, specie reattive dell’ossigeno (ROS), fattori di crescita mitogenici, citochine infiammatorie, fattori di crescita del fattore di crescita trasformante-β, radiazioni ultraviolette (UV) e ionizzanti, stress cellulare, legame dell’antigene e trasformazione neoplastica. In risposta a diversi stimoli, il fattore AP-1 è in grado di attivare diversi set di geni per la differenziazione, proliferazione, apoptosi [53] e risposta infiammatoria.[54] Nella rete della cascata di proteine chinasi la famiglia MAPK contiene almeno 3 proteine chinasi in serie che si esprimono nell’attivazione come una MAP chinasi multifunzionale.[55] Le MAP chinasi sono i componenti principali dei percorsi di controllo dell’embriogenesi, della differenziazione cellulare, della proliferazione cellulare e della morte cellulare [56] e svolgono un ruolo significativo nella cancerogenesi e in reclutamento dei leucociti nei siti di infiammazione [5] AP-1 e MAPK attivano differenzialmente le vie infiammatorie, a seconda degli stimoli e dei tipi di cellule. [11] La cicloossigenasi 2 (COX2), indotta nelle cellule da citochine pro-infiammatorie e fattori di crescita, risulta notevolmente aumentata nei comuni stati infiammatori. La COX2 è un enzima chiave nella sintesi degli eicosanoidi pro-infiammatori (prostaglandine (PG), trombossani (TBX), leucotrieni, ecc.). Come precedentemente esposto la produzione di ossido nitrico , le espressioni di iNOS, IL-1β, TNF-αe COX, la generazione di eicosanoidi, oltre all’ attivazione di MAPK, AP-1 e dei percorsi di NF-κB, possono riflettere il grado di infiammazione e sono diventati quindi indicatori importanti tramite i quali valutare i processi infiammatori e antinfiammatori. [23] Una serie veramente ampia di studi hanno dimostrato che tutti questi principali indicatori sono positivamente influenzati dai lignani della Magnolia. [57,58,59,61] I neolignani della Magnolia dimostrano di modulare le cascate di segnalazione Ras, Raf e MAPK, di sottoregolare l’attivazione di NF-KB e il blocco dell’attivazione di NF-KB mediata da CD40 e la proteina di membrana latente 1. [11,60,61] Tra i lignani, è stato dimostrato che l’honokiolo e il magnololo inibiscono la formazione di eicosanoidi (prostaglandina D2, PGE2, leucotriene C4 , LTB4 e trombossano B2), probabilmente attraverso l’inibizione di fosfolipasi A2, COX, 5-lipossigenasi, LTC4 sintasi e dell’attività dell’idrolasi LTA4. [61]

 

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“Biological activity and toxicity of the Chinese herb Magnolia officinalis Rehder & E. Wilson (Houpo) and its constituents.”  

Mélanie POIVRE, Pierre DUEZ (1)

Author information:

1) Unit of Therapeutic Chemistry and Pharmacognosy, Faculty of Medicine and Pharmacy,Research Institute for Health Sciences and Technology, University of Mons–UMONS, Mons, Belgium

Abstract

Traditional Chinese herbal drugs have been used for thousands of years in Chinese pharmacopoeia. The bark of Magnolia officinalis Rehder & E. Wilson, known under the pinyin name “Houpo”, has been traditionally used in Chinese and Japanese medicines for the treatment of anxiety, asthma, depression, gastrointestinal disorders, headache, and more. Moreover, Magnolia bark extract is a major constituent of currently marketed dietary supplements and cosmetic products. Much pharmacological activity has been reported for this herb and its major compounds, notably antioxidant, anti-inflammatory, antibiotic and antispasmodic effects. However, the mechanisms underlying this have not been elucidated and only a very few clinical trials have been published. In vitro and in vivo toxicity studies have also been published and indicate some intriguing features. The present review aims to summarize the literature on M. officinalis bark composition, utilisation, pharmacology, and safety.

 

Key words: Magnolia bark; Houpo; Chinese herb; Traditional Chinese medicine
PMID: 28271656;
PMCID: PMC5365644

 

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Newsletter Ayurveda nr. 64 – Novembre 2020

Newsletter n° «64»

Novembre 2020

Ayurveda e fibromialgia.

 

Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine 2013 (2013). 

“ADDITIVE COMPLEX AYURVEDIC TREATMENT IN PATIENTS WITH FIBROMYALGIA SYNDROME COMPARED TO CONVENTIONAL STANDARD CARE ALONE: A NONRANDOMIZED CONTROLLED CLINICAL PILOT STUDY (KAFA TRIAL).”  

Kessler, Christian S., et al.  

 

La newsletter

La fibromialgia, o sindrome fibromialgica, è una malattia caratterizzata da dolori diffusi. È conosciuta anche col nome di ”malattia invisibile” perché tutte le indagini risultano negative e il paziente appare sano. La fibromialgia appare come una sindrome dei tempi moderni. La fibromialgia è molto frequente soprattutto nelle donne, ma può manifestarsi anche in bambini o anziani, e si caratterizza per un andamento progressivamente invalidante che incide negativamente sulla qualità di vita ed ostacola significativamente anche l’attività lavorativa. L’origine della malattia non è ancora chiara ma si pensa che in essa vi sia una importante amplificazione delle sensazioni dolorose dipendente da un’alterazione del modo in cui il cervello elabora i segnali del dolore con un coinvolgimento di sostanze, come serotonina e adrenalina, che nel sistema nervoso centrale regolano la percezione del dolore. La difficoltà di diagnosi è prevalentemente legata al fatto che questi sintomi dolorosi non sono collegabili a cause patologiche di natura infiammatoria. Tra gli eventi causali vi possono essere traumi di natura fisica o psicologica e tutte le quotidiane forme di stress. La fibromialgia (FMS) è una condizione di difficile gestione nei sistemi sanitari di tutto il mondo e anche nel mondo occidentale vi è un crescente ricorso anche a trattamenti complementari ed integrativi (CIM) come la medicina ayurvedica. Nelle fonti l’Ayurveda non inquadra la fibromialgia in modo specifico ma descrive un quadro sintomatologico molto simile in ”vatavyadhi”.

La newsletter propone la lettura di uno studio clinico, tra i pochi disponibili, condotto in Germania che ha concluso che, in casi di fibromialgia grave trattati con terapia ayurvedica, confrontata con la terapia convenzionale, la gestione multidisciplinare ayurvedica (fisioterapia di gruppo, idroterapia, terapia termale, terapia psicosomatica, esercizio aerobico, esercizio in piscina, educazione alla terapia cognitivo comportamentale, terapia occupazionale, e terapia specifica del dolore) ha mostrato miglioramenti significativi sulla qualità di vita e sui sintomi secondari (dolore, percezione del dolore, depressione, ansia e qualità del sonno). Lo studio suggerisce che la terapia ayurvedica non è inferiore al trattamento convenzionale nei pazienti con FMS grave. La newsletter, prendendo spunto dall’articolo in evidenza propone a seguire una panoramica della visione e della gestione ayurvedica delle fibromialgia proponendo una sintesi delle evidenze di effetto delle singole discipline: consigli di vita, massaggio, panchakarma, esercizio fisico, yoga, meditazione respirazione, sonno, alimentazione.

 

La fibromialgia

Il termine ”fibromialgia” deriva dal latino, fiber, che in questo contesto significa ”tessuto fibroso”, dal greco mioos, “muscolo” e algos, ”dolore” e quindi il termine significa letteralmente ”dolore muscolare e del tessuto connettivo”. [1]

La fibromialgia (FMS: Fibromyalgia syndrome), un tempo conosciuta anche come ”fibrosite” (William Gowers, 1904) è una condizione cronica di dolore diffuso, rigidità e sensibilità di muscoli e tendini che si accompagna a sonno agitato, risvegli notturni, sensazione continua di stanchezza, ansia, depressione e disturbi della funzione intestinale. [2]

Da un punto di vista fisiopatologico la fibromialgia rappresenta un’anomalia poiché si manifesta con dolore diffuso che non dipende da accertate cause patologiche infiammatorie. Si tratta di una condizione ancora non del tutto compresa e in alcuni casi non accettata dalla medicina convenzionale. [1]

Secondo gli studi epidemiologici sulla popolazione mondiale la stima della prevalenza del CWP (Chronic widespread pain) oscilla dal 7% all’11% e quello della sindrome fibromialgica (FMS) è compresa tra 1% e 5%. [3]

La fibromialgia colpisce prevalentemente le donne (oltre l’80% delle persone colpite sono donne) di età compresa tra 35 e 55. Meno comunemente, la fibromialgia può colpire anche uomini, bambini e anziani. Può manifestarsi indipendentemente o può essere associata a un’altra malattia, come il lupus sistemico o l’artrite reumatoide. La prevalenza della fibromialgia varia nei diversi paesi. [2]

A causa della fibromialgia i pazienti soffrono angoscia considerevole per la loro condizione vivendola come una menomazione della loro qualità di vita, con conseguenti e notevoli costi diretti e indiretti sociali per malattia. [3]

Dal venti al cinquanta per cento questi pazienti lavorano poco o non lavorano nonostante siano negli anni di massima produttività. I pagamenti di invalidità vengono ricevuti dal 26% -55% dei pazienti con FM rispetto alla media nazionale americana del 2% dei pazienti che ricevono pagamenti di invalidità per altre cause. [5]

La FM rappresenta il più grande motivo di disabilità nella donne in Norvegia. I costi dell’assistenza sanitaria sono tre volte superiori tra i pazienti affetti da FM rispetto ad altri gruppi. [5]

Pazienti e i medici curanti sono spesso allo stesso modo delusi dai risultati del trattamento. [3]

La classificazione e il trattamento di questa sindrome si presentano come complesse questioni controverse, non solo all’interno delle società di specialità mediche, ma anche tra pazienti e le loro famiglie. Molti reumatologi, neurologi, e specialisti del dolore, così come molti pazienti, considerano la sindrome fibromialgica (FMS) come una malattia associata a cambiamenti patologici nei muscoli e nel tessuto connettivo in presenza anche di anomalie funzionali del sistema nervoso centrale.[3]

In linea con questa concezione neurobiologica, la European League Against Rheumatism (EULAR), un comitato di esperti composto principalmente da reumatologi, ha espresso come raccomandazione terapeutica esclusivamente il trattamento con farmaci [3], tuttavia molti specialisti in medicina psicosomatica concettualizzano il complesso dei sintomi di FMS come un tipo di disturbo somatoforme [3], mentre molti psichiatri lo vedono come un tipo di disturbo affettivo. [3]

Per questi motivi queste categorie di specialisti raccomandano la psicoterapia o una terapia con farmaci psicotropi sostenendo il fatto che la fibromialgia non sia determinata da processi di natura reumatica che coinvolgono muscoli e tessuto connettivo. [3]

Molti pazienti tuttavia rifiutano una riduzione di questa condizione a cause puramente somatiche. Dall’esame di circa 8000 pubblicazioni uno studio ha concluso che questo disturbo è definito dai suoi sintomi e segni, piuttosto che da qualsiasi coerente identificazione di lesione corporea; il termine ”sindrome fibromialgica” è un’altra definizione appropriata di ”fibromialgia”. La FMS è stata definita secondo i criteri dell’American College of Rheumatology (ACR) ed è attualmente classificata come sindrome somatico funzionale. La FMS viene diagnosticata sulla base della tipica costellazione dei sintomi e dall’esclusione di malattie infiammatorie e metaboliche che potrebbero causare gli stessi sintomi. [3]

In generale l’approccio terapeutico prevede la decisione congiunta di medico e paziente sulle opzioni di trattamento consigliato tra le quali vi sono esercizio aerobico, amitriptilina, terapia cognitivo comportamentale, ricorso a medicine alternative come l’Ayurveda. La fibromialgia è una delle sindromi più comuni che colpiscono i muscoli che portano a dolore cronico e disabilità in assenza di infiammazione dei tessuti, pertanto, nonostante il dolore corporeo potenzialmente invalidante, i pazienti con fibromialgia non sviluppano danni o deformità del corpo. La fibromialgia non causa danni agli organi interni del corpo e per questo motivo la fibromialgia è diversa dalle condizioni francamente reumatiche (come l’artrite reumatoide, il lupus sistemico e la polimiosite) in cui l’infiammazione dei tessuti è la principale causa di dolore, rigidità e debolezza di articolazioni, tendini e muscoli e può portare a deformità articolari e danni agli organi interni o ai muscoli. [2]

La FMS non provoca degenerazione delle articolazioni ed il dolore che provoca non deve essere confuso con quello dei tessuti molli causato dalla sindrome del dolore miofasciale che coinvolge in gran parte un singolo muscolo o gruppo muscolare. [2]

I criteri diagnostici specifici della FMS includevano negli anni’90 la presenza di dolore diffuso per almeno tre mesi, che colpisce entrambi i lati del corpo, sia sopra che sotto la vita, nonché la presenza di almeno 11 dei 18 punti della specifica scala di valutazione del dolore stabiliti nel 1990 dall’l’American College of Rheumatology (trigger points). Tuttavia non esistendo esami ematochimici o esami per immagini che orientino il medico specificamente alla diagnosi di fibromialgia (questi test vengono eseguiti per escludere altre possibili diagnosi) attualmente la diagnosi di fibromialgia viene effettuata esclusivamente su basi cliniche, sulla base dell’anamnesi e dell’esame obiettivo del medico secondo criteri (attualmente meno rigidi) riassumibili in dolore diffuso della durata di almeno tre mesi e nessun’altra condizione sottostante che potrebbe causare il dolore. [2]

Anche se non esiste uno specifico esame del sangue per la fibromialgia, gli esami del sangue sono importanti per escludere altre condizioni mediche. Pertanto, i livelli di ormone tiroideo e di calcio nel sangue sono utili per escludere ipercalcemia, iperparatiroidismo e ipotiroidismo. Il livello di fosfatasi alcalina nel sangue (un enzima osseo) è spesso aumentato nei pazienti con malattia ossea di Paget. Il livello di CPK (un enzima muscolare) è spesso elevato nei pazienti con polimiosite, una malattia con infiammazione muscolare diffusa. Pertanto, la valutazione di fosfatasi alcalina e livelli ematici di CPK può aiutare il medico a decidere se la malattia di Paget e la polimiosite siano le cause dei dolori ossei e muscolari. Un esame emocromocitometrico completo (CBC) e esami del fegato aiutano nella diagnosi di epatite e altre infezioni. Il livello di vitamina D nel sangue può indicare un’insufficienza di vitamina D. [2]

La fibromialgia può manifestarsi da sola o in associazione con altre condizioni reumatiche sistemiche. Le condizioni reumatiche sistemiche si riferiscono a malattie che possono causare infiammazione e danni a numerosi tessuti e organi del corpo. Le condizioni reumatiche sistemiche associate alla fibromialgia includono il lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide, la polimiosite e la polimialgia reumatica. Gli esami del sangue che sono utili per valutare queste malattie, quando si sospettano, includono la velocità di eritrosedimentazione (ESR), l’elettroforesi delle proteine sieriche (SPEP), l’anticorpo antinucleare (ANA) e il fattore reumatoide (RF). Nei pazienti con fibromialgia senza malattie sistemiche associate, gli esami del sangue ESR, SPEP, ANA e RF sono generalmente normali. [2]

Secondo le recenti evidenze scientifiche la sindrome fibromialgica (FM) sarebbe quindi una condizione che deriva da una disfunzione del sistema nervoso centrale, che causa, come affermato in Fibromialgia and Chronic Myofascial Pain Syndrome, A Survival Manual [6], ”risposte ritardate, inappropriate ed esagerate del sistema nervoso autonomo a stimoli interni per cause anche passate da tempo”. Questa condizione determinerebbe quindi un’iperattività dei nervi interferendo con la fisiologica funzione e causando un’ampia gamma di sintomi. Uno dei sintomi più diffusi è il dolore cronico diffuso, spesso descritto come allodinia, in cui il paziente avverte la percezione di dolore derivante da uno stimolo che normalmente non sarebbe doloroso. Molti pazienti confondono questo dolore con i dolori muscolari dell’influenza. [5]

Un altro dei sintomi più compromettenti della sindrome fibromialgica è l’affaticamento cronico che può essere così grave che i pazienti trovano difficile o impossibile eseguire le attività più semplici, come alzarsi dal letto o masticare il cibo. Problemi cognitivi, come linguaggio confuso, disorientamento e reazione ritardata, completano la tripletta dei sintomi della fibromialgia più frequenti. Le condizioni coesistenti comuni includono ansia, depressione, disturbi del sonno, mal di testa, vertigini, sensazione di testa vuota, sindrome delle gambe senza riposo (RLS), disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM), sindrome dell’intestino irritabile (IBS), prurito della pelle e molti altri. Molte persone con fibromialgia sono altamente sensibili al tatto, all’olfatto, al suono (il ronzio delle luci fluorescenti, ad esempio, può causare mal di testa e irritabilità), alla luce e molte hanno persino sensibilità elettromagnetica, diventando tese, nervose, incapaci di dormire. La maggior parte di questi sintomi è sempre presente a vari livelli, ma i pazienti spesso percepiscono anche un aumento dei sintomi medi giornalieri come in forma di ”riacutizzazione”. [5]

I sintomi possono peggiorare con l’attività giornaliera, il clima freddo o umido, l’ansia e lo stress. [7]

La causa della fibromialgia è sconosciuta, sebbene attualmente si ritenga che trovi origine in un trauma grave, fisico o emotivo come fattore scatenante per l’esordio dei sintomi. Dopo l’evento scatenante iniziale, lo stress si comporterebbe come amplificatore. La fibromialgia non è una condizione autoimmune. Le scansioni cerebrali mostrano una maggiore percezione del senso di dolore ad una minore digitopressione su specifici punti corporei dei pazienti con fibromialgia rispetto ai soggetti di controllo. Gli studi mostrano anche che i pazienti con fibromialgia hanno livelli più alti del normale di alcuni neurotrasmettitori coinvolti nella elaborazione del dolore, come la sostanza P (SP), il fattore di crescita nervosa (come facilitatore di SP) e il glutammato. Gli studi hanno anche dimostrato una mancanza di sostanze neurochimiche che inibiscono il dolore, come la serotonina, la norepinefrina e la dopamina. La sostanza P ha anche dimostrato di disturbare il sonno quando è presente in quantità anormalmente elevate. [5]

I pazienti con fibromialgia sono comunemente trattati nel mondo occidentale con farmaci che includono analgesici, antidepressivi, farmaci per dormire, rilassanti muscolari e farmaci anti-ansia. Attualmente, tre farmaci sono approvati dalla FDA per il trattamento della fibromialgia. Due di questi farmaci influenzano i livelli di serotonina e norepinefrina nel cervello. L’altro funziona nella fibromialgia bloccando l’iperattività in eccesso delle cellule nervose coinvolte nella trasmissione del dolore. [5]

Con i farmaci, i pazienti possono trovare sollievo per un po’, ma questi trattamenti pongono una serie di problemi di eventuali effetti collaterali a breve o a lungo termine. [5]

 

L’ayurveda e la gestione della fibromialgia

Anche per la gestione della fibromialgia è crescente nel mondo occidentale il ricorso alle Medicine non convenzionali o Tradizionali come l’Ayurveda sulla base delle evidenze tradizionali confermate da una crescente disponibilità di studi scientifici. Nella gestione della fibromialgia l’Ayurveda può contribuire positivamente grazie alla globalità del suo approccio che come noto prevede l’utilizzo di erbe, composti minerali, regimi dietetici, fisioterapia (e chirurgia) in associazione anche con lo yoga per cercare di stabilire un’armonia all’interno del corpo. L’Ayurveda utilizza anche la pressione Marma su specifiche regioni sensibili del corpo e questi trattamenti possono essere palliativi, purificanti o consentire anche l’eradicazione della malattia. [1]

Secondo l’Ayurveda la fibromialgia può essere descritta come un disturbo ”Mansa Dhatugat” (che coinvolge il tessuto muscolare) e ”Mansavrut Vata” (squilibrio di vata che coinvolge il tessuto muscolare). [1]

La fibromialgia viene quindi percepita come causata da un principale squilibrio di Vata il cui aggravamento destabilizza il sistema nervoso e può creare ipersensibilità che porta a dolore e debolezza inoltre il concorso dell’accumulo di Ama (tossine) e di Sroto-avarodha (blocco dei canali corporei) contribuiscono alla genesi del disturbo. [1]

L’Ayurveda individua l’aggravamento di Vata dosha e l’accumulo di Ama (tossine) come le cause primarie di questa sintomatologia che dovrebbero essere trattate con priorità oltre ad affrontare gli eventuali problemi intestinali così come gli effetti dello stress cronico. Partendo dall’inquadramento della fibromialgia come malattia ”vatavyadhi” l’Ayurveda quindi si concentra sia su Vata samshamana (riequilibrio) che su samshodhana (purificazione) che vengono viziati a causa dell’accumulo di ama (tossine) e per questi motivi la gestione ayurvedica della fibromialgia include una combinazione di terapie Panchakarma, farmaci interni, dieta rigorosa e modifiche dello stile di vita. Gli interventi di pre-purificazione, in particolare “Snehan” (Oleazione / Massaggio) e “Swedan” (Sudorazione), sono molto utili per bilanciare “Vata” e per eliminare le tossine e specifiche miscele di erbe possono essere aggiunte al vapore per un ulteriore miglioramento di effetto. [1]

La prospettiva ayurvedica prende in considerazione molti fattori che possono essere coinvolti nel dolore cronico e nella debolezza associati alla condizione di fibromialgia. Questi fattori non sono sempre gli stessi per ogni individuo. Tuttavia, in generale, l’Ayurveda, considera l’aggravamento di Vata dosha (dovuto a margavarodha) e l’accumulo di Ama (tossine) come le cause primarie della fibromialgia che può essere catalogata in vātavyādhi (malattie causate principalmente da Vāta Dosha viziato). [2]

Vātavyādhi sono malattie di natura cronica e imprevedibili, difficili da curare, che coinvolgono principalmente il sistema muscolo-scheletrico e il sistema nervoso, ma col tempo colpiscono anche uno o più tessuti aggiuntivi. Nei testi antichi Vātavyādhi è descritta come il manifestarsi di una varietà di sintomi e segni possibili e mutevoli tra cui dolore, rigidità, contrattura, affaticamento, perdita graduale di movimento e disturbi mentali e questa descrizione è notevolmente simile alla moderna descrizione della fibromialgia. Secondo l’Ayurveda la patogenesi di Vātavyādhi ha origine nel tratto gastrointestinale (anna vaha srota) e poi si dirama attraverso i madhyama rogamarga (i canali medi del processo patogeno della malattia) in particolare ai tessuti muscolari (mamsa dhatu) e ai loro canali corrispondenti. L’immediata dolenzia al tocco anche leggero sui muscoli (sparshasahyata) è una caratteristica unica della malattia. La malattia ha un decorso cronico con malessere, anoressia, pesantezza del corpo, nausea ed anche febbre intermittente che sono causa della progressiva disabilità dei pazienti. [2]

La comprensione Ayurvedica della fibromialgia come Vātavyādhi può essere spiegata analizzando in essa il coinvolgimento dei dosha e di Ojas.

Pitta è il principio del fuoco. È molto intelligente e motivato al successo. Governa la digestione. È volitivo, naturalmente competitivo e mira alla perfezione. Maya Tiwari dice: ”I Pitta invitano nella loro vita quanti più stimoli riescono a racimolare e richiedono sempre un perfetto funzionamento dai loro corpi”. [8] Secondo la teoria psicologica della personalità (Theory of personality: Allport and Odbert,1936) la ”personalità di tipo A” è un ottimo esempio di pitta. Quando la ricerca della perfezione diventa un’ossessione, pitta perde facilmente il sonno. Un sonno regolare e di qualità è estremamente importante per i pazienti con fibromialgia. Quando pitta è sbilanciata, è irritabile, giudicante, impaziente e facilmente arrabbiato. Pitta è il dosha coinvolto nell’infiammazione, quindi quando pitta aumenta, aumenta anche l’infiammazione. [5]

Vata è il principio dell’aria e dello spazio. È amorevole e spirituale. Governa il sistema nervoso. Promuove la creatività e la flessibilità, la felicità e la gioia. È molto mobile con un elevato senso del tatto e rapide fluttuazioni di energia. Ha una natura delicata, sensibile e consapevole. Vata è incline a insonnia, diarrea e costipazione, perdita di acutezza sensoriale, incoerenza del linguaggio e spesso ha una cattiva circolazione. Quando la mente vata è sbilanciata, è facilmente distratta, fatica nel concentrarsi e cadere in esaurimento. È incline a preoccuparsi, e prova paura, ansia e insicurezze. Quando vata è stanco, piuttosto che riposare, preferisce usare stimolanti per andare avanti (Tiwari). Gli stimolanti riducono ulteriormente l’energia di vata, facendo sì che vata richieda ancora più stimolanti. Tremori e spasmi sono spesso causati da uno squilibrio di vata, che potrebbe spiegare i sintomi di RLS. Il dolore cronico è un segno di vata sbilanciato. La tensione muscolare, la lombalgia e la sciatica sono anche dovute a vata aggravata, e sono condizioni che molti pazienti con fibromialgia spesso riferiscono. [5]

Kapha è il principio della terra. È pesante e ostinato. Kapha può aumentare come effetto collaterale l’aggravamento di vata / pitta della fibromialgia, manifestandosi con depressione, compiacimento e aumento di peso. [5]

Ojas è l’energia essenziale del corpo, o ”ciò che rinvigorisce. [9] ”Conosciuto anche come il ”fluido della vita”, è l’essenza di tutti i tessuti corporei e contiene in sé il potere del ringiovanimento. Dopo la digestione e l’assimilazione, ojas è ciò che resta. Nutre tutti i tessuti del corpo. Quando ojas è abbondante, l’immunità è alta. Quando l’ojas è carente, si materializzano debolezza, affaticamento e, infine, la malattia. Le persone con fibromialgia devono costruire ojas per aumentare la salute. Erbe speciali come l’Ashwagandha contengono elevate quantità di ojas. Anche il mantra e la meditazione sono una parte importante per generare ojas. [5]

Dalla sintesi di cui sopra è facilmente deducibile come gli squilibri dei dosha interessati rappresentino ”la tempesta perfetta” per il paziente con fibromialgia. Secondo l’Ayurveda quindi la manifestazione fisica della fibromialgia può essere probabilmente causata da un prevalente squilibrio vata guidato da una mente pitta. Una disfunzione del sistema nervoso è perpetuata da un eccesso di vata e aggravato dall’intensità di pitta. I pazienti con fibromialgia dovrebbero prendere in considerazione la riduzione di vata per ridurre i sintomi fisici, mentre dovrebbero imparare i modi per calmare gli squilibri di pitta nella mente al fine di prevenire l’attivazione del ciclo che può causare futuri eventi scatenanti. Come anticipato i trattamenti convenzionali occidentali per il dolore prevedono l’uso di antidolorifici da banco e da prescrizione, rilassanti muscolari e talvolta anche interventi chirurgici. L’Ayurveda vede il dolore come uno squilibrio di vata, a volte aggravato da uno squilibrio di pitta quando è coinvolta l’infiammazione. L’Ayurveda propone una vasta disponibilità di rimedi per alleviare il dolore e gestire i sintomi della fibromialgia in individui pitta-vata con uno squilibrio di uno o entrambi questi dosha e tiene primariamente conto che ogni persona ha una costituzione molto personalizzata che deve essere tenuta in considerazione. [5]

Di seguito vengono proposti i razionali di alcuni rimedi ayurvedici per il trattamento della fibromialgia ed una sintesi delle evidenze cliniche disponibili che ne dimostrano l’efficacia.

 

Alcuni consigli ayurvedici per la gestione della fibromialgia

Vivi nella natura: il contatto con la natura calma il sistema nervoso e diminuisce vata. Gli ambienti freschi e umidi sono ideali per i tipi vata-pitta. Fai una passeggiata in un parco, in spiaggia o vicino a un lago. Inizia a coltivare un tuo orto o occupati di uno di quelli dei tuoi vicini o di un orto comunitario. Conserva fiori freschi nel tuo spazio vitale. Movimento: pratica yoga, fai una nuotata, fai una passeggiata. Anche solo 5-10 minuti di stretching yoga delicato, strutturato e in stile Vinyasa possono alleviare il dolore. La dolcezza raffredda pitta e calma vata. Il focus sulla struttura dà alla mente pitta un obiettivo su cui lavorare, mentre il movimento continuo dello stile vinyasa dà alla mente vata, facilmente distratta, qualcosa su cui rimanere concentrati. Diminuisci l’infiammazione: quando pitta è alta, aggiungi erbe e cibi anti-infiammatori alla tua cucina. La curcuma è un’ottima spezia antinfiammatoria. L’aloe vera allevia anche l’infiammazione del tratto digerente ei suoi effetti sono anti-pitta. Il tè della radice di ricino è una sostanza antinfiammatoria ed è usato per trattare molti disturbi vata. [5,10] Rimani idratato: la disidratazione aumenta l’infiammazione. Evita il freddo, il ghiaccio e le bevande ghiacciate: Sembrerebbe logico pensare che il ghiaccio e il freddo raffredderebbero il fuoco intenso di pitta, tuttavia, la digestione che pitta controlla ha bisogno di un po’di fuoco. Troppo freddo o umido spegnerà il fuoco e rallenterà la digestione, facendo rallentare il flusso naturale di energia nel corpo e, a volte, addirittura interrompendolo. [5] Terapia del colore: Il rosso crea calore nel corpo e stimola la circolazione. Inoltre fornisce energia al tessuto nervoso. Il verde calma le emozioni e porta la felicità al cuore. Il rosso, l’arancione, il giallo e il verde aiutano ad alleviare vata e il kapha aggravati, ma la sovraesposizione può aggravare la pitta. Il blu ha un effetto calmante e rinfrescante sul corpo e sulla mente. Il viola porta il risveglio della consapevolezza. Il blu e il viola alleviano il pitta e kapha aggravati, ma un uso eccessivo può aggravare il vata. [5,10] Terapia delle gemme: L’ametista aiuta a controllare il temperamento emotivo ed è utile per gli squilibri di vata e pitta. La pietra di luna calma la mente e la sua energia rinfrescante aiuta ad alleviare i disturbi di vata e pitta. Le perle sono utilizzate per la guarigione e la protezione contro la rabbia. Lo zaffiro blue e viola ha un effetto neutralizzante su vata ed aiuta in malattie come la sciatica, il dolore neurologico e tutti i disturbi vata. [5] Esci dalla tua testa: aiutare gli altri o fare volontariato diminuisce la pitta. [5] Routine: è importante che i pazienti con fibromialgia stabiliscano una routine. I soggetti vata-pitta hanno più bisogno di stabilità. Per aiutare a ridurre vata-pitta quando possibile, svegliati tra le 5:30 e le 6:00; fai colazione tra le 7:30 e le 8:00, pranzo dalle 11 alle 12 e cena tra le 18:00 e le 19:00; vai a letto tra le 22:00 e le 23:00. La regolarità dell’orario del coricarsi è fondamentale per stabilire per un sonno di qualità. [5] Le stagioni: L’autunno e l’inverno, quando le temperature sono fredde e l’aria è secca e ventosa, sono i periodi in cui la vata si aggrava facilmente. Vestiti in modo caldo e mangia cibi caldi, umidi e leggermente oleosi. Evita frutta secca e cibi ad alto contenuto proteico. In estate, evita cibi caldi, piccanti e pungenti che aggravano pitta. Stai lontano dalla luce solare diretta a mezzogiorno quando è più caldo. [5] Diminuisci gli stimoli: quando non necessari spegni la TV, il telefono, il computer e tutti gli altri dispositivi elettronici perché la stimolazione dell’elettronica, compresi i loro ronzii e le frequenze emesse, aumentano vata. [5]

 

L’importanza del massaggio nella fibromialgia

Molti studi hanno dimostrato che il massaggio è efficace nella gestione del dolore, dell’ansia e della depressione nella fibromialgia. [11]

Abhyanga è un tipo di massaggio ayurvedico che utilizza olio caldo e pressioni e gesti molto specifici. Viene spesso eseguito da due persone su una. Nell’impossibilità di sottoporsi ad Abhyanga, il regolare auto massaggio con olio è analogamente vantaggioso. Secondo l’Ayurveda, il massaggio con olio dona tono e vigore ai dhatus (tessuti) del corpo. Il massaggio nella direzione delle fibre muscolari allevia gli spasmi muscolari, la tensione e il dolore. [5]

Dal punto di vista delle evidenze il massaggio è una delle più antiche terapie curative utilizzate da migliaia di persone di anni. [1,34]

È considerata una terapia complementare negli Stati Uniti ed è una delle più popolari in Europa. [1]

I pazienti in genere valutano l’esperienza come soddisfacente o piacevole, il che potrebbe essere il motivo per cui è così popolare, in particolare tra quelli con fibromialgia. [1]

Un articolo ha valutato il massaggio come la seconda migliore terapia alternativa per i pazienti con fibromialgia. [1,35]

Il massaggio viene inquadrato come applicazione della manipolazione sistematica ai tessuti molli del corpo a scopo terapeutico. [1]

Si ritiene che il massaggio possegga efficienze sia fisiologiche che psicologiche, i cui effetti sono altamente interattivi. [1]

L’effetto fisiologico può essere di natura meccanica o riflessa. [1]

Uno studio conclude che i pazienti con fibromialgia che hanno ricevuto interventi medici alternativi hanno espresso la massima soddisfazione nei casi in cui è stato utilizzato un massaggio ”delicato” e meno profondo. [1,36]

Gli oli topici massaggiati sulla pelle possono ridurre l’intensità del dolore. Gli oli ”caldi”, sia per la temperatura che per le loro qualità, sono spesso usati per rilassare i muscoli, tuttavia si deve prestare attenzione all’uso di oli caldi in quanto, come noto, il calore aumenterà pitta. [5]

Nello specifico caso della fibromialgia troveranno indicazione d’uso, secondo la prescrizione del medico ayurvedico, tutti gli oli medicati specifici per gli squilibri prevalenti di vata e di pitta. [5]

Tra gli oli ”base” l’olio di sesamo ha effetti utili a vata, l’olio di cocco ha effetti utili per pitta, l’olio di girasole è utile per pitta, l’olio di sandalo applicato con il massaggio possiede qualità nervine calmanti ed aiuta a rinfrescare corpo e mente e, come curiosità, risulta particolarmente utile per alleviare i sintomi di pitta squilibrati in relazione a rabbia e ostilità posizionandone una goccia sulla zona del ”terzo occhio” tra le sopracciglia, nonché su gola, sterno, ombelico, tempie e polsi. [5]

Uno studio condotto presso il Maharishi Ayurveda Health Center in Norvegia ha incluso Abhyanga in uno specifico trattamento della fibromialgia ottenendo riduzione a lungo termine (6 mesi) dei sintomi della sindrome. [12]

In uno studio clinico condotto in Brasile nel 2012 Abhyanga somministrato in pazienti con fibromialgia, in cui era stato accertato un disquilibrio energetico del biotipo (dosha) Vata, ha contribuito a migliorare la qualità di vita alleviare la sintomatologia di dolore e della depressione. [13]

Nel 2013 uno studio condotto per valutare in generale gli effetti dei trattamenti panchakarma nei disordini muscoloscheletrici ed in particolare in vatavyadhi ha concluso che Abhyanga, condotto con Bala Taila, Dasamula Taila, Narayana Taila, Kshirabala Taila e Sahacharadi Taila trova indicazione per la gestione del dolore in pazienti con fibromialgia. [14]

Nel 2017 uno specifico studio condotto su Ksheerabala Taila ha suggerito nelle sue conclusioni che questo olio medicato contribuisce a ridurre l’infiammazione e il dolore delle articolazioni e quindi può essere quindi è benefico coadiuvante nelle malattie degenerative come l’osteoartrite inoltre supporta la forza dei muscoli e ne aumenta la vitalità provvedendone alla necessaria nutrizione così come alle ossa; per questi motivi Ksheerabala Taila, anche tramite Abhyanga, viene ritenuto utile come coadiuvante nel prevenire l’atrofia muscolare, la perdita di massa muscolare e nella fibromialgia. [15]

 

Ruolo di Panchakarma nella fibromialgia

Come noto in Ayurveda Panchakarma è il termine che indica cinque procedure indipendenti di disintossicazione per purificare i canali del corpo, di supporto in molte terapie. Attraverso shodhana e shamana obiettivo di Panchakarma è quello di desaturare il corpo dalle tossine che impedirebbero l’assorbimento di medicinali a base di erbe e di eliminare ama accumulato nei canali, per ristabilire l’equilibrio tra i fattori causali di base: dosha-dhatu-mala [16]. Ruolo di Panchakarma, che si dimostra efficace nella gestione della fibromialgia [1,12,33] è principalmente quello di cooperare alla globalità dell’approccio ayurvedico, alla riduzione le tossine circolanti ed accumulate nei vari organi per ”liberare spazio” a sostanze nutrienti e farmacologicamente attive (fitomedicinali) che consentano un fisiologico riequilibrio dello stato di salute. Il massaggio è evidenziato in primo piano in tre studi [1,37] (che è parte integrante della terapia Panchakarma, che è attualmente molto popolare per effetti ”ferma tempo”, per il trattamento di disturbi artritici, disturbi neurologici e disturbi collegati ad errato stile di vita) e mostra in diversi studi i suoi effetti per la gestione della fibromialgia. [1,38] Uno studio di follow-up di 6 mesi (poi continuato nel 2012 in un secondo studio [33]) presso il Maharishi Ayurveda Health Center in Norvegia impiegando Panchakarma ha rilevato, in pazienti con fibromialgia, miglioramenti statisticamente significativi nella capacità lavorativa (limitata dai sintomi della FM), dolore, stanchezza, rigidità, stanchezza all’aumentare del mattina e ansia. Il 18% dei pazienti non aveva quasi sintomi al punto finale. [5,12,33] In un complicato caso clinico l’approccio ayurvedico ha dimostrato di poter essere applicato con sicurezza anche in condizioni difficili; una donna tedesca di 45 anni è stata curata al Babe Ke Ayurveda College & Hospital, Daudhar, Moga, in un quadro complicato di lipidema e di fibromialgia; la paziente ha ricevuto procedure Panchakarma, come Rooksha Swedana, Virechana, Vasti e Nasya per 6 settimane e ha mostrato un miglioramento significativo su vari segni e sintomi. [17]

 

Effetti dell’esercizio fisico nella fibromialgia

Uno degli interventi più studiati e comprovati per gestire i sintomi della fibromialgia è l’esercizio fisico. Esistono più di 75 studi che supportano l’importanza dell’esercizio fisico per la fibromialgia [5,18].

Molti studi dimostrano che l’esercizio regolare, di intensità da bassa a moderata nel tempo riduce il dolore, migliora l’umore, ha un effetto positivo sulla qualità del sonno e aumenta l’energia e il benessere generale nei pazienti con fibromialgia. [5]

L’esercizio in modalità mista si è dimostrato più efficace del solo stretching. Tuttavia, quando un paziente soffre, spesso l’ultima cosa che vuole provare è il movimento fisico e l’Insorgenza ritardata di dolore indotto dall’esercizio fisico nei pazienti con fibromialgia è comune [5]; molti pazienti con fibromialgia possiedono una personalità perfezionista, di tipo ”A” (Theory of personality) e per questi ultimi può essere allettante anche l’esagerare nelle fasi iniziali dell’esercizio. Nei casi di fibromialgia la guarigione del corpo è rallentata dalla mancanza di un sonno profondo e ristoratore. I pazienti che approcciano l’esercizio fisico dovrebbero iniziare molto lentamente con durate d’esercizio brevi e di intensità leggera per garantire un tempo di riposo e di recupero sufficiente tra le sessioni [5,19].

Quando il paziente inizia a sentirsi più forte, è possibile aggiungere gradualmente più intensità e / o durata. L’ottimizzazione dell’equilibrio tra esercizio e recupero è di fondamentale importanza per evitare effetti dannosi legati allo stress e ottenere una funzionalità ottimale in pazienti con dolore cronico [5,20].”

 

Lo Yoga per la fibromialgia

Lo yoga è un antico sistema indiano di scienza, arte e filosofia. Va ben oltre il movimento fisico più conosciuto nel mondo occidentale moderno. Come definito da B. K. S. Iyengar significa un ”equilibrio dell’anima che consente di guardare la vita in tutti i suoi aspetti in modo uniforme.” [5,21]

Lo yoga utilizza un percorso in otto rami per unire corpo, mente e spirito. Tra questi otto rami sono incluse le pratiche di osservanza, postura (asana), controllo del respiro, concentrazione e meditazione. Lo stretching delicato derivante da asana yoga, è consigliato ai pazienti con fibromialgia soprattutto nelle fasi iniziali di approccio ad un programma di esercizi fisici. Secondo l’American College of Rheumatology, ”La ricerca mostra che terapie delicate basate sull’esercizio fisico del corpo, tra cui il Tai Chi e lo yoga, possono alleviare i sintomi della fibromialgia”. Le terapie di movimento meditativo come lo yoga sono terapie alternative fortemente raccomandate per la fibromialgia. [5,22]

Uno studio di 8 settimane sugli effetti dello yoga sui sintomi della fibromialgia in 10 partecipanti che hanno soddisfatto i requisiti dello studio ha mostrato un miglioramento del dolore, della fatica, del sonno, dell’ansia e della depressione. [5,4]

Un altro studio su 11 partecipanti con fibromialgia ha riscontrato un miglioramento significativo nello stato di salute generale dei partecipanti e nei sintomi di rigidità, ansia e depressione. Sono stati osservati miglioramenti significativi anche nel numero di giorni in cui i pazienti ”si sono sentiti bene” e nella riduzione del numero di giorni ”mancato dal lavoro” a causa della fibromialgia. [5,23]

I risultati di un altro studio su 22 pazienti con fibromialgia suggeriscono che un intervento di yoga può ridurre il dolore e la tendenza alla ”catastrofizzazione” e aumentare l’accettazione del dolore e della consapevolezza. [5,24]

Ci sono molti studi che dimostrano l’efficacia dello yoga nella gestione della depressione e dell’ansia. Uno studio su donne di età compresa tra 30 e 40 anni ha rilevato che due mesi di lezioni bisettimanali di 90 minuti hanno ridotto significativamente la depressione e l’ansia. I ricercatori hanno attribuito i punteggi alla capacità dello yoga di aumentare la consapevolezza e la fiducia del corpo in generale. [5,25]

Un altro studio che confrontava brevi sessioni di posture yoga seguite da riposo supino (savasana) con il solo riposo supino ha scoperto che il movimento yoga seguito dal riposo migliorava significativamente la memoria ed era quasi quattro volte più efficace nel diminuire l’ansia rispetto alla stessa quantità di tempo di solo riposo supino. [5,26]

Diciassette uomini e donne con diagnosi di depressione maggiore unipolare in remissione parziale hanno mostrato riduzioni significative di depressione, rabbia, ansia e sintomi nevrotici dopo 20 lezioni tenute da insegnanti senior di Iyengar yoga. [5,27]

Le evidenze disponibili convergono sulla conclusione che una pratica yoga regolare possa migliorare significativamente i sintomi della fibromialgia. [5]

Man mano che il paziente si rafforza con una pratica coerente e una migliore consapevolezza del proprio stato fisico, può gradualmente iniziare ad aumentare l’intensità della sua pratica yoga per mantenere il corpo e la mente stimolati senza essere sopraffatti. [5]

Quando lo yoga venga utilizzato in caso di fibromialgia, oltre a tener presente le esigenze individuali di ogni singolo paziente, si dovranno tener presente alcune linee guida generali. Una persona con fibromialgia dovrebbe iniziare lo yoga lentamente. Hennard [23] consiglia che lo yoga per la fibromialgia debba iniziare con cinque minuti di lavoro sul respiro per calmare e centrare la mente inoltre il paziente dovrebbe essere guidato nel mantenere la concentrazione sul controllo del respiro e nel riconoscere quando stia spingendo o forzando la posa piuttosto che rilassarsi in essa. Poiché i pazienti con fibromialgia tendono a vivere in un costante stato di ”combatto o scappo”, il lavoro sul respiro e le asana dovrebbero rimanere calmi, fluidi e centrati. Il ”nadi shodhana”, o respirazione a narici alternate, viene consigliato poichè riequilibra il sistema nervoso autonomo. [5,22]

I piegamenti in avanti aiutano a calmarsi. Le posizioni di apertura del torace promuovono l’accettazione e il coraggio che possono essere molto utili nell’affrontare i sintomi della fibromialgia e le pose di flessione all’indietro sono utili per calmare il sistema nervoso e per ridurre i sintomi della depressione oltre che per ridurre pitta. Il dottor Lad consiglia di piegare la schiena per alleviare l’insonnia e i disturbi mentali. [5,10]

Molti pazienti con fibromialgia hanno problemi di equilibrio. [5,28]

Le pose in equilibrio in piedi come vrksasana aiuteranno a migliorare l’equilibrio, rafforzare il ”nucleo” e creare un senso di radicamento. Uno studente di yoga con fibromialgia potrebbe aver bisogno di aumentare inizialmente la forza prima che le posizioni in piedi possano essere eseguite comodamente. [5]

In caso di fibromialgia dovranno essere valutati con molta attenzione i movimenti di inversione come salamba sarvangasana (supporto per le spalle), sirsasana (supporto per la testa) e persino pieghe in avanti come Uttanasana. Sempre secondo Lad [10] i movimenti di inversione aiuterebbero a calmare il sistema nervoso e in particolare Shalambhasana sarebbe utile per contrastare la rabbia e l’emicrania mentre Hennard [23] in caso di fibromialgia sostiene che siano controindicate poiché l’aumento del flusso sanguigno al cervello può innescare mal di testa o emicrania, vertigini e / o stordimento se il paziente è incline a questi sintomi. Inoltre, le inversioni possono aggravare pitta. [5,23]

Una volta che il corpo e i sensi sono stati calmati dalle asana e dal lavoro sul respiro, 5-10 minuti di meditazione guidata con la colonna vertebrale eretta possono essere utili per dare alle sensazioni di rilassamento e calma della mente un effetto più duraturo e per aiutare il paziente nell’accettazione di dolore. [5]

Per il miglior effetto di savasana è importante che il paziente con fibromialgia si senta a proprio agio per tutta la durata dell’immobilità. Un cuscino o una coperta sotto le ginocchia allevierà il disagio alla schiena e ai talloni. Una coperta o un tappetino extra forniranno un’ammortizzazione extra se la durezza del terreno o del pavimento aggrava i sintomi. Un cuscino per gli occhi può aiutare a calmare i sensi ancora di più se la luce entra nella stanza dall’esterno. [5]

L’impostazione per l’esercizio dovrebbe essere di intensità moderata per pitta e tranquilla per vata [5,29] e lo yoga offre entrambe queste possibilità raffreddando i fuoco pitta e l’aggressività mentre i saluti al sole sono vata riducenti. In caso di fibromialgia le sessioni di yoga dovrebbero essere tenute in ambienti con luci più tenui rispetto al solito, la temperatura dovrebbe essere leggermente calda ma non eccessivamente calda; troppo calore infatti può infiammare pitta e indurre il paziente a ”spingere” e diventare irritabile con la conseguenza non solo di dolore muscolare ma anche di innescare una riacutizzazione della fibromialgia che può durare più a lungo del tipico giorno (o due) di dolore muscolare. La sede principale di pitta è il plesso solare. Le asana che influenzano il plesso solare sono matsyasana, navasana, ustrasana, shalabhasana, danurasana e i saluti alla luna. Hennard suggerisce che i soggetti pitta evitino le inversioni. [5]

La sede principale di vata è la cavità pelvica. Le asana che allungano i muscoli pelvici aiutano a calmare i soggetti vata, come i piegamenti in avanti, i piegamenti della schiena, le torsioni spinali, halasana, ustrasana, bhujangasana, shalabhasana. Ustrasana e shalabhasana sono raccomandati per ridurre entrambi i dosha. Nella visione ayurvedica per i pazienti con fibromialgia è raccomandato anche l’esercizio in acqua poiché raffredda pitta e facilita i movimenti di muscoli e di articolazioni. [5]

 

La meditazione per la fibromialgia

La capacità di gestire lo stress e mantenere una mente calma gioca un ruolo enorme nell’essere in grado di convivere con la fibromialgia. Un modo per calmare la mente è praticare regolarmente lo yoga e la meditazione. Una pratica regolare di yoga e meditazione aiuterà enormemente la capacità dei soggetti con fibromialgia di ascoltare il proprio corpo e riconoscere quando è necessario riposarsi o interrompere un’attività. Uno studio che ha utilizzato la tecnica di neuroimaging ha visto una diminuzione del 40-50% nella reattività del cervello al dolore dopo cinque mesi di meditazione trascendentale. [5,30]

 

L’importanza della respirazione nella fibromialgia

Come affermano gli autori di Fibromyalgia and Chronic Myofascial Pain Syndrome, A Survival Manual, ”La corretta respirazione è il primo requisito per una salute ottimale.”[5,6]

La respirazione profonda è un modo importante e semplice per gestire i sintomi della fibromialgia. Il pranayama, o controllo del respiro, è un altro degli otto rami dello yoga. Deriva da due parole: prana e yama. Prana ha diversi significati inglesi, inclusi respiro, vita ed energia Yama significa ”controllare”. Quindi pranayama significa letteralmente controllo del respiro. [5,31]

La pratica regolare del pranayama creerà un rilassamento mentale più coerente e consentirà ai tessuti di ricevere un nutrimento adeguato, attraverso anche la respirazione corretta, con miglioramenti notevoli della qualità della vita. Il dolore e l’ansia spesso causano una respirazione superficiale ed una delle prime cose che accade quando si è stressati è un cambiamento nel ritmo del respiro che diventa superficiale e irregolare, facendo diventare il corpo più teso, aumentando così il dolore, la sensibilità e l’affaticamento. [5]

Un modo semplice ed efficace per controllare il respiro è semplicemente ”osservarlo” mentre entra ed esce. Trascorrere qualche minuto prima di coricarsi a praticare questa forma di meditazione può migliorare la qualità del sonno. [5]

Vasant Lad, nel suo libro ”The complete book of Ayurvedic Home Remedies” , consiglia una tecnica di respirazione facile per lasciar andare la rabbia. Afferma: ”Nel momento in cui emerge la sensazione, esaminala. Supponiamo che sia una sensazione di rabbia. Fai un respiro lungo e profondo, lascia che tu senta la rabbia ed espira. Dai alla sensazione la totale libertà di esprimersi dentro di te, in modo che tu la guardi chiaramente e la senta. Inspira ed espira. Presto si dissolverà da solo. ” [5,32] Un altro tipo di lavoro sul respiro, lo shitali pranayama, raffredda il pitta. Lad dice: ”Crea un tubo con tua lingua; respira profondamente attraverso la bocca e nella pancia; trattieni il respiro per alcuni secondi; espira attraverso il naso. Fai circa 12 ripetizioni”. [5,32]

 

L’importanza del sonno nella fibromialgia

La fibromialgia impedisce ai pazienti di entrare nelle fasi profonde del sonno nelle quali vengono prodotti e rilasciati ormoni fondamentali per i processi di guarigione e riparativi dell’usura quotidiana. Per questo motivo, le persone con fibromialgia devono fare tutto il possibile per ottenere un sonno profondo, continuo e di qualità. I tè alla camomilla e alla lavanda possono aiutare a indurre un sonno rilassante. Strofinare un olio appropriato sulla pianta dei piedi, prima di andare a letto, è lenitivo e favorisce un sonno ristoratore; ad esempio olio di cocco, menta piperita ed eucalipto rinfrescano pitta. Il massaggio del corpo con olio calma il sistema nervoso centrale, riducendo la sensibilità nervosa, facilitando un sonno più profondo e quindi alleviando il dolore. Il massaggio serale con olio sarebbe particolarmente consigliato alle persone con costituzione vata. [5] ”Una persona di costituzione pitta può trarre beneficio dal dormire sul lato opposto alla fonte della luce solare che può aggravare pitta. [5,10]

 

L’importanza del cibo nella fibromialgia

Vi sono molte correlazioni tra ciò che i testi medici suggeriscono che i pazienti con fibromialgia dovrebbero e non dovrebbero mangiare e ciò che l’Ayurveda raccomanda per la nutrizione vata-pitta. Si sconsiglia ai pazienti con fibromialgia di consumare cibi nel gruppo della famiglia delle solanaceae: peperoni, patate, pomodori e melanzane. [5]

In Ayurveda, melanzane e pomodori sono considerati verdure regressive per vata-pitta, così come funghi, cipolle, cavolini di Bruxelles e bietole. Nello studio norvegese [12,33] sugli effetti dell’Ayurveda sulla fibromialgia, un certo numero di prodotti alimentari è stato trovato incompatibile con alcuni partecipanti. È interessante notare che questi alimenti includevano grano (nel 97% dei soggetti), maiale (97%) e uova (94%) 12. L’incompatibilità del grano è stata invertita utilizzando la curcuma. La curcuma ha proprietà antinfiammatorie, che suggeriscono il potenziale per la sensibilità del grano nei pazienti con fibromialgia. Sono necessari ulteriori studi su questo argomento. [5]

Le persone con fibromialgia, con il suo squilibrio vata, dovrebbero fare del loro meglio per evitare tutto ciò che stimola il sistema nervoso. In cima alla lista degli stimolanti da evitare ci sono caffeina, alcol, sostanze chimiche, conservanti e nicotina. Come affermato in ”Fibromialgia and Chronic Myofascial Pain Syndrome, A Survival Manual” , ”Quando accendi una sigaretta, accendi anche il tuo sistema nervoso autonomo”. [5,6]

L’Ayurveda consiglia inoltre di mangiare lentamente, in silenzio, con consapevolezza. Vata dovrebbe evitare cibi crudi e freddi e optare invece per cibi caldi e cotti. I soggetti Pitta dovrebbero limitare l’assunzione di sale, evitare l’eccesso di olio e mangiare cibi non piccanti con qualità rinfrescanti, come ad esempio il cetriolo e l’anguria. [5]

 

 

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____________________________________________ 

 

A cura della direzione scientifica di Benefica

Hindawi Publishing Corporation – Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine – Volume 2013, Article ID 751403, 7 pages. 

“ADDITIVE COMPLEX AYURVEDIC TREATMENT IN PATIENTS WITH FIBROMYALGIA SYNDROME COMPARED TO CONVENTIONAL STANDARD CARE ALONE: A NONRANDOMIZED CONTROLLED CLINICAL PILOT STUDY (KAFA TRIAL).”  

Christian S. Kessler,1,2 Thomas Ostermann,3 Larissa Meier,4 Elmar Stapelfeldt,4 Silvia Sc ütte,4 Joachim Duda,4 and Andreas Michalsen1,4 

Author information:

(1) Immanuel Hospital Berlin, Department of Internal and Complementary Medicine, 14109 Berlin, Germany

(2) Immanuel Hospital Berlin and Institute of Social Medicine, Epidemiology and Health Economics, Charit´e University Medical Center Berlin, K¨onigstraße 63, 14109 Berlin, Germany

(3) Witten-Herdecke University, Medical Faculty, 58448Witten, Germany

(4) Charit´e University Medical Center, Institute of Social Medicine, Epidemiology and Health Economics, 10117 Berlin, Germany.

 

ABSTRACT

Background. Fibromyalgia (FMS) is a challenging condition for health care systems worldwide. Only limited trial data is available for FMS for outcomes of complex treatment interventions of complementary and integrative (CIM) approaches.

Methods. We conducted a controlled, nonrandomized feasibility study that compared outcomes in 21 patients treated with Ayurveda with those of 11 patients treated with a conventional approach at the end of a two-week inpatient hospital stay. Primary outcome was the impact of fibromyalgia on patients as assessed by the FIQ. Secondary outcomes included scores of pain intensity, pain perception, depression, anxiety, and quality of sleep. Follow-up assessments were done after 6 months.

Results. At 2 weeks, there were comparable and significant improvements in the FIQ and for most of secondary outcomes in both groups with no significant in-between-group differences. The beneficial effects for both treatment groups were partly maintained for the main outcome and a number of secondary outcomes at the 6-month followup, again with no significant in-between-group differences.

Discussion. The findings of this feasibility study suggest that Ayurvedic therapy is non inferior to conventional treatment in patients with severe FMS. Since Ayurveda was only used as add-on treatment, RCTs on Ayurveda alone are warranted to increase model validity. This trial is registered with NCT0 389336.

 

ISSN: 1741-427X (print) 1741-4288 (web)

Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine 

Academic Editor:Winfried H¨auser

 

 

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Newsletter Fitoterapia nr. 56 – Ottobre 2020

Zenzero e Ravintsara: ruolo “antinfiammatorio specifico” nelle malattie da raffreddamento 

Journal of ethnopharmacology 214 (2018): 113-123. Elsevier

“The hidden mechanism beyond ginger (Zingiber officinale Rosc.) potent in vivo and in vitro anti-inflammatory activity.” 

Ezzat, Shahira M., et al.

 

La newsletter in breve

Lo stagionale ripresentarsi delle sintomatologie da raffreddamento in questo periodo dell’anno offre lo spunto per un focus di approfondimento sulla tradizionale efficienza di Zenzero e Ravintsara nel sostenere la funzionalità respiratoria. Queste due piante medicinali, soprattutto nella loro forma estrattiva di olio essenziale, possono risolvere più velocemente questi classici disturbi a cui si può andare incontro ad ogni età, e in ogni periodo dell’anno, ma che sono classicamente più diffusi durante l’autunno e l’inverno.

Gli oli essenziali rappresentano la forma d’estrazione, da piante medicinali, più concentrata dei fitocomplessi e si caratterizzano per essere una miscela di più molecole biologicamente attive che possono esercitare più effetti farmacologici su bersagli multipli.

Gli oli essenziali di Zenzero e Ravintsara vantano una lunga tradizione d’uso a sostegno della funzionalità delle alte vie aeree ed in particolare nel coadiuvare l’organismo in un rapida risoluzione dei classici sintomi pre-acuti tipici delle malattie da raffreddamento. Questa specifica indicazione d’uso deriva prevalentemente dalla loro complessa azione antinfiammatoria e analgesica, che si accompagna a significativi effetti decongestionanti, balsamici, secretolitici oltre che da effetti antivirali e antibatterici che risultano utili per contrastare la replicazione e la diffusione nell’organismo dei patogeni virali e batterici che comunemente causano le malattie da raffreddamento.

Questi effetti sono stati osservati sia attraverso somministrazione orale sia, in parte, per somministrazione inalatoria.

Per tali motivi questi due oli essenziali, quando impiegati al presentarsi dei disturbi, possono rappresentare un primo trattamento coadiuvante e lenitivo dei sintomi, per accelerare la guarigione e, se periodicamente assunti nel periodo invernale, per una pronta “protezione attiva” nei confronti degli effetti pro-infiammatori del freddo e delle comuni infezioni virali e batteriche stagionali.

Nelle forme acute gli oli essenziali di Zenzero e Ravintsara, come ad esempio quelli di Tea tree, Ravensara aromatica, Eucalipto (in genere tutti gli oli essenziali contenenti elevati quantitativi di ossidi terpenici come il 1,8-cineolo) possono inoltre essere impiegati con sicurezza, durante l’assunzione di farmaci, come coadiuvanti additivi di effetti antinfiammatori, decongestionanti, balsamici e, se inalati, rilassanti.

La specificità antinfiammatoria degli oli essenziali di Zenzero e Ravintsara nelle flogosi stagionali delle alte vie aeree dipende dalla loro capacità di contrastare l’irritazione a carico delle mucose e la tipica dolenzia di gola, agendo sull’infiammazione e sul dolore in modo complesso a più livelli; questi due oli essenziali infatti dimostrano di combattere l’infiammazione in modo equilibrato contrastando gli effetti infiammatori dei metaboliti dell’acido arachidonico sia COX che LOX dipendenti (prostaglandine-leucotrieni); questo significativo effetto tuttavia non risulta esclusivo e prevalente rispetto alla capacità anche di inibire in modo significativo l’espressione delle principali citochine coinvolte nei processi infiammatori (TNF-α, IL-6, IL-1α, IL-1β, INFr, MCP-1, MIP, RANTES) come comunemente avviene per le fonti naturali di terpeni e terpenoidi. Per questo motivo questi due oli essenziali vengono apprezzati anche da soli per la prima sintomatologia, o in associazione ai farmaci in fase acuta delle malattie da raffreddamento, per un effetto antinfiammatorio e antiedemigeno completo e anche per il loro effetto analgesico ricondotto anche a specifiche azioni centrali oltre che a quelle periferiche.

L’intrinseco meccanismo d’azione antinfiammatorio e analgesico di questi due oli essenziali, che agiscono su più obiettivi dei processi flogistici, ne spiega la significatività d’effetto già a basi dosaggi ed il vantaggio della buona tollerabilità gastrica. Gli oli essenziali di Zenzero e Ravintsara infatti, poiché risultano attivi già a dosaggi bassi e poiché evitano una prevalente ed esclusiva inibizione della produzione dei metaboliti infiammatori dell’acido arachidonico, non inducono fenomeni gastro-lesivi, in particolare quando l’olio essenziale di Ravintsara e di Zenzero sono combinati tra loro, poiché lo Zenzero esercita anche contemporanei effetti gastroprotettori.

L’attività antinfiammatoria degli oli essenziali di Zenzero e Ravintsara in area respiratoria è stata studiata in più modelli di infiammazione acuta e cronica e ne convalida il loro ampio uso tradizionale come antinfiammatori e coadiuvanti specifici della funzionalità delle vie respiratorie.

La newsletter propone una breve panoramica della specificità dei meccanismi antinfiammatori esercitati dagli oli essenziali di Zenzero e Ravintsara nelle malattie da raffreddamento, risultando utili, da soli o in combinazione, nel contrastare in modo completo le comuni manifestazioni infiammatorie a carico delle alte vie aeree consentendone una più rapida risoluzione dei sintomi. Questi due oli essenziali, grazie a moderne tecnologie farmaceutiche, possono essere impiegati in completa sicurezza, anche per via orale.

La newsletter segnala inoltre un approfondito e recente articolo scientifico sui meccanismi di attività antiinfiammatoria dello Zenzero concentrandosi in particolare sull’attività anti COX e di inibizione delle principali citochine infiammatorie.

 

Le fitomedicine nelle malattie da raffreddamento

Premesso che nelle sintomatologie acute gli integratori naturali non devono mai essere percepiti come sostitutivi dei farmaci, ma a questi possono eventualmente essere complementari per migliorare la gestione terapeutica (ad es. con funzione additiva antinfiammatoria, antiossidante, anti infettiva, balsamica, tonica), nei disturbi funzionali delle alte vie respiratorie gli integratori naturali, quando specifici, possono rappresentare un “primo approccio” utile per affiancarsi alla fisiologica efficienza del sistema immunitario nel reagire più prontamente portando alla risoluzione dei sintomi più rapidamente.

Le malattie da raffreddamento provocano sintomi comuni come sensazione di naso chiuso, riduzione dell’olfatto, secrezione nasale, frequenti starnuti, lacrimazione, mal di gola, tosse, difficoltà nella respirazione, sensazione di indolenzimento, mal di testa e talvolta un lieve aumento della temperatura corporea, in ogni caso le malattie da raffreddamento, pur nel loro inquadramento funzionale, non devono mai essere sottovalutate e trascurate per evitare complicazioni, tanto che, quando questi sintomi si manifestano con maggiore intensità, viene raccomandato al paziente di rimanere a casa per qualche giorno per evitare possibili ed eventuali complicazioni quali otiti, tracheiti e bronchiti.

Come noto per la gestione delle malattie da raffreddamento la disponibilità di farmaci di sintesi anche da automedicazione è molto vasta ma negli ultimi decenni è cresciuto largamente anche l’impiego di specifici integratori e preparati fito-medicinali, utili per alleviare queste sintomatologie e accelerarne la guarigione ed anche per finalità protettive in soggetti più deboli o a rischio.

Il crescente orientamento clinico di Medici di medicina generale e Pediatri e la crescente preferenza dei pazienti nello scegliere, quando indicati, prodotti naturali, ha interessato negli ultimi anni anche il segmento degli specifici integratori naturali per la funzionalità delle alte vie respiratorie; questo fenomeno non risponde solo a nuovi fattori socio-culturali che influenzano prescrittori e pazienti ma risponde anche a oggettive caratteristiche vantaggiose che questi preparati offrono e cioè la loro generale sicurezza d’uso e buona tollerabilità, una buona capacità coadiuvante nella risoluzione delle sintomatologie più comuni; questi preparati vengono inoltre apprezzati perché offrono funzioni multiple (fatto comune già per i singoli fitocomplessi di molte piante medicinali) come quelle antinfiammatorie, analgesiche, decongestionanti, antitussive, fluidificanti del possibile catarro, antisettiche antibatteriche e antivirali; il profilo “multitasking” che in genera caratterizza questi preparati li rende inoltre economicamente convenienti.

La moderna visione clinica inquadra correttamente i preparati naturali per la funzionalità delle alte vie aeree come “coadiuvanti” o “complementari” e per la valutazione della loro efficacia è oggi disponibile un consistente numero di studi scientifici anche sugli integratori “finiti” e inoltre è disponibile un numero più che vasto di studi analoghi di ricerca condotti sui singoli officinali e le sostanze naturali che normalmente sono contenute nei prodotti finiti; un ulteriore elemento da tenere in considerazione a favore del potenziale terapeutico di questi moderni preparati per la funzionalità delle alte vie aeree, è il fatto che, in molti casi, le piante medicinali in essi contenute (es. Ravintsara, Zenzero, Tea tree, Echinacea, Aloe, etc.) sono le stesse che sono state impiegate come farmaci nella pratica clinica convenzionale fino agli inizi del ‘900 e per questo motivo si ritrovavano nelle farmacie, nelle farmacopee ufficiali e nelle prescrizioni mediche galeniche.

A differenza dell’influenza le malattie da raffreddamento sono in genere causate da comuni agenti virali e batterici in correlazione ad uno stato di irritazione e infiammazione dei tessuti che colpiscono e quindi in questi casi possono risultare molto utili sostanze naturali dalle specifiche capacità antinfiammatorie e analgesiche che esercitino un’azione lenitiva sulle mucose irritate e, come nel caso di molti oli essenziali, queste capacità antinfiammatorie sono associate a significativi effetti antimicrobici. In queste situazioni inoltre deve essere anche ricordata l’utilità dell’assunzione di sostanze che possano rinforzare la risposta del sistema immunitario primariamente con la dieta (es. vitamine) o attraverso l’assunzione di specifici integratori naturali a base di piante medicinali adattogene e immunomodulanti.

 

L’olio essenziale di Zenzero

Viene estratto, con moderne metodiche, dal rizoma di Zingiber officinale Roscoe (Zingiberaceae) che è un monocotiledone, originario dell’India o del sud-est asiatico, da dove è stato poi introdotto in altre parti del mondo. [1,2]

Le proprietà aromatiche uniche dello Zenzero derivano dalla combinazione della sua oleoresina pungente e del suo aromatico olio essenziale. [3]

L’olio essenziale di Zenzero può essere somministrato, in apposite formulazioni anche per via orale.

Nei sistemi di medicina cinese e Unani-Tibb, lo Zenzero è abitualmente impiegato per trattare reumatismi e problematiche a carico delle vie aeree (mal di gola, catarro, asma, etc.). [4] Nella medicina asiatica, è usato come anche come carminativo (aiuto digestivo), stimolante, diuretico e antiemetico. [3]

Nei disturbi delle alte vie aeree lo Zenzero agisce con una pronta funzione antinfiammatoria, analgesica e antimicrobica. [5]

Il vantaggio dell’impiego di estratti di Zenzero come antinfiammatori specifici per le flogosi delle alte vie aeree è ricondotto alla capacità del fitocomplesso di agire in modo globale e completo sui principali mediatori dell’infiammazione e del dolore delle vie respiratorie inibendo contemporaneamente la produzione dei metaboliti dell’acido arachidonico COX e LOX dipendenti e parallelamente inibendo l’espressione delle principali citochine infiammatorie (con analogie con quanto osservato per la Curcuma che appartiene alla stessa famiglia botanica). L’utilità antinfiammatoria delle Zenzero risulta anche di primario interesse ai fini terapeutici poiché, pur contrastando globalmente i processi infiammatori derivanti dai metaboliti dell’acido arachidonico, non induce effetti collaterali gastro lesivi poiché il fitocomplesso dello Zenzero esercita anche un contemporaneo effetto gastro protettivo come dimostrato anche su ulcere gastriche indotte da FANS (Chien MY et al. Gastroprotective potential against indomethacin and safety assessment of the homology of medicine and food formula cuttlebone complex. Food Funct. 2015 Aug;6(8):2803-12. PubMed)

I principali composti pungenti dello Zenzero fresco sono una serie di chetoni fenolici omologhi noti come gingeroli. Il principale gingerolo è il 6 -gingerolo, mentre 8 – e 10 – gingerolo si trovano in quantità minori. I gingeroli sono termicamente instabili e vengono convertiti dall’alta temperatura in 6 -, 8 – e 10 – shogaolo [6] che sono più pungenti dei gingeroli e sono i principali composti pungenti nel rizoma di Zenzero essiccato.

L’infiammazione cronica è una condizione sottesa ad una serie di malattie dell’uomo compresa la broncopneumopatia cronica ostruttiva, l’asma e artrite reumatoide e lo Zenzero è stato segnalato da più studi scientifici come una pianta medicinale utile per la gestione dell’infiammazione cronica. [7]

Diversi studi hanno indicato che i composti presenti nello Zenzero sono efficaci nel sollievo di sintomi da malattie infiammatorie croniche. In uno studio la somministrazione di Zenzero ha provocato una diminuzione dei sintomi dell’artrite reumatoide [8] confermando che i gingeroli causano soppressione dei metaboliti dell’acido arachidonico generati sia dalla ciclo ossigenasi (prostaglandine, trombossani) che dalla lipossigenasi (leucotrieni) [9,10,11, 12]; più studi hanno inoltre concluso che lo Zenzero, è in grado di modulare positivamente, con potenza simile all’indometacina, l’espressione delle principali citochine infiammatorie TNF-α, IL-6, IL-1α, IL-1β, INFr, MCP-1, MIP, RANTES. [12] Lo Zenzero quindi si dimostra in grado di influenzare positivamente la maggior parte dei principali mediatori coinvolti nella risposta infiammatoria, di reclutare e attivare altre cellule nella sede dell’infiammazione e successivamente di risolverla. [13] L’attività antinfiammatoria dello Zenzero risulta mediata dall’inibizione dei macrofagi e dall’attivazione dei neutrofili così come dal contrasto degli effetti negativi di migrazione di monociti e leucociti. L’effetto si dimostra dose dipendente valutando la diminuzione dose dipendente delle citochine e delle chemochine pro infiammatorie e dalla capacità di reintegrare i totali processi antiossidanti. [12]

Uno studio sul ratto ha confermato che l’estratto idroalcolico di rizoma di Zenzero, confrontato con il celecoxib, in un modello di infiammazione indotta, esercita un effetto antinfiammatorio sui polmoni attenuando la RTHR (iper reattività della trachea) e riducendo i metaboliti della COX. Sia lo Zenzero sia il celecoxib hanno ridotto il livello sierico di prostaglandine (PGE2) e di trombossano (TXA2) e hanno ridotto l’attività della mieloperossidasi. Sul parenchima polmonare, lo Zenzero e il celecoxib hanno ridotto il rilascio di PGE2 e TXA2. [14]

In un modello di studio di infiammazione delle vie aeree, in vivo sul ratto, è stato confermato che un estratto acquoso di Zenzero ha ridotto l’infiammazione polmonare mediata da Th2. Iniezioni intraperitoneali dell’estratto studiato hanno determinato una marcata diminuzione del reclutamento di eosinofili nei polmoni. La risoluzione dell’infiammazione delle vie aeree indotta è stata accompagnata da una soppressione della risposta guidata dalle cellule Th2 all’allergene in vivo. Pertanto, i livelli di IL-4, IL-5 ed eotassina nei polmoni, nonché i titoli specifici di IgE nel siero, erano significativamente diminuiti nel gruppo trattato con Zenzero rispetto al gruppo di controllo. Dallo studio è inoltre emerso che il 6-gingerolo, uno dei costituenti più importanti dello Zenzero, era in grado di sopprimere da solo l’eosinofilia nel modello di infiammazione. Lo studio conclude che lo Zenzero si dimostra in grado di sopprimere le risposte immunitarie mediate da Th2 e suggerisce una possibile applicazione terapeutica dello Zenzero anche nell’asma allergica. [15]

Un ulteriore studio, simile al precedente, ha convalidato l’uso tradizionale dello Zenzero nei disturbi respiratori e suggerisce che lo Zenzero riduce l’infiammazione allergica delle vie aeree, mediante la soppressione della risposta immunitaria mediata da Th2. [16]

L’interleuchina-8 è la chemochina pro-infiammatoria che risulta aumentata nei pazienti asmatici. Tradizionalmente, lo Zenzero è usato come farmaco antinfiammatorio e, a convalida di questo effetto, in un modello di infiammazione indotta dai lipopolisaccaridi (LPS), un estratto di Zenzero e alcuni suoi composti isolati sono stati testati su cellule epiteliali bronchiali umane (cellule BEAS ‐ 2B) per verificarne l’ effetto sulla secrezione della chemochina pro-infiammatoria interleuchina 8 (IL‐ 8) e su RANTES. Dallo studio è emerso che gli estratti testati (in particolare quello oleoso contenente più del 25% di composti pungenti totali, olio volatile di Zenzero, ar‐curcumene e α ‐ pinene) hanno ridotto la secrezione di IL‐8 indotta da LPS suggerendo che l’estratto di Zenzero o suoi composti distinti potrebbero essere usati come farmaci antiinfiammatori in particolare nelle infiammazioni correlate alle infezioni respiratorie. [17]

Le proprietà analgesiche dello Zenzero rappresentano tutt’ora un’attiva area di ricerca; i meccanismi analgesici dello Zenzero vengono ricondotti al coinvolgimento di più sistemi attivi nel determinare la risposta infiammatoria e dipendono non solo dalla capacità dello Zenzero di ridurre il rilascio di mediatori infiammatori a partire dall’acido arachidonico ma anche, analogamente a certi cannabinoidi, di agire a livello centrale come agonista del recettore vanilloide-1 [18], che si trova in tutto il sistema nervoso periferico e centrale, e che influenza l’elaborazione del dolore. [19]

 

L’olio essenziale di Ravintsara

Come quello di Zenzero, tra gli oli essenziali, risulta tra quelli di maggior interesse come coadiuvante antinfiammatorio nel trattamento dei disturbi da raffreddamento ed in generale per sostenere la funzionalità delle alte vie aeree poiché associa potenti effetti antimicrobici a potenti effetti antinfiammatori, decongestionanti e mucolitici; per questi motivi è stato largamente impiegato anche in occidente dalla grande scuola d’aromaterapia francese. [20]

L’olio di Ravintsara può essere somministrato in modi diversi ed anche per via orale in apposite formulazioni.

L’olio essenziale di Ravintsara, analogamente all’olio essenziale di Zenzero, offre il vantaggio di agire sulle tipiche manifestazioni infiammatorie a carico delle alte vie aeree con un effetto completo riconducibile a meccanismi multipli di inibizione della produzione sia dei metaboliti dell’acido arachidonico COX e LOX dipendenti sia di inibizione dell’espressione delle principali citochine coinvolte nei processi infiammatori.

La Ravintsara (Cinnamomum camphora L. (J) Presl – CT-cineolo) è uno specifico genere della pianta della Canfora che cresce e viene coltivato per scopi medicinali in Madagascar e possiede bio-caratteristiche diverse rispetto agli estratti dalle piante di Canfora che crescono in Cina, Giappone, Taiwan, Corea e Vietnam. La principale differenza nei fitocomplessi delle due specie consta nel fatto che nel fitocomplesso di Ravintsara è molto elevata la percentuale del benefico 1,8-cineolo (40/50%) mentre non si trova praticamente il linalolo che è il precursore della canfora che può essere tossica. [21,22]

L’olio essenziale di Ravintsara è rappresentato da una miscela di più chemiotipi quali ossidi terpenici (1,8- cineolo 50- 65%), monoterpeni (sabinene 8-16%, α-pinene 4%, β-pinene 4%, mircene, E-β-ocimene, α-terpinene, γ-terpinene); monoterpenoli (α-terpineolo 5–11%, terpinen-4-olo, linalolo); sesquiterpeni (3-6%:α-umulene,β-cariofillene, biciclogermacrene. [22]

Nell’olio essenziale di Ravintsara ritroviamo quindi specie terpeniche (principalmente ossidi terpenici e monoterpeni) a cui vengono attribuite, nella letteratura scientifica, diverse attività farmacologiche tra cui le potenti azioni antiinfiammatorie, decongestionanti respiratorie e linfatiche, oltre a quelle toniche e stimolanti generali dell’organismo, per stimolazione cortico-surrenale. I sesquiterpeni sono invece contenuti, nell’olio essenziale di Ravintsara, in quantità molto inferiore; ad essi vengono attribuite capacità di agire sul sistema nervoso centrale con effetti ipotensivi, sedativi, rilassanti ed antidolorifici. [23,24,25,26,27]

Le generali capacità antinfiammatorie, decongestionanti, mucolitiche e antimicrobiche dell’olio essenziale di Ravintsara vengono convenzionalmente attribuite al suo elevato contenuto in 1,8-cineolo ma in generale tutte le specie terpeniche contenute in Ravintsara dimostrano di possedere proprietà di natura decongestionante e mucolitica e antinfiammatoria [30]; per questi motivi è affermabile che la capacità dell’olio essenziale di Ravintsara di fluidificare le secrezioni bronchiali dipendano dall’insieme delle specie molecolari in esso contenute ed in particolare dal 1,8 – cineolo che dimostra anche una specifica capacità di stimolare le ghiandole mucipare e l’attività ciliomotrice della mucosa dell’albero respiratorio. [28,29,30,31]

L’olio essenziale di Ravintsara viene ritenuto in natura una delle maggiori fonti naturali di 1,8-cineolo (50- 65%).

Il 1,8-cineolo (comunemente conosciuto come eucaliptolo) è un ossido terpenico che si può ritrovare in molte piante medicinali (Eucalipto, Salvia, Menta, Ravintsara, Tea tree, etc.) e risulta tradizionalmente indicato per trattare i comuni disturbi delle alte vie aeree ma anche nei disturbi ostruttivi cronici delle vie aeree principalmente per le note proprietà secretolitiche. [32]

Il meccanismo d’azione antinfiammatorio del 1,8-cineolo è ben sintetizzato in uno studio clinico progettato per indagare l’effetto di questa sostanza sul metabolismo dell’acido arachidonico (AA) nei monociti del sangue di pazienti con asma bronchiale. Nei due gruppi dello studio (gruppo di pazienti con asma e gruppo di volontari sani) è stata misurata la produzione dei metaboliti rappresentativi dell’AA cioè LTB4 (leucotriene) e PGE2 (prostaglandina) su monociti isolati prima del trattamento (3 x 200 mg / giorno), al quarto giorno dall’inizio del trattamento e quattro giorni dopo il termine del trattamento. Dallo studio è emerso che la produzione di LTB4 e PGE2 dai monociti risultava significativamente inibita già al giorno 4 del trattamento sia nel gruppo di pazienti con asma bronchiale (p = 0,1) sia nel gruppo dei volontari sani. In conclusione lo studio ha dimostrato che il 1,8-cineolo riducendo sia LTB4 sia PGE2, inibisce entrambe le vie del metabolismo dell’acido arachidonico e che l’1,8-cineolo è adatto nel trattamento dell’asma bronchiale. [33]

Un recentissimo articolo dello stesso Autore (2020) si è focalizzato ulteriormente gli effetti antinfiammatori del 1,8-cineolo, chiarendone ulteriormente anche gli effetti antiossidanti, broncodilatatori, antivirali e antimicrobici. Lo studio convalida l’efficienza pro-respiratoria del 1,8-cineolo chiarendo che i suoi principali meccanismi protettivi antivirali, antinfiammatori e mucolitici derivano dall’induzione del fattore di regolazione dell’interferone 3 (IRF3), dal controllo del fattore nucleare kappa-potenziatore delle catene leggere delle cellule B attivate (NF-κB) unitamente alla diminuzione dei geni della mucina (MUC2, MUC19). In monociti umani normali è stata dimostrata l’inibizione diretta dell’ipersecrezione di muco mediata da specie reattive dell’ossigeno (ROS) e l’inibizione della resistenza agli steroidi che inducono superossidi (O2 · -) e perossidi di idrogeno pro-infiammatori (H2O2) con un conseguente controllo parziale della superossido dismutasi (SOD), che metabolizza enzimaticamente O2 · – in H2O2. Per inibizione di NF-κB, il 1,8-cineolo, a concentrazioni plasmatiche rilevanti (1,5 µg / ml), dimostra di inibire fortemente e significativamente le normali citochine stimolate dal lipopolisaccaride monocitario umano (LPS) che sono rilevanti per l’esacerbazione del fattore di necrosi tumorale alfa (TNFα), dell’interleuchina (IL) -1β e dell’infiammazione sistemica (IL-6, IL-8). Gli agenti infettivi e la noxa ambientale hanno accesso al sistema immunitario attraverso TNFα e IL-1β con induzione di disturbi di bronchite ed esacerbazioni di broncopneumopatia cronica ostruttiva (COPD), asma e asma-COPD sovrapposte. Nei linfociti di donatori umani sani, il 1,8-cineolo ha inibito TNFα, IL-1β, IL-4 e IL-5 e ha dimostrato capacità di controllo dell’infiammazione di tipo Th1 / 2. Il 1,8-cineolo a livelli plasmatici rilevanti ha aumentato in modo additivo, in vitro, l’efficacia di farmaci per via inalatoria come la budesonide (BUD) e budesonide + formoterolo. Sulla base dei dati preclinici, di studi precedenti controllati randomizzati con terapia aggiuntiva di 1,8-cineolo (3 × 200 mg / die) per 6 mesi hanno mostrato un miglioramento dell’asma mediante un significativo miglioramento della funzionalità polmonare, dell’asma notturna e nei punteggi della qualità della vita punteggi e nella diminuzione delle riacutizzazioni della BPCO (-38,5%) durante l’inverno. Lo studio suggerisce che il 1,8 cineolo può essere considerato un utile coadiuvante come agente terapeutico per la protezione e il controllo delle malattie infiammatorie delle vie aeree. [34]

 

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Journal of ethnopharmacology 214 (2018): 113-123. Elsevier

“The hidden mechanism beyond ginger (Zingiber officinale Rosc.) potent in vivo and in vitro anti-inflammatory activity.”  

Shahira M. Ezzata (a, b,⁎), Marwa I. Ezzata (a), Mona M. Okbaa (a), Esther T. Menzec (c), Ashraf B. Abdel-Naim (d)

Author information:

a) Pharmacognosy Department, Faculty of Pharmacy, Cairo University, Kasr El-Ainy Street, Cairo 11562, Egypt
b) Department of Pharmacognosy, Faculty of Pharmacy, October University for Modern Science and Arts (MSA), 6th October, 12566, Egypt
c) Department of Pharmacology and Toxicology, Faculty of Pharmacy, Ain Shams University, Cairo 11566, Egypt
d) Department of Pharmacology and Toxicology, Faculty of Pharmacy, King Abdulaziz University, Jeddah, Saudi Arabiaa

Abstract

Ethnopharmacological relevance: Ginger (Zingiber officinale Roscoe) is a well known anti-inflammatory drug in the Egyptian, Indian and Chinese folk medicines, yet its mechanism of action is unclear.

Aim of the study: To explore its mechanism of action and to correlate it to its biophytochemicals.

Materials and methods: Various extracts viz. water, 50%, 70%, 80%, and 90% ethanol were prepared from ginger rhizomes. Fractionation of the aqueous extract (AE) was accomplished using Diaion HP-20. In vitro anti-inflammatory activity of the different extracts and isolated compounds was evaluated using protein denaturation inhibition, membrane stabilization, protease inhibition, and anti-lipoxygenase assays. In vivo anti-inflammatory activity of AE was estimated using carrageenan-induced rat paw edema in rats at doses 25, 50, 100 and 200 mg/kg b.wt.

Results: All the tested extracts showed significant (p<0.1) in vitro anti-inflammatory activities. The strongesta nti-lipoxygenase activity was observed for AE that was more significant than that of diclofenac (58% and 52%,respectively) at the same concentration (125 μg/ml). Purification of AE led to the isolation of 6-poradol (G1), 6-shogaol (G2); methyl 6- gingerol (G3), 5-gingerol (G4), 6-gingerol (G5), 8-gingerol (G6), 10-gingerol (G7), and1-dehydro-6-gingerol (G8). G1, G2 and G8 exhibited potent activity in all the studied assays, while G4 and G5exhibited moderate activity. In vivo administration of AE ameliorated rat paw edema in a dose-dependent manner. AE (at 200 mg/kg) showed significant reduction in production of PGE2, TNF-α, IL-6, monocyte chemoattractantprotein-1 (MCP-1), regulated upon activation, normal T-cell expressed and secreted (RANTES),myeloperoxidase (MPO) activity by 60%, 57%, 60%, 41%, 32% and 67%, respectively. AE at 100 and 200 mg/kg was equipotent to indomethacin in reduction of NOx level and in increasing the total antioxidant capacity (TAC). Histopathological examination revealed very few inflammatory cells infiltration and edema after administration of AE (200 mg/kg) prior to carrageenan.

Conclusions: Ginger anti-inflammatory activity is mediated by inhibiting macrophage and neutrophils activation as well as negatively affecting monocyte and leukocyte migration. This was evidenced by the dose-dependent decrease in pro-inflammatory cytokines and chemokines and replenishment the total antioxidant capacity.

 

https://doi.org/10.1016/j.jep.2017.12.019
Journal of Ethnopharmacology
ISSN: 0378-8741/ © 2017 Elsevier B.V. All rights reserved.

 

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Newsletter Ayurveda nr. 63 – Settembre 2020

Newsletter n° «63»

Settembre 2020

Udvartana nelle problematiche dell’obesità: una antica soluzione per un problema contemporaneo.

 

Int J Health Sci Res. 2020; 10(4):135-140. 

“CLINICAL UNDERSTANDING OF UDVARTHANA (MASSAGE WITH POWDERED HERBS) AND ITS MEDOHARA (ANTI-OBESITY) PROPERTY.”  

Jaseena C, Anjana R. 

 

La newsletter

Abhyanga e Udvartana sono due specifici trattamenti ayurvedici tra i più apprezzati non solo in India ma anche in occidente. Udvartana (il massaggio con polveri erbali) differisce da Abhyanga non solo per la diversa natura della sostanza impiegata ma anche per la direzione di applicazione e la pressione esercitata dal terapista durante la procedura.

Secondo evidenze tradizionali ayurvediche e recente letteratura scientifica Udvartana dimostra effetti benefici su vari parametri psico-fisici in diverse condizioni patologiche (es. dislipidemia e paralisi cerebrale) ma si dimostra particolarmente utile ed attuale nella gestione delle problematiche collegate con l’obesità che rappresenta un crescente problema di salute della società contemporanea. Rispetto a questo problema Udvartana si profila come una soluzione altamente razionale e competitiva rispetto anche a moderni e costosi trattamenti estetici poiché, tradizionalmente, Udvartana fonda i suoi benefici non solo su effetti locali, ad esempio rassodanti, ma anche su più complessi e profondi effetti metabolici, vascolari, neuro stimolatori e dermotrofici; questi effetti di Udvartana vengono ricondotti alla sua primaria valenza Shoshana e Kapha-Medohara che determina benefici su vari parametri psico-fisici. [1]

In questo contesto Udvartana risulta un procedimento utile, semplice, conveniente e privo di effetti collaterali. [1,12]

La newsletter tratta della comprensione clinica dei principali effetti di Udvartana nelle problematiche collegate all’obesità (dolore, dismetabolismi, impotenza, sonnolenza, inestetismi, flaccidità tissutale, problemi dermatologici, cattivo odore, etc.) a partire dalla segnalazione del recente articolo in evidenza, pubblicato ad aprile 2020 da International Journal of Health Sciences and Research (ICV- 2019: 96.58). L’articolo propone una completa panoramica dei principali effetti benefici anti obesità di Udvartana e ne spiega sinteticamente il meccanismo d’azione.

 

Udvartana in breve

Una delle procedure più importanti in Panchakarma è Abhyanga cioè l’applicazione di olio sulla pelle seguita da massaggio in direzioni e posture specifiche; l’importanza di Abhyanga [2] e dei suoi vantaggi [3,4] sono ampiamente descritti nei testi classici dell’Ayurveda.

La procedura Udvartana è leggermente diversa da quella di Abhyanga differendo sostanzialmente nella direzione del movimento (opposta a quelle di Abhyanga) e nella forza applicata durante il trattamento; la specifica direzione pratiloma che è opposta al naturale orientamento podale pilifero, in Udvartana facilita la comunicazione bidirezionale delle sostanze impiegate e del gesto del massaggio con il complesso network di “porte” rappresentate da complesse strutture secretorie-assorbenti e neuronali che nell’organismo sono abbondantemente distribuite in prossimità dei bulbi piliferi. Questo contesto aiuta a spiegare il significato letterale del termine “pratiloma” (generalmente tradotta con “direzione dai piedi verso la testa”) ma che significa letteralmente “nella giusta direzione” cioè tale da consentire ad Udvartana o ad uno specifico trattamento il migliore effetto assecondando l’anatomia e la fisiologia dell’organismo.

In Ayurveda è definita quindi Udvartana la procedura di massaggio di tutto il corpo sotto il collo, in direzione dai piedi verso la testa, con una certa pressione. [5]

Charaka cita questo trattamento anche con il nome di Sharira Parimarjana [6] e Acharya Chakrapani ha espressamente indicato questa procedura da eseguirsi nel contesto della “routine” quotidiana. [7]

Dalhana fa riferimento al trattamento con il termine Gatramardanam nel contesto di Vyayayama (esercizio fisico). [8]

 

Secondo Charaka, a seconda dell’indicazione terapeutica, il trattamento Udvartana può essere di 2 tipi:

1) Snigdha Udvartana [9], indicato per il trattamento di persone Krisha (magre /emaciate), in cui viene utilizzato per la procedura anche un olio;

2) Rukhsha Udvartana [10], indicato per il trattamento di persone Sthula (obese), in cui per la procedura viene impiegata polvere secca di erbe senza aggiunta di olio.

 

Secondo Sushruta [11], a seconda della natura dei farmaci utilizzati, i trattamenti Udvartana sono di tre tipi e vengono menzionati con tre diversi nomi e cioè:

1) Udvartana (solo con polveri erbali);

2) Udgarshana in cui polvere secca di erbe e Ishtika Churna (brick powder) vengono sfregate sul corpo; Udghrsana aumenta “tvakagataagnior bhrajaka pitta”; i benefici che ne derivano sono Vataaamana, kantu-sphotapitaka-nasaka, sira-sodhaka, tvakgataagnivardhaka, stimola inoltre “bhrajaka Pitta” (il subfenotipo di Pitta responsabile della luminosità della pelle) [12];

3) Utsadana, in cui per la procedura viene impiegata “Sneha Kalka “(pasta di erbe inumidita con olio) con i vantaggi di miglioramento della carnagione femminile conferendo bell’aspetto e pulizia.

Sushruta [13] cita anche Udvartana nel contesto di Shashthi Upkrama e Charaka [14] lo cita in Dwivraniye Chikitsa come a misura per curare una Vrana (ferita).

Udvartana è spiegata nel contesto di Dinacharya nella maggior parte dei testi classici nei quali si sottolinea anche che questa procedura dovrebbe essere effettuata tutti i giorni per preservare la salute di un corpo sano e contrastare i fattori causali di patogenesi ma, come anticipato, Udvartana ha confermato in diversi modelli di studio anche postivi effetti di natura “curativa” in diverse patologie. [12]

 

Indicazioni di Udvartana: Daurgandhyahara, Tandrahara, Kantuhara,Malahara, Arucihara,Vatahara, Kaphavilayana, Medodhatuvilayana, Angasthirikarana, Tvakaprasadakara, Kaphahara, Medohara, Sukrada, Balya, Kanti, Tvakamrdutva [12];

Controindicazioni di Udvartana: Rukshanaanarhas [12];

Indicazioni di Udvartana in rtu: Udvartana è indicato in vasanta e varsartu. [12]

 

Farmaci comunemente usati per Udvartana [1]:

Per il trattamento Udvartana possono essere usate polveri diverse di erbe medicinali, paste o oli, a seconda di Prakriti del paziente; in generale:

Per i disturbi Vata: polveri secche e grossolane di amalaki, vaca, e triphala.

Per i disturbi Pitta: polveri di legno di sandalo, musta, usheera e anantamula.

Per i disordini di Kapha: polveri di haritaki, vaca, nimbi e arjuna.

Vengono inoltre impiegate “Choorna tradizionali” [10,11] come: Triphala choornam, Kolakulthadi choornam, Jivantyadi choornam, Gruhadumadi choornam, etc.

A sostegno dell’efficacia di Udvartana sono stati condotti diversi studi in diversi contesti di malattia. In particolare uno studio condotto con Navaka Guggulu, Lekhana Basti e Udvartana con Shailayadi Churna ha mostrato benefici nell’obesità; in questo studio Udvartana ha dimostrato una attività significativa sui quasi tutti i parametri eliminando i vizi dei Dosha nel corpo e interrompendo la patogenesi (Samprapti Vighatan) a livello cellulare. [15]

L’effetto di Udvartana nel ridurre parametri psicofisici come peso, BMI, WHR e valori dei lipidi sierici e di altre scale di valutazione dello stress, si è riflesso positivamente sulla qualità di vita e del sonno dei pazienti. [16]

In uno studio Ruksha Udvartana con Kolkulatthadi Churna ha dimostrato effetti importanti sulla riduzione del peso corporeo [17] ed è stato condotto inoltre uno studio che ha suggerito l’utilità di Udvartana nel trattamento di Katishula (mal di schiena). [18]

In uno studio la somministrazione di Guduchyadi Yoga e Udvartana con Haritaki Churna [19] e in un altro studio Triphaladi Taila Abhyanga e Triphala Churna Udvartana [20] hanno dimostrato efficacia sull’obesità. Rukshana Upakrama (Takra Siddha Yavagu) e Udvartana possono aiutare nella normalizzazione del profilo lipidico (dislipidemia) e nella riduzione del peso, di BMI, di circonferenza del corpo e dello spessore della plica della pelle; questi effetti sono ricondotti alla proprietà Shoshana e Kapha ‑ Medohara (attenuazione dei vizi di Kapha e Meda) del trattamento. [21]

Diverse procedure di panchakarma si sono dimostrate efficaci nella gestione della paralisi cerebrale; la procedura Udvartana consente di aprire i canali più minuti migliorando la circolazione sanguigna così come la circolazione linfatica.

Udvartana si profila come “kapha, vata hara “e rappresenta anche un pre-trattamento ideale anche per altre procedure come Abhyanga, Swedana e Basti; Udvartana dimostra una significativa efficacia in “Amavastha” (accumulo di tossine di scarto nel corpo). [22]

Udvartana è un’importante procedura di Panchakarma utilizzabile da sola o con altri interventi curativi e si dimostra una delle migliori procedure per gestire l’obesità. Udvartana allevia Kapha Dosha, riduce l’eccesso grasso corporeo, aumenta la vigoria del corpo, migliora il colore della pelle e dimostra molti effetti positivi su vari altri parametri psico-fisici. Udvartana è una procedura molto semplice e priva di effetti collaterali inoltre e ha il vantaggio di essere economica rispetto altri costosi pacchetti e trattamenti per la riduzione del grasso corporeo. [1,12]

 

Udvartana nelle problematiche dell’obesità

Nell’attuale era della globalizzazione si sta progressivamente assistendo ad un cambiamento dello stile di vita caratterizzato da un’esistenza sempre più sedentaria, da mancanza di tempo per l’ esercizio fisico, da stress, da cibi ad alto contenuto calorico e dall’abitudine all’assunzione di cibo anche quando non necessaria. [23]

Questo nuovo e veloce stile di vita è tra le cause dei disequilibri nell’omeostasi del corpo. [24]

Se da un lato questo nuovo stile di vita genera soddisfazione per la disponibilità di cibo sempre più abbondante e gustoso e richiede minore necessità di lavoro fisico, dall’altro sta generando un carico di malattie croniche non inevitabili come il diabete mellito, ipertensione, cancro, ischemia malattie cardiache, accidenti cerebro-vascolari, aterosclerosi, vene varicose, artrosi così come disturbi psicologici come stress, ansia, depressione, ecc. [25]

Questi malattie sono state riconosciute come le principali malattie mortali del nuovo millennio e l’obesità è considerata uno dei principali fattori di rischio per queste malattie. [26]

L’obesità è uno scottante problema a livello globale in quanto può causare una molteplicità di gravi problemi per l’organismo e quindi la prevenzione dell’obesità dovrebbe essere una delle principali esigenze di salute quotidiana soprattutto per ridurre il rischio di contrarre molte malattie anche gravi. [27]

Nella medicina ayurvedica Sthaulya (obesità) può essere considerato come il risultato di alterazione dei normali processi metabolici del corpo. [28]

Acharya Charaka ha incluso “atisthoola” (obesità grave) tra “ashta nindita purusha”, un gruppo di otto condizioni di salute indesiderate, causata da percorsi metabolici viziati. Quindi “agni” ha un ruolo cruciale nello sviluppo di questi problemi di salute.

E’ sorprendente osservare come l’Ayurveda avesse concepito questa visione fisiopatologica già migliaia di anni fa sottolineando come errati stili di vita e dietetici fossero fattori causali per il disequilibrio di “doshadhatusamya”.[12]

In questo contesto i concetti “swasthvritta” (la branca dell’Ayurveda che considera tutti i fattori per mantenere la salute e prevenire la malattia) come dinacharya, ritucharya, achararasayana ecc, sono stati sviluppati dagli antichi Acharyas come strategie per la prevenzione e cura di questi specifici disturbi. [29]

Dinacharya, uno tra i codici di condotta per una vita sana, prevede varie procedure come abhyanga, Udvartana, pradeha, pariseka, mardana, vyayama, ecc. allo scopo di mantenere un buono stato di salute (swasthalakshana). [30]

In Dinacharya Udvartana aiuta a potenziare agni che contribuisce al corretto metabolismo sia del grasso sottocutaneo che viscerale. Udvartana è ritenuto uno tra i regimi giornalieri per il mantenimento di swasthya utile per curare i doshas aggravati da stili di vita difettosi. [12]

Nei testi classici gli Acharyas hanno descritto l’efficacia di Udvartana per la gestione di sthaulya e delle sue proprietà Kaphahara, medovilayana, angasthirikarana, ecc. [12]

 

Benefici di Udvartana nelle problematiche dell’obesità

Nelle problematiche dell’obesità Udvartana contribuisce: ad alleviare il dolore tramite un percorso di gating neurale e riducendo la sensibilità dei recettori del dolore; aiuta ad eliminare l’odore indesiderato del corpo rimuovendo batteri e sostanze la cui conversione ne è causa; riduce il prurito attraverso siramukhavishodhanaguna; diminuisce la sonnolenza ( tandra) migliorando la circolazione sistemica soprattutto cerebrale; contribuisce a combattere l’impotenza riducendo il colesterolo ed ostacolando il legame del testosterone con il colesterolo aumentando la disponibilità di testosterone. Le sostanze applicate sulla pelle attraverso Udvartana regolano “Bhrajaka pitta” di cui l’attività degli enzimi metabolici è causa di “deepana” e “pachana”. Udvartana esercita inoltre vaso-dilatazione che aiuta a migliorare il colore della pelle. [12]

 

Più in dettaglio

Come anticipato nell’introduzione, nell’organismo ognuno dei quattro tiryakgatadhamani si organizza in un complesso “gating” di comunicazione che si diffonde lateralmente suddividendosi trasversalmente in centinaia e migliaia di rami che si comportano come aperture comunicanti tra loro e le loro bocche si trovano ampiamente distribuite in prossimità dei follicoli piliferi. Questa complessa struttura di interscambio tra interno ed esterno assume valenza “sweda” e “rasa” per l’organismo e attraverso questa struttura le sostanze medicinali (in forma di unzione, versando liquidi sul corpo e applicazioni di paste) agiscono come “paka” entrando nell’organismo.[12]

I benefici dell’Udvartana dipendono da 2 fattori: 1) dalla procedura di Udvartana, 2) dal Dravya usato per Udvartana.

I generali benefici di Udvartana sono ampiamente descritti nei testi classici della medicina ayurvedica come vatahara, kaphahara, angasthirikarana ecc.. Questi benefici possono essere spiegati sulla base della modalità di azione di Udvartana e principalmente riferendosi al concetto di “medodhatu” che considera primariamente l’architettura strutturale -colesterolo/doppio strato lipidico- della membrana di una cellula, coinvolgendo anche tutti gli altri “snigdhabhava” (trigliceridi, colesterolo, fosfolipidi, acidi grassi e altri derivati dei lipidi nel corpo ecc.) che sono essenziali per il metabolismo cellulare nello svolgimento delle funzioni vitali del corpo. [12]

Il concetto di “medodhatu” considera tutti i fattori utili al corpo per contribuire all’essenziale untuosità necessaria al suo esterno, così come quei fattori in una cellula che hanno un inevitabile coinvolgimento nel metabolismo interno della cellula necessario per le funzioni vitali del corpo; in questa visione quindi ai lipidi viene attribuito un ruolo “multilivello” nel mantenere l’integrità strutturale e funzionale della cellula. Il concetto di “ medodhatu” infatti considera i lipidi presenti nei tessuti adiposi, nel doppio strato lipidico della struttura membrana cellulare e tutti gli altri “snighabhava” di una cellula (i trigliceridi, il colesterolo, fosfolipidi, ecc.) che sono essenziali per il metabolismo cellulare. [12]

Nelle problematiche del dolore ( Vatahara) la “nirukti” di Vata è “Vaagatigandhana”. Come noto Vata è responsabile delle attività sensoriali e motorie del corpo. Qualsiasi disturbo motorio e sensoriale del corpo (anche del dolore) implica un sottostante vizio di Vata. La procedura Udvartana agisce attraverso la pelle e regola le funzioni di Vata nel corpo mitigando disturbi sub-acuti o cronici correggendo i vizi di Vata che provocano il dolore. Dal punto di vista meccanicistico gli effetti “vatahara” di Udvartana possono essere spiegati dal fatto che la procedura stimola i recettori tattili e gli impulsi, attraverso la rete di ramificazione collaterale, attivano gli interneuroni che rilasciano l’encefalina (le encefaline sono neurotrasmettitori della famiglia delle endorfine. Vengono secrete a livello cerebrale e sono coinvolte nella regolazione della sensazione dolorifica). L’encefalina si lega ai recettori di membrana delle terminazioni nervose primarie nella via del dolore influenzandone la polarizzazione. Questo effetto induce una riduzione del rilascio di sostanza P ( un neuropeptide, un polipeptide a catena corta, appartenente alla famiglia delle tachichinine, che agisce da neurotrasmettitore nei mammiferi) con conseguente inibizione della trasmissione dei segnali di dolore ai neuroni. Parallelamente Udvartana stimola la circolazione e l’apporto di ossigeno nei tessuti aiutando a ridurre il dolore deprimendo la sensibilità dei recettori del dolore. Nel caso di sthaulya (obesità) Medas e Kapha viziano Vata e in questo caso Udvartana, riducendo Kapha e Medas, agisce sul vizio di Vata normalizzandone il movimento. [12]

 

Nei trattamenti rassodanti del corpo (Angasthirikarana) in persone obese, nelle quali vi è un notevole aumento di adipociti, Udvartana lipolizza gli adipociti con un conseguente rimpicciolimento delle cellule che si ricompattano ridonando solidità ai tessuti. Udvartana allevia la tensione muscolare, la rigidità, gli spasmi e la contrazione dei tessuti muscolari con un miglioramento del tono muscolare e della mobilità articolare. Stimolando la circolazione, Udvartana favorisce la nutrizione e lo sviluppo del sistema muscolare. Una maggiore circolazione porta ad un aumento della quantità di ossigeno e di sostanze nutritive nel muscolo. Udvartana inoltre determina la rimozione dei metaboliti secondari che producono affaticamento. [12]

Nella promozione della salute della pelle (Tvakprasadakara) Udvartana, migliorando la circolazione sanguigna, migliora la grana della pelle e la quantità di sangue e di melanociti che determinano il colore della pelle; inoltre attraverso l’attrito sulla pelle Udvartana, migliorando la circolazione sanguigna, favorisce una maggiore presenza di globuli rossi che non vengono direttamente prodotti dalla procedura ma riattivano quelli “dormienti” nel sistema circolatorio. Come conseguenza di questi effetti le cellule della pelle vengono favorite con una maggiore quantità di ossigeno e di sostanze nutritive che sono necessarie per una migliore struttura e colore della pelle. Udvartana provoca inoltre vaso-dilatazione che aiuta a migliorare il colore della pelle. Una migliore circolazione promuove anche il rimozione dei materiali di scarto ed anche questo effetto contribuisce al “prasadana” della pelle. In Ayurveda quasi tutte queste funzioni sono attribuite al sistema “bhrajaka pitta”. [12]

Nella regolazione dell’odore della pelle e del corpo (Dourgandhayahara) Udvartana agisce rimuovendo batteri e sostanze la cui conversione biochimica provoca l’odore del corpo. L’odore del corpo è influenzato dalle azioni della flora batterica della pelle, compreso il ceppo batterico Coryne, che produce enzimi chiamati lipasi che degradano i lipidi nel sudore per creare molecole più piccole come l’acido butirrico. Queste molecole più piccole sono fortemente odorose e conferiscono al corpo l’odore e l’aroma caratteristico. Anche l’acido propionico, che è presente in molti campioni di sudore, è un prodotto di degradazione di alcuni amminoacidi propionici da parte di batteri che prosperano nel condotti delle ghiandole sebacee, ad esempio ascellari, di adolescenti e adulti. Poiché l’acido propionico è chimicamente simile all’acido acetico, con caratteristiche simili tra cui l’odore, alcune persone possono avere un odore molto simile a quello dell’aceto. In queste problematiche Udvartana determina una diminuzione dei mala di Meda, con conseguente riduzione della produzione di sudore in eccesso. [12]

Nella riduzione del prurito (Kanduhara) Udvartana, agisce come “grattante” e in certa misura allevia il prurito. Kandu (il prurito) è dovuto a un’ostruzione di “svedavahasrotas”. Udvartana disostruisce gli orifizi di “svedavahasrotas” dai suoi “siramukhavisodhanaguna”, normalizzando gli “svedapravritti” e quindi riducendo il prurito. Grattarsi allevia il prurito ed il meccanismo di Udvartana è lo stesso ipotizzato per il controllo del dolore, cioè l’effetto “grattante/graffiante” stimola le afferenze con impulsi ampi e veloci che determinano l’inibizione pre-sinaptica delle fibre nelle cellule del corno dorsale. [12]

Per la riduzione del peso (Gouravahara) Udvartana determina una riduzione di Kapha e Medas (Kaphahara e medohara) donando leggerezza al corpo. Udvartana aiuta a far scoppiare le cellule adipose del tessuto sottocutaneo in modo che il grasso trasudi; le cellule quindi si restringono e il grasso viene riassorbito dalla circolazione [12]; è interessante osservare che questo meccanismo d’azione è del tutto simile a quello delle moderne tecnologie di cavitazione per la riduzione dell’accumulo di grasso viscerale.

Per il contrasto alla sonnolenza (Tandrahara) Udvartana, come gran parte di dinacharya, conferisce freschezza all’individuo migliorando la circolazione. Udvartana migliora anche la circolazione cerebrale. Udvartana provoca una apertura dei canali garantendo un adeguato apporto di sostanze nutritive e di ossigeno al cellule del corpo. La pressione alternata e il rilassamento generano una maggiore portata di sangue ossigenato alla parte del corpo trattata. Udvartana favorisce il nutrimento di tutti i tessuti rimuovendo la fatica ed eliminando i prodotti di combustione metabolica; in questo modo una persona diventa più energica. Tandra (sonnolenza) è a causata da “tamoguņa”, che risulta aumentata in vikŗtakapha; Udvartana riducendo Kapha allevia Tandra. [12]

Nella rimozione di prodotti d’escrezione (Malahara) Udvartana genera “srotomukhavishodhana” di “svedavahasrotas” aumentando l’attività escretoria delle ghiandole sudoripare. I materiali tossici (Mala) devono essere rimossi dai tessuti per ripristinare le normali funzioni del corpo; in Mala sono inclusi purisha, mutra e sveda. Incrementando la circolazione ed il drenaggio linfatico nei tessuti Udvartana aumenta la produzione di urine che come il sudore è una sostanza d’escrezione.[12]

Nella gestione dell’impotenza (Sukrada) le proprietà Medohara di Udvartana riducono il colesterolo ostacolandone il legame con il testosterone rendendo così più testosterone disponibile. In sthoulya, si assiste ad un incremento di “medodhatvagni” e per questo motivo “uttarottaraposhana” di dhatu viene ostacolata. Udvartana corregge “medodhatvagni” favorendo la formazione di “uttarottara dhatu” e il livello finale di “dhatu sukra”. Nella moderna letteratura scientifica è stato ampiamente dimostrato che “il grasso lega il testosterone”, cioè livelli elevati di lipidi nel sangue diminuiscono il testosterone. [12]

Gli effetti sulla morbidezza della pelle (Tvakmrduta) di Udvartana sono legati alla sua capacità esfoliante delle cellule morte superficiali della pelle. L’azione costante della mano del terapista rimuove continuamente le cellule morte; questo promuove la crescita di un nuovo strato epidermico e la circolazione sanguigna, fornendo anche ossigeno alle cellule del derma. Le ghiandole sebacee e sudoripare e i follicoli piliferi vengono liberati da ostruzioni e possono funzionare in modo più efficace. Queste effetti portano ad una adeguata secrezione sebacea da parte delle ghiandole esocrine della pelle con un conseguente miglioramento di lubrificazione e dell’aspetto della pelle. Attraverso questi meccanismi Udvartana mantiene la pelle lucente e morbida. Udvartana migliora lo stato il nutritivo della pelle anche a causa della vasodilatazione cutanea. [12]

Gli effetti di Udvartana sui parametri corporei

In relazione al peso corporeo Samhanana, sthiratva e gurutva sono le proprietà di kaphadosha e dridhatva correlabili con il concetto di medodhatu. Gli effetti di Udvartana nella riduzione del peso possono essere spiegati sulla base degli effetti kaphahara e medohara del trattamento. L’utilità di Udvartana nel ridurre il peso e il BMI è riportata nei testi classici ayurvedici in relazione alla capacità della procedura di alleviare l’eccesso di kapha e meda che risultano “imparentati” sulla base di “Asrayasrayibhava”. Secondo Acharya Caraka,meda” è la sede di “sleshm”, e meda e sleshma possiedono proprietà simili quindi qualsiasi diminuzione o aumento di una componente influenzerà di conseguenza l’altra. [12]

In relazione alla percentuale di grasso corporeo Udvartana può rimuovere i depositi di tessuto adiposo nei vari strati del corpo. In soggetti con BMI ≥ 25 kg / m2 è stato osservato un incremento del numero e delle dimensioni degli adipociti. Eseguendo Udvartana su questi soggetti le cellule adipose vengono lipolizzate. Udvartana provoca la stimolazione di sistema nervoso simpatico e il corpo rilascia noradrenalina. La noradrenalina attiva la lipasi sensibile agli ormoni. Questo ormone è responsabile della scomposizione dei TG in acidi grassi liberi che subiscono il catabolismo; attraverso questo meccanismo Udvartana favorisce la riduzione percentuale del grasso corporeo. [12]

Sull’ emoglobina Udvartana, stimolando il sistema nervoso simpatico che a sua volta provoca contrattura splenica, aumenta la rilascio di globuli rossi nel sangue, portando l’Hb a salire di livello.

Gli effetti di Udvartana sul profilo lipidico sono riconducibili all’efficienza di coinvolgimento “medodhatu” comprendendo anche lipidi e colesterolo; in sintesi è stato osservato come Udvartana favorisca la produzione di colesterolo buono (HDL) e limiti la produzione di colesterolo cattivo (LDL) e come si riscontri la formazione di più proteine e di minori quantitativi di grassi. Questi effetti determinano un cambiamento positivo nel profilo lipidico. [12]

 

__________________References__________________

1. Verma, Jatinder, Pravesh Srivastava, and Garg Gunjan. “Udvartana (Ayurveda Powder Massage): A Review Article.”
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11. Sushruta Samhita, Chikitsasthana, Chapter 24/52-56, Dr Kewal Krishan Thakral, Chaukhambha Orientalia, Varanasi.
12. Jaseena C, Anjana R. Clinical understanding of Udvartana (massage with powdered herbs) and its medohara (anti-obesity) property. Int J Health Sci Res. 2020; 10(4):135-140
13. Sushruta Samhita, Chikitsasthana, Chapter 1/81-82, Dr Kewal Krishan Thakral, Chaukhambha Orientalia, Varanasi.
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____________________________________________ 

 

A cura della direzione scientifica di Benefica

International Journal of Health Sciences and Research Vol.10; Issue: 4; April 2020. 

“CLINICAL UNDERSTANDING OF UDVARTANA (MASSAGE WITH POWDERED HERBS) AND ITS MEDOHARA (ANTI-OBESITY) PROPERTY”  

Jaseena C.1, Anjana R.2 

Author information:

1 Associate Professor, Department of Kriyasareera.

2 Assistant Professor, Department of Kaumarbhritya

KMCT Ayurveda Medical College, Manassery, Kozhikode, Kerala – 673 602

 

ABSTRACT

Aim: To elaborate the clinical understanding of Udvartana (massage with powdered herbs) and its Medohara (anti-obesity) property.

Materials and methods: Thorough literary search through various Ayurveda classics and online and print databases such as PubMed, PubMed Central, Embase, EBSCO, Scirus etc and other thesis / dissertation depositories.

Discussion: Anointing the body with oils or some other materials with a specific pressure, in pratiloma direction (from feet towards head) is called as Udvartana. It is explained in the context of dinacarya by most of the classical books. It is said that this procedure should be done on a daily basis; for the maintenance of the good health and its therapeutic indications are found in various diseases.

Conclusion: Udvartana can be effectively made use as a Medohara (anti-obesity) practice.

 

Keywords: Ayurveda, Udvartana, medohara, anti-obesity, pratiloma.

ISSN: 2249-9571

International Journal of Research and Review (IJRR)

Index Copernicus Value (ICV) for 2019: 96.58/100.00

 

 

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Newsletter Fitoterapia nr. 55 – Luglio 2020

Piante medicinali e oli essenziali nella prevenzione e nel trattamento coadiuvante delle infezioni ricorrenti delle basse vie urinarie 

J. Med. Plants 5 (2017): 50-56.

“An overview on urinary tract infections and effective natural remedies.” 

Pulipati, Sowjanya, et al.

 

La newsletter

La terapia delle cistiti rappresenta un problema molto frequente nella pratica clinica e la natura ricorrente di alcune di esse in molti pazienti pone la necessità di limitare allo stretto necessario l’impiego degli antibiotici che risultano la scelta di prima linea in acuto. Se da un lato gli antibiotici risultano di fatto inevitabili in acuto, il trattamento preventivo di forme sub-acute e ricorrenti può essere oggi affrontato anche ricorrendo alle numerosissime formulazioni nutraceutiche che offrono soluzioni anche molto diverse ed efficaci.

Prendendo spunto dall’articolo in evidenza, pubblicato da Journal of Medicinal Plants Research nel 2017, proponiamo in questa newsletter una sintesi dei razionali di effetto di diverse piante medicinali tradizionalmente impiegate per il benessere delle vie urinarie ed analogamente di alcuni oli essenziali che, singolarmente o in associazione tra loro, rappresentano a loro volta un possibile approccio alternativo per la prevenzione delle infezioni ricorrenti delle vie urinarie inferiori. La newsletter tratta anche dei generali meccanismi antibiotico simili degli oli essenziali.

 

Il problema

Le infezioni del tratto urinario (IVU: Infezioni delle Vie Urinarie) sono una malattia molto frequente nelle donne (in rapporto 1:8  uomini/donne) che può colpire le persone per tutta la loro durata della vita. Le infezioni del tratto urinario sono causate da batteri patogeni come ad esempio Escherichia coli, Staphylococcus saprophyticus, Klebsiella pneumoniae, Proteus mirabilis e funghi come Candida albicans. Nella pratica clinica gli antibiotici vengono ritenuti i farmaci indicati per trattare le IVU ma non rappresentano una soluzione ideale. L’uso di antibiotici infatti agisce negativamente sulla flora batterica positiva che è ritenuta fondamentale per un sistema immunitario perfettamente funzionante. L’uso di antibiotici in alta percentuale incide nell’aumentare i ceppi batterici resistenti e diminuisce l’efficienza degli antibiotici stessi. Se da un lato quindi l’uso giudizioso degli antibiotici si dimostra l’approccio farmacologico indicato anche l’impiego di agenti antimicrobici naturali può risultare come un vantaggioso e sicuro rimedio coadiuvante per trattare le infezioni del tratto urinario, senza aumentare il rischio di resistenza agli antibiotici. [1]

Questi preparati, molto diffusi nella moderna nutraceutica come integratori naturali, sfruttano anche gli effetti di alcune piante medicinali, che agiscono con meccanismi molto diversi tra loro, ed anche gli oli essenziali da esse concentrati e ottenuti, possono agire positivamente in prevenzione e nel trattamento coadiuvante delle sintomatologie ricorrenti sub acute delle vie urinarie inferiori mentre, per alcune motivazioni di seguito esposte, l’uso di soli prodotti naturali in presenza di sintomatologia acuta delle basse vie urinarie dovrebbe essere considerato con molta prudenza; nelle evidenze cliniche infatti i preparati “naturali” (nei dosaggi normalmente proposti negli integratori naturali) non dimostrano di uguagliare la potenza e la capacità di contrasto/eradicazione batterica degli antibiotici convenzionali di prima scelta che non sempre risultano completamente efficaci. La presenza di patogeni microbici nel tratto urinario può generare comunemente infezione (con sintomi associati) del tratto urinario inferiore (cistiti ricorrenti) ma più gravemente anche di quello superiore (polinefrite) anche per la possibile migrazione ascendente di patogeni non efficacemente contrastati (o più difficilmente eradicati) e quest’ultima condizione è frequente; è quindi da tenere in primaria considerazione che un’infezione del tratto urinario possa coinvolgere qualsiasi parte del nostro sistema urinario come reni, ureteri, vescica e uretra. [1]

Esistono infatti notoriamente due tipi di infezioni del tratto urinario e cioè: le infezioni del tratto urinario inferiore (comuni e/o ricorrenti, cistite, prostatite e l’uretrite) e le infezioni del tratto urinario superiore (pielonefrite: infezione del rene che di solito è il risultato di un’infezione che si è diffusa dal tratto urinario o da un’ostruzione nel tratto urinario; pielonefrite acuta: infezione di uno/entrambi i reni, a volte anche del tratto inferiore con piuria e febbre; la pielonefrite cronica: particolare tipo di patologia renale che potrebbe non essere dovuta a infezione). Le infezioni del tratto urinario (UTI) superiore e inferiore sono ulteriormente suddivise in: complicate (infezione del tratto urinario con anomalie funzionali o strutturali ad esempio in presenza di cateteri e calcoli renali, con fattori predisponenti dell’ospite come età, cateterismo, diabete mellito, lesioni del midollo spinale che causano complicate IVU; di solito sono cistiti di lunga durata e/o emorragiche); e semplici (infezione strutturale e del tratto urinario neurologicamente normale; cistite semplice di breve durata di 1-5 giorni).[1]

Le infezioni del tratto urinario di solito si sviluppano prima nel tratto urinario inferiore (uretra, vescica). Se queste le infezioni non vengono adeguatamente trattate (riproponendo le riflessioni sull’uso di soli prodotti naturali in presenza di sintomatologie acute), possono progredire verso il tratto urinario superiore (ureteri, reni). Esistono infatti due importanti percorsi attraverso i quali i batteri possono invadere e diffondersi nel tratto urinario: la via ascendente e le vie ematogene; l’infezione ascendente è la via di infezione più comune quando nelle donne si sviluppano infezioni del tratto urinario dovuti ad uropatogeni della flora fecale che colonizzano l’introito vaginale e modificano la normale flora batterica (difterite, lattobacilli, coagulasi negativi stafilococchi e specie streptococciche). La colonizzazione dell’introito vaginale da parte di E. coli sembra essere uno dei primi passi critici nella patogenesi delle UTI sia acute che ricorrenti; la maggior parte degli uropatogeni ha origine nella flora del retto ed entra nella vescica attraverso l’uretra. [1]

Tra i microbi che causano infezione del tratto urinario l’Escherichia coli è uno dei patogeni più comuni causanti UTI, seguito da Staphylococcus saprophyticus. [2]

Altri agenti patogeni come Proteus mirabilis, Klebsiella pneumoniae ed Enterococcus faecalis sono anche comunemente causa di IVU non complicate e complicate. [3]

I sintomi di un’infezione del tratto urinario possono dipendere dall’età, genere, presenza di un catetere e da quale parte del tratto urinario è stato infettato. I sintomi più comuni di infezione del tratto urinario includono:[4-7] forte e frequente bisogno di urinare, urina torbida, con sangue o forte odore, dolore o sensazione di bruciore durante la minzione, urina con sangue o pus, nausea e vomito, dolori muscolari e dolori addominali, febbre. Le donne hanno un rischio maggiore di sviluppare un’infezione del tratto urinario rispetto agli uomini. È comune tra le donne di tutte le fasce d’età e l’incidenza e la prevalenza aumentano con l’età. [8,9]

L’incidenza di infezione nelle femmine aumenta direttamente con l’attività sessuale e la gravidanza. La maggior parte delle donne avrà una storia di incidenza di IVU nella loro vita e il rischio di aumenti di insorgenza in postmenopausa. [10,11]

Data la delicatezza di questo contesto quindi la scelta degli antibiotici non solo rimane di prima scelta ma anche quasi obbligata infatti le IVU sono di prassi trattate con antibiotici come raccomandato dalle linee guida primarie. Il trattamento con antibiotici mira a eradicare i batteri che causano l’infezione e la scelta del farmaco dipende dall’entità dell’infezione (complicata / semplice), dagli agenti patogeni e dai modelli di resistenza. Per questi motivi, in condizioni acute (in presenza di febbre e/o sanguinamento) di infezioni del tratto inferiore delle vie urinarie, il consiglio di trattamento con soli prodotti naturali è altamente controverso in mancanza di evidenze di una significativa o completa capacità di eliminazione/eradicazione dei patogeni; per contro i prodotti naturali possono essere altamente utili nella prevenzione della ricorrenza delle comuni infezioni delle basse vie urinarie e possono dimostrarsi utili coadiuvanti del trattamento farmacologico in acuto. Tra gli esempi di antibiotici per l’infezione del tratto urinario si annoverano: Trimetoprim/ sulfametossazolo, Fosfomicina, Nitrofurantoina, Ciprofloxacina, Levofloxacina, Cephalexin, Ceftriaxon, Azitromicina, Doxiciclina e normalmente vengono suddivisi in antibiotici per il trattamento empirico di IVU semplici in: antibiotici di prima linea (Trimetoprim o sulfametossazolo in comunità con tassi di resistenza per E. coli <20%, possibilmente limitando l’uso nelle donne che sono state trattate nei sei mesi precedenti poiché hanno maggiori probabilità di avere resistenza ai patogeni), antibiotici di seconda linea o per patogeni resistenti alla prima linea in comunità (Flurochinolonici: Ciprofloxacina, Levofloxacina, Norfloxacina, Ofloxacina). Gli antibiotici risultano la prima scelta di trattamento clinico ma determinano nella popolazione anche elevati tassi di resistenza che risulta aumentata nei confronti di vari antimicrobici e oltre un quarto dei ceppi di E.coli, che causano cistite acuta, sono resistenti all’amoxicillina e la resistenza ad altri farmaci come sulfametossazolo, cephalexin e co-trimoxazole si sta avvicinando agli stessi livelli; analogamente sta aumentando la resistenza ai flurochinolonici. [1]

 

I rimedi naturali nel trattamento preventivo e coadiuvante delle infezioni delle basse vie urinarie

La fitoterapia di molti sistemi medici tradizionali e la moderna scienza nutraceutica (integratori naturali) offrono numerose soluzioni per mantenere la salute del sistema urinario. Questi preparati offrono singoli effetti medicamentosi spesso diversi tra loro singoli o multipli tra i quali ad esempio quelli antimicrobici, diuretici ed antinfiammatori.

Tra le sostanze naturali tradizionalmente impiegate per la salute delle basse vie urinarie possono essere citate ad esempio l’aceto di mele (impedisce la proliferazione batterica) [12]; l’Ananas comosus L. (la Bromelina possiede proprietà antinfiammatorie che riducono i sintomi delle IVU) [1]; succo di Mirtillo nero (Vaccinium corymbosum che possiede proprietà batteriostatica utile nel trattamento di infezione del tratto urinario) [1]; Uva ursi (Arctostaphylos uva-ursi che è un’erba usata tradizionalmente per alcuni tipi di infezioni delle vie urinarie ma da non usare per periodi prolungati per effetti tossici) [1]; Tarassaco (Taraxacum che è un potente diuretico usato per risciacquare la vescica e alleviare i sintomi) [1]; Zea mays (ha proprietà lenitive, mucillaginose o demulcenti e calma la mucosa irritata ed ha anche un effetto diuretico) [1]; Equisetum arvense (viene utilizzata nella difficoltà di minzione accompagnata da sangue e forte dolore durante la minzione; possiede effetti diuretici e astringenti ed allevia anche il dolore nella sensazione di pienezza della vescica non alleviata dalla minzione) [1]; Althea officinalis (ha un effetto emolliente sulle mucose irritate del tratto urinario) [1]; Hydrastis canadensis (è un potente antibatterico e antinfiammatorio delle pareti del tratto urinario) [1]; Citrus paradisi (l’estratto del seme del frutto e della polpa agisce come antisettico naturale) [1]; Allium sativum (l’aglio è noto da tempo per proprietà antibatteriche e per la sua capacità di sopprimere l’infiammazione) [1]; Echinacea (l’Echinacea purpurea è riconosciuta da sempre come un antibiotico naturale e stimolatrice del sistema immunitario per superare l’infezione) [1]; Zinco (è uno dei principali micronutrienti che supporta il sistema immunitario e riduce l’infezione batterica per molti aspetti [13]); Vitamina C (che è un nutriente che combatte le infezioni [14]); Bicarbonato di sodio (che neutralizza l’acidità dell’urina e dona sollievo dal dolore. Previene la diffusione dell’infezione, è utile per prevenire le UTI ricorrenti); Acqua (in caso di infezione del tratto urinario bere molta acqua, da otto a dieci bicchieri di acqua in un giorno per urinare di più ed eliminare i batteri).[1]

Attualmente tra i preparati naturali più diffusi devono essere menzionati quelli a base di Mirtillo rosso (Vaccinium macrocarpon o Vacinnium oxycoccus) il cui succo è ritenuto un tradizionale rimedio per il trattamento delle infezioni del tratto urinario [1]; il concentrato di mirtilli rossi impedisce ai batteri E. coli di aderire alla superficie del tratto urinario riducendo l’incidenza di IVU ricorrenti grazie ad una proantocianidina-flavonoide che ha effetto antibatterico. Il mirtillo rosso aiuta a regolare il pH delle urine ed allevia il disagio durante la minzione attivando anche i macrofagi (rinforzando il sistema immunitario) per migliorare la guarigione delle ferite e ridurre infiammazione [15]; questi estratti riducono il rischio di batteriuria asintomatica. [16]

La società canadese degli ostetrici e ginecologi raccomanda prodotti a base di mirtillo rosso per prevenire le infezioni del tratto urinario ricorrenti. [1]

 

Gli oli essenziali come “antibiotici naturali”

Gli oli essenziali ottenuti da alcune piante medicinali rappresentano un ulteriore strumento nel trattamento coadiuvante e nella prevenzione delle infezioni ricorrenti della basse vie urinarie. Gli oli essenziali, di cui si conoscono le MIC nei confronti di numerosissimi patogeni, hanno il vantaggio generale di agire, già singolarmente o in associazione tra loro, ad ampio spettro. Come noto gli oli essenziali sono miscele (alcoli, chetoni, aldeidi, composti fenolici, terpenoidi) concentrate e complesse di potenti fitochimici che esercitano effetti medicamentosi noti da secoli. [17]

Essi offrono effetti medicamentosi multipli di varia natura da quelli “centrali” quando inalati a quelli antivirali, antibatterici, antimicotici ed antinfiammatori oltre che balsamici, decongestionanti e mucolitici. Si deve principalmente agli effetti antibatterici, antifungini e antinfiammatori il razionale del possibile impiego anche degli oli essenziali nel trattamento delle UTI nei confronti delle quali esercitano significativi effetti valutati anche in ambiente ospedaliero. In generale, grazie alla complessità della loro composizione, gli oli essenziali agiscono con potenti effetti antibatterici nei confronti sia di patogeni aerobi che anaerobi aggredendo i patogeni con meccanismi antibiotico-simili multipli. E’ questo il motivo per il quale possono essere impiegati come efficaci soluzioni preventive nelle UTI. [17]

Come noto gli oli essenziali non possono essere somministrati puri ma devono essere sempre opportunamente diluiti e veicolati in altre sostanze anche quando somministrati per via topica e, a maggior ragione, per via orale; in questo caso la diluizione degli oli essenziali in una sostanza lipidica (generalmente un olio “vettore” es. mandorle dolci o anche oliva) consente di somministrare gli OE (nell’opportuno dosaggio) attraverso un veicolo lipidico (come tale digerito) che consente la somministrazione orale degli OE in assoluta sicurezza e l’assorbimento intestinale. Attualmente, per la somministrazione orale degli oli essenziali in completa sicurezza, la moderna ricerca farmaceutica applicata alla nutraceutica sfrutta un metodo molto sicuro che è quello di diluirli in un olio vettore e quindi di vaporizzare la miscela ottenuta sulla matrice di una compressa o di una capsula, asciugandola con aria immediatamente dopo, impiegando un atomizzatore. Questa tecnica farmaceutica chiamata “spray drying” consente una distribuzione omogenea degli oli essenziali “nebulizzati” sulla matrice evitando che questi possano giungere in forma liquida, e in dosaggio eccessivo, a contatto con le mucose. L’utilizzo degli oli essenziali come “antimicrobici” naturali ad esempio nella gestione della patologie delle alte vie aeree è noto sin dall’antichità e con le stesse finalità sono stati impiegati correntemente fino alla seconda guerra mondiale come ad esempio fece Jean Valnet (1920-1995), medico militare. [17]

I potenti effetti antimicrobici degli oli essenziali, tradizionalmente noti, sono oggi anche confermati dal loro studio come bioattivi, associati ad antibiotici di sintesi, utili a limitare il crescente fenomeno dell’antibiotico resistenza e in questi ultimi anni la ricerca scientifica si è molto concentrata nello studiare e confermare i meccanismi d’azione “antibiotici“ degli oli essenziali e delle sostanze in essi contenute. L’ampia letteratura scientifica disponibile suggerisce oggi che diversi oli essenziali si dimostrano significativamente efficaci nel contrastare comuni infezioni senza indurre fenomeni di resistenza o limitandoli notevolmente. Gli studi disponibili sono concordi nel concludere che gli oli essenziali (che sono miscele complesse di fitochimici) esercitino la loro potente attività antimicrobica inibendo o interagendo con più bersagli nella cellula [18,19]; questo aspetto spiegherebbe anche la capacità degli oli essenziali di agire ad ampio spettro su diversi ceppi batterici. Gli oli essenziali posseggono comunque effetti antimicrobici, non specifici, dovuti alla natura altamente lipofila della miscela dei componenti che consente il loro l’ingresso attraverso le membrane cellulari alterandone l’architettura strutturale e determinando la perdita di contenuto cellulare e conseguentemente morte del batterio. [20,21]

Ad esempio gli oli essenziali di Citrus sinensis (Arancio) e di Citrus bergamia (Bergamotto) sull’Enterococcus faecium e E. faecalis determinano cambiamenti sulla membrana batterica modificandone la permeabilità, riducendo il pH intracellulare, inducendo perdita del potenziale di membrana e una riduzione della concentrazione di ATP. [22]

Questi effetti vengono ricondotti all’alto contenuto negli oli essenziali di composti fenolici tra cui carvacrolo, timolo e eugenolo ed è accertato che i fenoli sono in grado di alterare le membrane cellulari per riduzione della forza proton motrice con una successiva diminuzione nella sintesi di ATP [23, 24]; la riduzione generale dei livelli di ATP ostacolerebbe necessariamente altri processi cellulari dipendenti dall’energia, inclusa la sintesi di enzimi e tossine [25]; in alcuni studi è stato dimostrato che l’esposizione al carvacrolo del Bacillus cereus ha determinato una significativa riduzione della quantità di tossine presenti nella diarrea. Il fatto che gli oli essenziali agiscano sui batteri a più livelli spiegherebbe il motivo per il quale gli oli essenziali posseggano un ampio spettro di attività ma sono sempre maggiori prove che gli oli essenziali possano agire anche su altri obiettivi cellulari specifici, variando a seconda degli organismi. La diversità negli oli essenziali dei singoli componenti ne spiegherebbe la specificità e diversità dei vari effetti. [17]

L’olio essenziale di arancio di Valencia spremuto a freddo si comporta su Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) come noti antibiotici (oxacillina, fosfomicina, imipenem e vancomicina) facendone ipotizzare un meccanismo d’azione simile [26]; l’olio dell’agrume quindi, sullo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, agirebbe anche con altri meccanismi specifici interferendo con la sintesi di peptidoglicani ed in generale con l’attività dell’autolisina; il coinvolgimento dell’autolisina da parte degli oli essenziali, era stato precedentemente ipotizzato (Carson et al.,2002) dimostrando che l’olio di Tea tree aveva indotto sui batteri il rilascio di enzimi autolitici della parete cellulare, portando alla lisi cellulare e alla morte del batterio. [26,27,28]

Gli oli essenziali esercitano attività diverse rispetto a vari microorganismi. Diversi studi dimostrano ad esempio che gli oli essenziali funzionano bene contro un buon numero di batteri Gram (+) mentre hanno un effetto moderato sugli organismi Gram (-) [29] che sarebbero intrinsecamente più resistenti agli effetti degli oli essenziali per la presenza della membrana esterna che rappresenterebbe un’ulteriore barriera di permeabilità. [30]

La suscettibilità di batteri Gram(-) agli oli essenziali può variare per genere e specie; ad esempio Aeromonas idrofila, un batterio Gram negativo comunemente presente nell’acqua, risulta altamente suscettibile agli effetti degli oli essenziali attraverso un meccanismo sconosciuto; l’Enterobacter aerogenes viene inibito dall’olio di cannella per l’interazione di quest’ultimo con vari aminoacidi (decarbossilasi) [31, 32]; in questi esempi, la differenza nella suscettibilità può essere dovuta alla presenza o assenza, nel batterio, dell’obiettivo specifico dell’olio essenziale rispetto ad altri batteri Gram positivi o Gram negativi. Diversi studi concludono che gli oli essenziali possono agire come antibatterici coinvolgendo il “quorum sensing”, la divisione cellulare, la sporulazione, le risposte allo stress e il coinvolgimento delle pompe di efflusso; molti batteri Gram positivi e negativi comunicano attraverso un complesso meccanismo noto come “quorum sensing” che governa la regolazione di varie funzioni cellulari che vanno dalla formazione di biofilm all’espressione di fattori di virulenza e di tossine [29]; gli oli essenziali interferirebbero con queste reti di comunicazione batteriche inibendo l’aggressione e l’invasione da parte di alcuni agenti patogeni; gli oli essenziali sfrutterebbero un percorso alternativo per lo sviluppo antimicrobico rispetto agli antibiotici di sintesi. [33,34]

L’interferenza con il “quorum sensing” è stata dimostrata per un numero di estratti vegetali, tra cui l’aglio, che ha portato a significativa inibizione dose dipendente della formazione di biofilm in P. aeruginosa. [35,36]

Il carvacrolo, un moterpene presente in molto oli essenziali, inibisce la formazione di biofilm in S. aureus e Salmonella enterica. La capacità degli oli essenziali di interferire con il “quorum sensing” e la formazione di biofilm rappresenterebbe oggi lo spunto per lo sviluppo di nuovi antibiotici; analogamente varrebbe per la capacità degli oli essenziali di interrompere la divisione cellulare e la sporulazione come osservato sui funghi filamentosi. L’olio di corteccia di cannella risulta altamente attivo contro l’Aspergillus niger riducendo la produzione di ife e spore e, in alcuni casi, con completa inibizione della crescita. In generale la ricerca scientifica aveva già stabilito una correlazione tra alcuni oli essenziali e la riduzione della crescita micotica, attraverso l’inibizione della sporulazione e della respirazione cellulare come per l’olio essenziale di cedro e di lavanda che inducono una significativa inibizione della sporulazione e della respirazione cellulare, con scarso effetto sulla crescita, mentre gli oli della corteccia di cannella e della citronella inibiscono la crescita micotica, con poco o nessun effetto sulla sporulazione o sulla respirazione cellulare. [37]

Gli effetti degli oli essenziali sulla respirazione cellulare, e più in generale la loro capacità di influenzare i processi cellulari dipendenti dall’energia come le “pompe di efflusso” batteriche, risultano di attuale interesse poiché queste vie sono responsabili della multi resistenza in un certo numero di batteri; i meccanismi di efflusso batterici sono responsabili della riduzione della suscettibilità di molti batteri Gram negativi a sostanze fitochimiche di origine vegetale e agli oli essenziali; nello specifico il falcarindiolo (nel Levisticum officinale) e il geraniolo (nell’Helicrysum italicum) dimostrano attività anti efflusso specialmente in combinazione con ciprofloxacina e cloramfenicolo, contro i batteri Gram negativi.[38,39]

Altre sostanze negli oli essenziali, come gli alcoli e le aldeidi, esercitano specifica attività antimicrobica; gli alcoli (in particolare quelli terpenici) dimostrano una significativa attività battericida contro una vasta gamma di microrganismi; questa attività battericida viene ricondotta ad una serie di meccanismi tra cui la denaturazione delle proteine, la disidratazione delle cellule batteriche o la solvatazione delle membrane delle cellule batteriche. [40,41]

Le aldeidi invece interferirebbero in una serie di reazioni (coinvolgendo il trasferimento di elettroni sui doppi legami tra atomi di carbonio con conseguente disposizione molecolare elettronegativa che comporta un’interferenza con un gran numero di reazioni biologiche del metabolismo centrale come la respirazione e ciclo del carbonio) comportando rapida morte cellulare.[41]

Così come nella pratica clinica corrente è documentata la sinergia tra antibiotici di sintesi in combinazioni specifiche (ad es. trimetoprim/sulfametossazolo; amoxicillina/clavulanato; piperacillina/ tazobactam) [42] esistono anche esempi di associazione di antibiotici di sintesi con oli essenziali; quando ad esempio gli antibiotici β-lattamici vengono combinati in vitro con la corilagina (un polifenolo derivato da Arctostaphylos uva ursi) viene osservata una riduzione delle resistenze e della MIC; sulla base di queste osservazioni viene ipotizzato che la corilagina possa interferire con il legame degli antibiotici β lattamici con l’enzima PBP2a determinando la reversione della resistenza [43]; alcune sostanze contenute nel tè verde hanno dimostrato effetti simili in modo dose dipendente e che suggerirebbero che queste sostanze agiscano su un bersaglio specifico. Il linalolo e l’α-terpineolo (da Melaleuca leucodendron) sinergizzano con ampicillina e kanamicina e totarolo, ferulenolo, e plumbagina dimostrano effetti additivi con isoniazide e rifampicina contro Mycobacterium tuberculosis; più nel dettaglio questa combinazione aumenta di 4 volte la potenza dell’isoniazide verso Mycobacterium tuberculosis [44]; un composto isolato dalle radici di Euclea natalensis ha diminuito le MIC da 4 a 6 volte dell’isoniazide e della rifampicina. [45]

La vastità degli effetti antimicrobici degli oli essenziali deriverebbe dalla necessità del mondo vegetale di produrre una elevata quantità di composti, come gli oli essenziali, per difendersi da molteplici aggressioni microbiche; per questo motivo gli oli essenziali sono rappresentati da numerosi composti che variano per potenza e spettro di attività sia individualmente sia come miscele; le piante infatti hanno bisogno di questa molteplicità di sostanze antibiotiche, considerando la variabilità di minacce microbiche incontrate nell’ambiente in cui crescono; nella pianta gli oli essenziali spesso inibiscono una vasta gamma di microbi per la sinergia tra i singoli componenti contro più bersagli batterici. [17]

Alcuni oli essenziali utili nelle UTI

L’uso tradizionale degli oli essenziali come antibatterici naturali risale ai primordi della storia della medicina a partire dal loro uso empirico nell’antico Egitto (dove gli oli essenziali erano conosciuti come sostanze “conservanti” e per questo motivo impiegati per anche per l’imbalsamazione) per giungere fino alla moderna aromaterapia e fitoterapia. Queste antiche conoscenze sono oggi riprese in moderne formulazioni nutraceutiche e dermocosmetiche correntemente impiegate per lenire disturbi respiratori, urinari e dermatologici. Gli oli essenziali utili nel trattamento delle UTI sono numerosi e ne citeremo di seguito alcuni concentrando l’attenzione in particolare sugli effetti di TTO (Tea tree oil da Melaleuca alternifolia Cheel.) e Zenzero (Zingiber officinale Rosc.). [17]

L’olio essenziale di Syzygium aromaticum (Chiodi di garofano) è molto noto per il trattamento antimicrobico delle infezioni come confermato nel suo storico impiego in odontoiatria; esso possiede attività antimicrobiche, antimicotiche, antivirali, analgesiche e pro-immunitarie. Risulta molto utile in combinazione con antibiotici per prevenire infezioni da lieviti e nella terapia delle UTI. Promuove rapidamente guarigione e riduce l’infiammazione causata dall’infezione. L’olio di chiodi di garofano possiede potenti capacità anti-infiammatorie per dare sollievo dal dolore. [46,47]

L’olio essenziale di Cinnamomum zeylanicum (Cannella) è conosciuto per i suoi effetti antinfiammatori, antiossidanti, antimicrobici, antidiabetici e antitumorali. Esso agisce interrompendo la riproduzione dei batteri e contemporaneamente riduce l’infiammazione che causa dolore durante la minzione. È stato dimostrato che funziona significativamente contro Staphylococcus aureus ed E.coli che sono due tra i patogeni maggiormente responsabili delle UTI. La Cannella interrompe la crescita batterica già prendendo 1-4 grammi di corteccia polvere o 1 cucchiaino al giorno di olio di cannella. Una combinazione di oli di chiodi di garofano e cannella hanno dimostrato di avere un effetto sinergico sull’inibizione della crescita di E. coli. [48]

L’olio essenziale di Cymbopogan citratus (Citronella): è un significativo antimicrobico nei confronti di molti tipi diversi di batteri incluso E. coli. Possiede inoltre anche la capacità contrastare organismi resistenti ai farmaci. Uno studio ha concluso che l’olio essenziale di citronella è stato efficace nell’eliminare agenti patogeni dannosi come lo stafilococco aureus, Bacillus cereus, Bacillus subtilis, Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae. Facendo bollire una tazza d’acqua e 3 o 4 lame di citronella per 10 minuti, si ottiene un tè che dopo essere filtrato può essere bevuto 3-4 volte al giorno contrastando tutti i batteri nocivi nella vescica. [1]

L’olio essenziale di Origanum vulgare (Origano) ed anche l’estratto secco della pianta possiedono una potente proprietà antinfiammatoria e di regolazione dell’attività di citochine, utili per combattere le infezioni [20]. L’olio essenziale di origano contiene carvacrolo, un olio volatile che è un potente agente antibatterico contro E. coli e Salmonella. L’olio essenziale di origano possiede specifiche attività antibatteriche che inibiscono la crescita di E. coli e ceppi batterici di P. aeruginosa. La sua proprietà antimicrobica risulta attiva anche nei confronti di E. coli resistente ai farmaci che è agente patogeno comune nelle IVU. L’olio essenziale di origano contrasta anche le infezioni streptococciche. Uno studio ha dimostrato che l’olio di origano sia da ritenere uno dei “rimedi antibatterici alternativi per migliorare il processo di guarigione nelle infezioni batteriche e come un mezzo efficace per la prevenzione di sviluppo di ceppi resistenti agli antibiotici”. [1]

L’olio essenziale di Commiphora myrrha (Mirra), come molti altri oli essenziali, ha dimostrato di avere proprietà antibatteriche, antiparassitarie e antifungine. Quest’ olio è usato sin dall’antichità per il trattamento delle infezioni ed in particolare agisce sulle UTI in modo sinergico con altri oli essenziali (o.e. origano. o.e. chiodi di garofano). [1]

L’olio essenziale di Eucalyptus globulus (Eucalipto) può aiutare a curare naturalmente le infezioni della vescica grazie alle sue proprietà lenitive e curative. Può essere usato anche per il trattamento del mughetto, che è un effetto collaterale degli antibiotici assunti per le UTI. [1]

L’olio essenziale di Melaleuca alternifolia (Tea tree oil, TTO) vanta un secolare uso medicinale come antibatterico naturale dermatologico e respiratorio e analogamente può risultare molto utile anche nella prevenzione delle infezioni urinarie ricorrenti (anche nei confronti di infezioni che si sviluppano a causa dell’impiego del catetere) [49] ed in particolare delle infezioni della vescica. Il TTO si dimostra potenzialmente utile inoltre nelle candidosi vulvovaginali anche farmaco resistenti. [50]

Questo effetto positivo viene osservato già per uso esterno ad esempio mescolando dieci gocce TTO con l’acqua del bagno e usando questa acqua per pulire l’apertura dell’uretra. Analogamente il TTO può essere miscelato con olio di sandalo e massaggiato sulla regione addominale e nell’area vicino alla vescica (3-4 volte al giorno) ottenendo un significativo effetto in generale sulle infezioni del tratto urinario e lenitivo del dolore. [1]

L’olio essenziale di Melaleuca alternifolia come tale (cioè puro) non può essere utilizzato per via orale poiché potenzialmente tossico. Tuttavia il TTO opportunamente diluito in intermedi oleosi e atomizzato su matrici di compresse o capsule può essere assunto per via orale in modo completamente sicuro nei dosaggi raccomandati. Nessuna morte umana dovuta all’ingestione di TTO è stata riportata in letteratura. [51]

Le evidenze scientifiche sui generali effetti antibatterici del TTO sono concordi nell’indicare che mediamente esso agisce ad ampio spettro con MIC medie molto basse e molto simili a quelli degli antibiotici di sintesi; TTO dimostra MIC favorevole anche nei confronti dei patogeni che più comunemente causano infezioni del basso tratto urinario (Escherichia coli, S. aureus, Streptococcus pyogenes, Enterococcus fecalis mentre non sono concordi i risultati su Pseudomonas aeruginosa).[51-56]

TTO dimostra di contrastare la fase stazionaria della crescita di Escherichia coli già dal primo giorno di esposizione a concentrazioni di 0,25 e 0,125 %.[57]

Nello studio di Kularni et al.,2012, la determinazione delle MIC dell’olio di M. alternifolia ha indicato che la concentrazione minima di 0,03% (equivalente v/v) è risultata efficace contro la maggior parte dei microrganismi come P. vulgaris (0,03%) (v/v equivalente), P.mirabilis (0,038%) (v/v equivalente) ed E.coli (0,031%) (equivalente v/v). Le MIC per gli organismi, come S. aureus, K. polmonite sono risultate 0,25% (v/v equivalente) e 0,075% (equivalente v/v). P. aeruginosa ha mostrato resistenza a tutte le concentrazioni di M. alternifolia come riportato da Carson et al., 1995. I valori di MIC per K. pneumoniae sono risultati 0,10% (equivalente v/v) e 0,04% (equivalente v/v). Pseudomonas aeruginosa si dimostra il microrganismo più resistente all’olio essenziale testato tra tutti gli uropatogeni tuttavia, le MIC per Proteus vulgaris e Proteus mirabilis sono risultate di 0,04% v/v e 0,038% v/v. Alcune differenze tra i valori di MIC ritrovabili in letteratura riflettono possibili differenze nella metodologia e nei ceppi di batteri utilizzati tuttavia si dimostrano mediamente omogenei. L’olio essenziale di Melaleuca alternifolia ha una lunga storia di utilizzo come antisettico topico. La sua attività contro una vasta gamma di batteri e funghi è stata oggetto di numerosi studi (Penfold and Grant, 1925; Walsh e Longstaff, 1987; Southwell et al., 1993; Carson et al., 1995; Hammer et al., 1996). La composizione dell’olio è variabile per biodiversità ma comprende circa il 50% di monoterpeni ossigenati e il 50% di idrocarburi terpenici ed il principale componente attivo. [58]

Recenti studi sull’uso di TTO [59,60] hanno dimostrato che esso non è genotossico in vitro nelle cellule di mammifero [61]; TTO è inserito come sostanza attiva in molte applicazioni topiche utilizzate per il trattamento di infezioni cutanee per il controllo di forfora, pidocchi, herpes, acne e altre infezioni della pelle [62].

Dopo uno studio sui campioni di TTO [63] sono stati in esso identificati circa 100 composti e l’attività antibatterica risulta ad ampio spettro con MIC per i batteri sensibili oscillanti tra 0,003% [64,65] e 8% (v/v) per Enterococcus faecalis. [66]

Un recente studio condotto su specifici ceppi clinici di riferimento [67] su Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus aureus, E. faecalis, Salmonella Enteritidis, S. Typhimurium ed Escherichia coli ha concluso che il TTO è batteriostatico a bassa concentrazione ma battericida a concentrazioni più elevate. Sebbene l’esatto meccanismo d’azione debba ancora essere compreso, è ipotizzato e dimostrato in una certa misura [68,69] che la TTO agisce aumentando la permeabilità dei sistemi liposomiali causando lisi e perdita di integrità della membrana e manifestato dalla fuoriuscita di ioni e dall’inibizione della respirazione e infine dalla morte del batterio. [70]

L’attività antimicrobica del TTO, è stato ipotizzato essere più attiva contro i batteri resistenti agli antibiotici come i ceppi resistenti alla mupirocina e meticillina di Staphylococcus aureus (MRSA) e di altri batteri. [72,73,74]

TTO associato agli antibiotici non indurrebbe resistenza crociata.

L’olio essenziale di Zingiber officinale Rosc. (Ginger oil) ricorre nell’uso dei principali sistemi di medicina tradizionale per scopi medicamentosi come quelli favorenti i processi digestivi, antimeteorici (antifermentativi), carminativi, antinfiammatori ed analgesici. I risultati delle valutazioni antimicrobiche dell’olio essenziale di zenzero lo propongono come agente antimicrobico ad ampio spettro nell’industria farmaceutica o come conservante naturale nelle industrie alimentari o cosmetiche. Gli effetti dell’attività antifermentativa intestinale dipendono anche da generali e specifici meccanismi antimicrobici che possono essere sfruttati in generale per contrastare disturbi di natura infettiva. L’assunzione orale di olio essenziale di Zenzero diluito ed atomizzato risulta sicura e ben tollerata. L’olio essenziale di zenzero inibisce la crescita di 15 ceppi batterici, 3 di lieviti e di 4 di miceli. I ceppi più sensibili risultano S. aureus, S. epidemidis,E. faecalis, C. tropicalis e T. mentagrophytes. Nelle curve di crescita microbica l’olio essenziale mostra un effetto battericida su S. aureus I e S. marcescens dalla prima ora di esposizione dei ceppi all’olio, eliminando il 99,9% di CFU in concentrazioni rispettivamente di 0,5 e 0,75 mg / mL. I risultati suggeriscono il potenziale medicinale dell’olio essenziale di Z. officinale nel trattamento di malattie di possibile origine infettiva. [75]

L’attività antimicrobica dell’olio essenziale di zenzero dipende principalmente da alcuni chemiotipi in esso concentrati (α-zingiberene, β-sesquiphellandrene, ar-curcumene, α-farnesene, β-bisabolene e geraniale) [76] che dimostrano una elevata attività antibatterica nei confronti di Staphylococcus aureus e Listeria monocytogenes, seguiti da Pseudomonas aeruginosa, Salmonella typhimurium, Shigella flexneri mentre Escherichia coli risulta resistente all’olio essenziale di zenzero.[77]

La maggiore sensibilità di S. aureus rispetto a quella di E. coli all’olio essenziale di zenzero sono state confermate in altri studi. [78]

L’olio essenziale di zenzero ha mostrato i valori di MIC di 8,69, 86,92, 173,84 e 869,2 mg / ml per S. aureus, Bacillus subtilis, E. coli e Penicillium spp. [79]

Sembra che l’olio essenziale di zenzero mostri la migliore attività antibatterica contro i batteri Gram positivi rispetto a quelli dei Gram negativi. Inoltre, i risultati degli effetti antibatterici dell’olio essenziale di zenzero hanno dimostrato che questa attività è influenzata dalla composizione chimica dell’olio essenziale di zenzero. L’olio essenziale di zenzero ha mostrato effetti anti-dermatofiti contro Trichophyton rubrum e Microsporum gypseum. Inoltre, sono stati confermati effetti sinergici tra Curcuma longa e oli essenziali di zenzero contro T. rubrum e M. gypseum. [80]

L’olio essenziale di zenzero con zingiberene (37,65%), δ-amorfene (19,8%), α-curcumina (11,3%) e α-bisabolene (10,4%) ha avuto effetti significativi sulla crescita di A. flavus e sulla produzione di aflatossina B1 e B2. [81] L’olio essenziale di rizoma di zenzero fresco contenente α-zingiberene (23,9%) e citrale (21,7%) ha inibito i Fusarium verticillioides con un valore di MIC di 2,5 mg / ml. Un’oscillazione nella produzione di ergosterolo è stata osservata dopo l’esposizione a 0,5-3 mg / ml di olio essenziale di zenzero e la produzione di ergosterolo è stata inibita in concentrazioni più elevate di olio essenziale di zenzero (57-100%). L’olio essenziale di zenzero ha inibito la produzione di fumonisina B1 e B2. La correlazione tra l’inibizione della biosintesi dell’ergosterolo e la produzione di fumonisina è associata alla riduzione della biomassa fungina. L’olio essenziale di zenzero ha ridotto il contenuto citoplasmatico dei funghi e ha danneggiato l’integrità della membrana. [82]

L’olio essenziale di Ravintsara (Cinnmomum camphora L.J.Presl) è l’olio essenziale ottenuto dalla pianta della Canfora originaria del Madagascar che per biodiversità esprime un profilo farmacologico sostanzialmente diverso dalle piante di Canfora che crescono in India, Pakistan, Cina, Corea, Vietnam e Giappone. Dalla Ravintsara si ottiene un pregiatissimo olio essenziale (tecnicamente chiamato CT-cineolo) notissimo nell’aromaterapia francese per i suoi effetti antivirali ed antibatterici molto sfruttati nella gestione dei disturbi delle alte vie respiratorie. [17]

L’olio essenziale di Ravintsara, meno noto nella gestione complementare profilattica delle infezioni ricorrenti delle basse vie urinarie, associa effetti antibatterici nei confronti di Staphylococcus aureus (MIC 3200 mcg/ml) e di Escherichia coli (MIC 6400 mcg/ml) a generali effetti antinfiammatori. [83,84]

 

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Journal of Medicinal Plants Studies 2017; 5(6): 50-56

An overview on urinary tract infections and effective natural remedies 

Sowjanya Pulipati, Puttagunta Srinivasa Babu, M Lakshmi Narasu and Nagisetty Anusha

Author information:

Sowjanya Pulipati: a) Vignan Pharmacy College, Vadlamudi- 522 213, Guntur (Dt), Andhra Pradesh, India b) Department of Biotechnology, Jawaharlal Nehru Technological University-Hyderabad, Kukatpally, Hyderabad, Telangana, India
Puttagunta Srinivasa Babu:Vignan Pharmacy College,Vadlamudi- 522 213, Guntur(Dt), Andhra Pradesh, India
M Lakshmi Narasu:Department of Biotechnology, Jawaharlal Nehru Technological University-Hyderabad, Kukatpally, Hyderabad, Telangana, India
Nagisetty Anusha: Vignan Pharmacy College, Vadlamudi- 522 213, Guntur (Dt), Andhra Pradesh, India

Abstract

Urinary tract infections are the most commonly occurred disease in male and females in 1:8 ratio. It affects people throughout their lifespan. UTIs are caused by pathogenic bacteria such as Escherichia coli, Staphylococcus saprophyticus, Klebsiella pneumoniae, Proteus mirabilis and fungi Candida albicans. Antibiotics can be used to treat UTIs but it is not the proper solution. The use of antibiotics kills beneficial bacteria; which are critical components of an optimally functioning immune system. High rate of antibiotics use increase resistant bacterial strains and decreases antibiotic efficiency. Hence it is advised to use antibiotics judiciously. Antimicrobial agents of nature act as affordable and safe alternative remedy to treat UTIs without increasing the risk of antibiotic resistance. Therefore the present study describes the effective natural remedies to treat UTIs.

 

Keywords: UTIs, pathogens, antibiotic therapy, antibiotic resistance, natural remedies
ISSN (E): 2320-3862
ISSN (P): 2394-0530

 

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Newsletter Ayurveda nr. 62 – Luglio 2020

Newsletter n° «62»

Luglio 2020

FOCUS TAILAM: Ksheerabala, preparazioni tradizionali a confronto.

 

International Journal of Ayurveda and Traditional Medicine 1.1 (2019): 24-30. 

“NEW PERSPECTIVES OF KSHEERABALA TAILA (OIL): A CRITICAL REVIEW.”  

Verma, Jatinder, and Gopesh Mangal

 

La newsletter in breve

Ksheerabala Taila è un importante Sneha Kalpana menzionato nei testi ayurvedici preparato con Go-Ksheera (latte di vacca), Bala (Sida cordifolia) e Tila Taila (olio di sesamo). [42]

Questo versatile olio medicato rappresenta uno dei migliori esempi di potenziamento tra i tre ingredienti principali, dovuto alla metodica di preparazione che consente la complessazione, nel prodotto ottenuto, di potenti bioattivi (lipofili ed idrofili) diversi tra loro. Il latte di mucca contiene tutti gli elementi necessari per la crescita e la nutrizione di ossa, nervi, muscoli e altri tessuti del corpo umano ed in particolare quello nervino. La radice di Bala (Sida cordifolia L.) è ritenuta una droga vegetale di grande valore ed una più utilizzate, anche grezza, in Ayurveda nelle malattie neurologiche e cardiache e per i suoi effetti analgesici, antinfiammatori ed epatoprotettivi. Nella formulazione Tila Taila contribuisce a nutrire e rafforzare tutti i Dhatu, controllando Dhatukshaya e alleviando così Vata. La presenza di Go-Ksheera, Bala e Tila Taila consentono a Ksheerabala Taila di pacificare tutte le ottanta condizioni croniche di origine Vata (Vata Nanatamja Vikara) come Ardita (paralisi facciale), Katishula (mal di schiena), Katigraha (Gridhrasi, sciatica), Sandhigata Vata osteoartrite), Greeva Hundana (spondilosi cervicale), paralisi cerebrale, Ardhangavata (emiplegia), Kampavata (malattia di Parkinson), convulsioni e altri disturbi neurologici. Ksheerabala Taila è ampiamente usato in vari trattamenti Panchakarma come Snehana, Kavala, Talam, Matra Basti, Nasya, Shirobasti e nei trattamenti come ad esempio Moordhini Taila. [42]

Nella letteratura classica ed nelle recente letteratura scientifica sono descritte diverse metodiche di preparazione di Ksheerabala Taila ed esistono anche alcuni studi che ne confrontano le caratteristiche ed in particolare lo studio analitico-farmaceutico [12] di Trividha Sneha Paka di Ksheerabala taila suggerirebbe che Madhayama Paka possiederebbe il massimo valore terapeutico. [42]

Al confronto tra le diverse metodiche tradizionali di preparazione di Ksheerabala Taila ed al suo possibile meccanismo di attività è dedicata questa Newsletter che prende spunto da un recente articolo scientifico pubblicato dicembre 2019 da “International Journal of Ayurveda and Traditional Medicine”. L’articolo esamina diversi studi su Ksheerabala Taila descrivendo i vari metodi di preparazione citati nei testi ayurvedici, i suoi usi nelle diverse forme nelle malattie e il probabile meccanismo d’azione con l’obiettivo di rivedere gli usi di Ksheerabala Taila anche in nuove prospettive per la salute umana.

 

Dall’articolo

Una delle formulazioni di olio medicato più popolari e importanti in Ayurveda è “Ksheerabala Taila” noto per la sua efficacia in varie malattie come Ardita (facciale paralisi), Katishula (mal di schiena), Katigraha (gridhrasi, sciatica), Sandhigata Vata (osteoartrite), Greeva Hundana (spondilosi cervicale), paralisi cerebrale, Ardhangavata (emiplegia), Kampavata (malattia di parkinson’s), convulsioni e altri disturbi neurologici (compresi i disturbi degenerativi). Il nome Ksheerabala Taila sarebbe stato menzionato per la prima volta in Sahasrayogam e formulazioni simili sono state menzionate in altri testi classici ayurvedici con nomi diversi.

In Charaka Samhita, è menzionato come Shata Paka e Sahasra Paka Bala Taila. [1] Sushruta lo menziona come Bala Taila [2] e Shata Paka Bala Taila [2] [Sushruta Samhita, Chikitsasthana, capitolo 15, versetti 40-43]. In Ashtanga Hridaya [3] e Bhavaprakasha [4] è menzionato come Shata PakaSahasra Paka Bala Taila. In Chakradutta [5] e Vangasena [6] è menzionato come Dashapaka Bala Taila, Shata Paka-Shasra Paka Bala Taila e Gadanigrah [7] lo cita come Dashapaka Bala Taila. Il Formulario Ayurvedico dell’India (AFI), secondo i criteri gli standard della farmacopea delle formulazioni ayurvediche, ha adottato la formula di Charaka e la ha chiamata Ksheerabala Taila.

 

Metodi di preparazione di Ksheerabala Taila

Ksheerabala Taila è uno dei Sneha Kalpana preparato usando Ksheera (latte di vacca), Bala (Sida cordifolia Linn.) e Tila Taila (olio di sesamo).

 

Sintesi del metodo di preparazione di Ksheerabala Taila secondo SAHASRAYOGAM [8]

Il metodo di preparazione di Ksheerabala Taila menzionato in Sahasrayogam in Taila Adhikara prevede di macinare 5 Pala (240 grammi) di radici fresche di pianta di bala e mescolarle con Ksheera (Q.S.) per creare Kalka (pasta collosa). Questo preparato Bala Moola Kalka deve essere mescolato in Go- Ksheera (4 parti o 960 g) e olio di sesamo (1 Prastha o 768 ml) e quindi bollito a fuoco lento (scaldare a fuoco basso 70-80 gradi C) fino a quando dalla miscela rimane l’olio. La miscela è poi lasciata raffreddare e quindi filtrata per ottenere Ksheerabala Taila.

 

Sintesi del metodo di preparazione di Shatapaka e Sahasrapaka bala secondo CHARAKA SAMHITA e ASTANGA HRIDAYA [42]

La pasta viene preparata da 960 g di polvere di Bala moola. Quindi, viene preparato un decotto di Bala Moola in 61,44 kg di acqua ridotto ad un 1/4, ovvero 15,36 kg. Vengono quindi aggiunti alla miscela 960 g olio di sesamo e 960 g di latte vaccino. La miscela viene riscaldata a fuoco lento fino a quando rimane l’olio rimane e l’acqua viene evaporata. La miscela viene lasciata raffreddare e filtrata per ottenere Ksheerabala Taila. Questo processo è ripetuto da 100 volte per ottenere Shata Paka Bala Taila e 1000 volte per ottenere Sahasra Paka Bala Taila.

 

Sintesi del metodo di preparazione di Bala taila e Shatpaka bala secondo SUSHRUTA SAMHITA [42]

  1. BALA TAILA [2]: La miscela di Kwatha (decotto), Tila Taila e Kalka di Madhura Gana Dravya, Kakolayadi Gana Dravya, Saindhava Lavana, Agaru, Raala, Dhoop Vriksha, Devdaru, Manjistha, Charila, Chandana, Kootha, Ilaichi, Tagara, Jatamansi, Tejpatra, Sariva, Vacha, Shatavari, Punarnava (presi in parti uguali) viene riscaldata insieme secondo la procedura Taila Paka.
  2. SHATAPAKA BALA TAILA [3]:Tila viene elaborato (7 volte) con Bala Kwatha (preparato con uguale quantità di Balamoola in uguale quantità a quella di Tila, con 8 parti di acqua) e il Tila taila ottenuto viene quindi rielaborato con Bala Kwatha (4 parti) per 100 volte ottenendo Shatapaka Bala Taila.

 

Sintesi del metodo di preparazione di Taila bala secondo SHARANGADHARA SAMHITA [9]

Gli ingredienti di Bala Taila secondo Sharangadhara Samhita sono mostrati nella tabella 2 dello studio. Il processo adottato per la preparazione di Bala Taila secondo Sharangadhara è lo stesso di quello di Sushruta.

 

Sintesi del metodo di preparazione di Dashapaka bala taila secondo CHAKRADATTA [Vatarakta Chikitsa, capitolo 23 / 33-34]

Secondo questo metodo, Tila Taila viene elaborato 10 volte con Go-Ksheera (4 parti) mescolato a Bala Moola Kalka (1 parte) e Bala Moola Kwatha (1 parte) per ottenere Dasha Paka Bala Taila.

 

Osservazioni sulle diverse modalità di preparazione di Ksheerabala Taila

Dalle risultanze degli studi condotti sulle diverse metodiche di preparazione di Ksheerabala Taila risulta quindi che ne esistono quattro tipi diversi menzionati dagli Autori con nomi diversi e sono tutti menzionati in relazione a Vatarakta Adhikara tranne che in Sushruta che lo ha citato nel contesto di Moodgarbha Chikitsa. Per quanto riguarda le diverse formule e il metodo di preparazione, nella realtà, vi sono poca differenze nei tra le varie tipologie (le differenze sono riepilogate nella tabella 3 dell’articolo) e riguardano principalmente: (1) aggiunta di decotto,(2) quantità di latte aggiunta,(3) numero di ripetizioni di Paka (Avartana).

L’utilità terapeutica di Ksheerabala Taila può essere ricondotta anche allo stadio di Trividha Paka da cui è ottenuto: in Sharangadhara Samhita, in Madhyama Khanda, [9] sono descritti i tre tipi di Sneha Paka (che sono gli stadi della preparazione di ghrita o un olio). Questi tre Paka sono Mridu Paka, Madhyama Paka e Khara Paka e rappresentano un importante aspetto farmaceutico della formulazione ai fini del taila da esso ottenuto. Sulla standardizzazione di Ksheerabala Taila sono stati condotti diversi studi [10, 11] e uno studio farmaceutico-analitico su Trividha Sneha Paka di Ksheerabala Taila [12] suggerirebbe che Madhyama Paka Ksheerabala Taila esprimerebbe il massimo valore terapeutico.

Pur nella diversità delle varie metodologie di preparazione tradizionale esse consentono che i vari costituenti chimici degli ingredienti (Bala, Tila, Ksheera) si complessino in un “totum attivo” (l’olio finito); le caratteristiche dell’olio “finito” dipendono anche dal numero di elaborazioni progressive adottate per ottenerlo. Risulta quindi conseguente che la qualità di Ksheerabala taila “finito”, dipende da quanto i costituenti chimici dei tre componenti si integrino tra loro rispetto ad ambientazioni altamente controllate di temperatura e alla quantità di rielaborazioni (numero di filtrazioni) progressivamente successive. La qualità del prodotto finito dipende quindi altamente dall’abilità di preparazione, che deve garantire che la miscelazione di ingredienti diversi tra loro non alteri le singole attività degli stessi ma che invece le potenzi in un concetto di sinergia.

 

Proprietà degli ingredienti principali di Ksheerabala taila

– Go-Ksheera

Go-Ksheera (latte di vacca) contiene tutti gli elementi necessari per la crescita e il nutrimento di ossa, nervi, muscoli e altri tessuti del corpo umano [11]; possiede gusto Madhura, proprietà Snigdha e Guru, Sheeta Veerya and Madhura Vipaka. Allevia Vata Dosha [3] [Ashtanga Hridaya, Sutrasthana, capitolo 5, versetto 21-22]. E’Jivaniya, Brimhaniya, Sthanya Vardhaka, Balya, Snehaniya, Dahanashaka, Ojovardhaka, Vishanasaka, Sukrajanaka, Agnidepaka, Ayurvardhaka, Medavardhaka, Rasayana, Mridu Rechaka, Abhisyanda Karaka

– Bala

In Ayurveda Bala (Sida cordifolia L.) è una droga di grande valore come confermato dal fatto che sia uno dei tre farmaci vegetali più utilizzati [13] nella scienza farmaceutica ayurvedica. In India vengono chiamate Bala molte specie di Sida ma il Formulario Ayurvedico dell’India (AFI) indica che come Bala possa essere riconosciuta la sola Sida cordifolia Linn. [14].

Bala, come suggerisce il nome stesso, indica farmaco che fornisce energia o forza ed è abbondantemente menzionato in Ayurveda ed è stato ampiamente utilizzato in malattie neurologiche e cardiache. Sida cordifolia contiene alcaloidi nella misura dello 0,085 per cento. La componente maggiore degli alcaloidi è identificata come efedrina [11] che notoriamente possiede proprietà psico-stimolanti sul CNS [15].

Bala è citata in Balya Mahakashaya [1] [Charaka Samhita, Sutrasthana, capitolo 4, versetto 7] e Madhura Skandha [1] [Charaka Samhita, Vimana Sthana, capitolo 8, versetto 139] in Charaka. Sushruta lo cita in Vatashamaka Gana, per la promozione della forza e alleviare Vata. La radice di Sida cordifolia si caratterizza per Madhura Rasa, Guru, Snigdha Guna, Sheeta Veerya e Madhura Vipaka. Sono Balya, Rasayana, Brimhaniya, Oojavardhaka, Raktapittahara, Vrishya, Vatahara, Kshayanashaka, Prajastapana, Grahi. Sida cordifolia risulta utile in disturbi neurologici come emiplegia, paralisi facciale, sciatica, debolezza generale, mal di testa, disuria, leucorrea, tubercolosi, diabete, febbre e disturbi uterini. Sida cordifolia risulta inoltre possedere attività analgesiche, antinfiammatorie e epatoprotettive [16, 17, 18].

– Tila taila

Tila Taila è l’olio estratto dai semi di Sesamum indicum. L’olio di sesamo contiene una sostanza cristallina chiamata sesamina e un composto fenolico chiamato sesamolo. L’olio di sesamo è utilizzato come base per la preparazione di Ksheerabala taila [11].

Tila Taila si caratterizza come: Madhura Rasa e Vipaka Balya e Rasayana nel Karma; esso nutre e rafforza tutti i Dhatu, controlla Dhatukshaya e allevia così Vata. Le proprietà Snigdha e Guru riducono Rukshata di Vata e con l’aiuto di Ushna Guna e Veerya allevia Vata. Tila Taila è Brimhana / Lekhana, Preenana, Vrushya, Tvakprasadana, Mardavakara, Sthairyakara, Balya, Garbhashaya Shodhaka, Bhagna Sandhanakara, Medhavardhaka, Keshya, Shulaprashamana, Ropaka, Vrana-Nashaka; Tila taila rappresenta la base lipofila per i farmaci Nasya aiutando il loro migliore assorbimento poiché le sostanze liposolubili hanno maggiore affinità per la membrana cellulare della mucosa nasale [19].

Tila taila possiede inoltre proprietà anti-infiammatorie e antiossidanti [20] ed è una buona fonte di vitamina E (1,4 mg / 100 g) e di altri bioattivi come il magnesio, rame, calcio, ferro, zinco e vitamina B6 con benefici ad esempio anche nella dismenorrea [21].

 

Meccanismo d’azione di Ksheerabala Taila [42]

Il probabile meccanismo d’azione di Ksheerabala Taila potrebbe essere analizzato sulla base di Rasa Panchaka cioè sui principi ayurvedici d’azione delle droghe; tutti e tre gli ingredienti in Ksheerabala taila (Bala, Ksheera e Tila Taila) si caratterizzano per Madhura Rasa e Vipaka. Madhura Rasa mitiga entrambi i Dosha Vata e Pitta. La natura Dhatunaamprabalam (cioè di dare forza ai tessuti) di Ksheerabala taila ha un effetto positivo sugli organi di senso e di piacevolezza per la mente (Shadindriyaprasadaka) mentre nutre il corpo (Tarpayati) e svolge un ruolo importante nella sostenere la vitalità (Jeevayati). Tila Taila possiede oltre a Madhura Rasa anche Tikta Rasa (gusto amaro) che risulta efficace nel mitigare Pitta Dosha e Kapha Dosha. Tikta Rasa risulta utile nell’alleviare lo svenimento (Murchaprasamana) e promuovere la memoria e l’intelletto (Medhya). Ushna Veerya (la forza riscaldante) di Tila Taila riduce Vata e Kapha e compensa l’eventuale perdita di Ushna Veerya di Bala e Ksheera durante la fase di raffreddamento del processo di produzione. Ksheerabala taila quindi allevia Vata e Kapha senza squilibrare Pitta che è costituzionalmente Ushna; Ushna Guna di Ksheerabala taila agisce quindi senza avere effetti negativi sui Dhatu, consentendo così l’azione di proprietà come Snigdha, Manda, Sukshma e Vyavayi. In ayurveda si tramanda che Ksheerabala Taila abbia effetti pacificanti su tutte le ottanta condizioni croniche di origine Vata (Vata Nanatamja Vikara) come Akshepaka (convulsionI), Vepathu (tremori), Shrama (fatica), Glani (malessere), Vishada (depressione), Aswapna (insonnia) e Anavasthithachitata (disturbi comportamentali)[4]. Ksheerabala Taila viene tradizionalmente utilizzato come farmaco Rasayana nel trattamento ayurvedico convenzionale per epilessia. La somministrazione continua di questa formulazione impedisce il rilascio di scariche elettriche improvvise e migliora le condizioni fisiche e mentali del paziente con un profondo effetto calmante e rilassante sulla mente [22].

Recente ricerca scientifica ha dimostrato che Ksheerabala taila riduce lo stress ossidativo nel cervello di ratto comprovando l’effetto sulla neurotossicità [23]. Lo stress ossidativo è il meccanismo più importante nello sviluppo e nella progressione dell’epilessia e di altre malattie tra cui la malattia di Alzheimer, i disturbi degenerativi cronici, ictus, artrite reumatoide, diabete e cancro. Le analisi fitochimiche condotte su Sida cordifolia confermano in essa la presenza di flavonoidi che insieme ai loro glicosidi esercitano effetti ansiolitici, sedativi e anticonvulsivanti sul sistema nervoso centrale [24].

La presenza di antiossidanti impedisce il possibile danno dei neuroni. L’effetto antinfiammatorio significativo di Ksheerabala taila contro l’infiammazione acuta e l’edema indotti da carragenina è stato confermato rispetto al Diclofenac usato come farmaco standard antinfiammatorio[25]. Nasya con Ksheerabala taila sopprime l’infiammazione dei nervi grazie alla sue proprietà Sheeta (rinfrescanti) e promuove la rigenerazione dei nervi dando forza ai muscoli grazie alle sue proprietà Balya e Brihmana. Ksheerabala taila contrasta l’usura del tessuto nervoso e muscolare [26].

Un altro studio ha dimostrato che Ksheerabala (101) protegge significativamente le cellule del cervello e riduce la gravità del danno causato da intossicazione da alcol [27].

Nasya con Ksheerabala taila, in un caso di Sandhigata Vata (osteoartrosi), con particolare riferimento alla spondilosi cervicale, mostra risultati altamente significativi[28].

Shirobasti con Ksheerabala Taila e Navana Nasya con Mahamasha Taila è risultato efficace nella gestione di Ardita (paralisi facciale) [29].

Snehana karma con Ksheerabala taila nutre Sleshaka Kapha stimola le terminazioni nervose sensoriali e fornisce forza ai muscoli facciali [1] [Charaka Samhita, Sutrasthana, capitolo 14, versetto 20-24]. Moordha Taila con Ksheerabala taila se applicato sulla testa, produce chiarezza degli organi di senso, conferisce forza alla voce, fortifica la mascella inferiore e la testa, inoltre contrasta l’invecchiamento del corpo e l’esaurimento mentale [30].

Ksheerabala Taila Matra Basti [31] e Parisheka Sweda [32] hanno un ruolo nella gestione di Katigraha (spondilosi lombare). Ksheerabala Taila è usato anche per Anuvasana Basti. Panchatikta Ksheera Basti e Anuvasana Basti con Ksheerabala Taila, secondo il regime Yog Basti, ottiene effetti significativi in caso di Greeva Hundana (spondilosi cervicale) [33]. Ksheerabala Taila Basti è anche uno dei protocolli di trattamento nella gestione della denutrizione infantile dell’infanzia (Karshya) [34]. Ksheerabala Taila Matra Basti ha effetto nei bambini con paralisi cerebrale [35].

Talam con Ksheerabala Taila è uno dei protocolli complementari di trattamento per la retinopatia diabetica [36]. Kavala (gargarismi) con Ksheerabala Taila (10-15 ml) insieme a altre terapie generano benefici nella gestione della fibrosi della sottomucosa orale (OSMF) [37]. Virechana (depurazione terapeutica), Tarpana (terapia oculare usata per trattare i disturbi oculari) e Nasya (terapia nasale con Ksheerabala Taila) possono essere adottate per le gestione della malattia di Stargardt (degenerazione maculare ereditaria) [38]. Ksheerabala Taila Matra Masti aiuta a prevenire la dismenorrea [39]. Shirobasti e Nasya con Ksheerabala Taila mostrano miglioramenti in pazienti di Kampavata (morbo di Parkinson) [40, 41].

Uno studio farmaceutico-analitico relativo ai tre stadi di preparazione di Ksheerabala Taila (Trividha Sneha Paka) mostra che da Madhayama Paka si ottiene l’olio medicato con la massima efficacia terapeutica [12].

Ksheerabala Taila risulta utile per pacificare tutti gli ottanta disturbi cronici condizioni di origine Vatae ed è ampiamente usato in vari trattamenti Panchakarma come Snehana, Kavala, Talam, Matra Basti, Nasya, Shirobasti e per altre procedure Moordhini Taila.

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A cura della direzione scientifica di Benefica

International Journal of Ayurveda and Traditional Medicine 1.1 (2019): 24-30. 

“NEW PERSPECTIVES OF KSHEERABALA TAILA (OIL): A CRITICAL REVIEW.”  

Jatinder Verma 1, Gopesh Mangal 1 

Author information:

1 Department of Panchakarma, National Institute of Ayurveda, Jaipur, India.

 

ABSTRACT

Ksheerabala Taila is an important Sneha Kalpana (oil formulation) mentioned in Ayurveda texts prepared from Go-Ksheera (cow milk), Bala (Sida cordifolia) and Tila Taila (sesame oil). Cow’s milk contains all the elements necessary for the growth and nutrition of bones, nerves, muscles and other tissues of the human body. Bala is a highly valuable drug in Ayurveda and is one amongst the three most utilized raw drugs. It is abundantly mentioned in Ayurveda and has been largely used in neurological as well as heart diseases and reported to possess analgesic, anti-inflammatory as well as hepato-protective activity. Tila Taila nourishes and strengthens all Dhatu, checks Dhatukshaya and thus alleviates Vata. The presence of Go-Ksheera, Bala and Tila Taila makes Ksheerabala Taila to pacify all the eighty chronic conditions of Vata origin (Vata Nanatamja Vikara) such as Ardita (facial paralysis), Katishula (low back ache), Katigraha (Gridhrasi, sciatica), Sandhigata Vata (osteoarthritis), Greeva Hundana (cervical spondylosis), cerebral palsy, Ardhangavata (hemiplegia), Kampavata (parkinson’s disease), convulsions and other neurological disorders. It is widely used oil in various Panchakarma therapies like Snehana, Kavala, Tala, Matra Basti, Nasya, Shirobasti and other methods of Moordhini Taila.
Different mthods of preparation are described in many texts and various studies have been done to compare the efficacy of Ksheerabala Taila. Pharmaceutico-Analytical study of Trividha Sneha Paka of Ksheerabala Taila shows Madhayama Paka Ksheerabala Taila having maximum therapeutic value. The present article reviews different studies on Ksheerabala Taila with description of various methods of preparations mentioned in Ayurveda texts, its uses in different forms in diseases and probable scientific mode of action.

Keywords: Ksheerabala Taila; Neurological disorders; Sesame oil; Sida cordifolia

ISSN (online): 2582-5410 

 

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