Newsletter Fitoterapia nr. 36 – Luglio 2018
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Newsletter Ayurveda nr. 44 – Giugno 2018
Newsletter n° «44»
Giugno 2018
L’AYURVEDA “PER LA BELLEZZA DEI CAPELLI”
Journal of Ayurveda and Integrated Medical Sciences | Mar – Apr 2018 | Vol. 3 | Issue 2
DANDRUFF – AYURVEDA MANAGEMENT FOR BETTER HAIR CARE
Kavita Daulatkar
Cenni sul concetto di bellezza in Ayurveda
Il valore della “bellezza” e le conoscenze “per raggiungerla e mantenerla” attraverso l’impiego di erbe, minerali e prodotti di origine animale sono antiche come l’esistenza umana.
Come noto l’Ayurveda non separa il concetto di bellezza fisica dal concetto di bellezza e benessere spirituale ma le considera un tutt’uno da raggiungere e conservare in una visone estetica globale; dal punto di vista costituzionale ayurvedico la Bellezza dipende direttamente da Prakriti (costituzione corporea), Sara (predominanza strutturale), Sanhanan (compattezza del corpo), Twak (completamento della pelle), Praman (misurazione) e Dirghayu lakshyana (sintomo di lunga vita); secondo l’ayurveda la bellezza contribuisce anche alla stabilità psicologica contribuendo alla fierezza e alla fiducia in se stessi. [1]
La cosmetologia ayurvedica si fonda su osservazioni molto profonde individuandone le primarie origini già nel grembo materno e tradizionalmente valorizza i benefici della “continuità” di interventi quotidiani come dinacharya e come ratricharya, ritu charya con erbe medicinali e minerali per il raggiungimento ed il mantenimento della bellezza. [1]
Il totum olistico fisico-energetico della “bellezza” è già ben chiarito in Charaka in cui si narra della bellezza femminile che può migliorare con l’incontro dell’uomo adatto, che analogamente può migliorare se stesso quando è in perfetta simpatia fisica e psichica con la partner ideale; nei testi classici la bellezza femminile è da sempre valorizzata come una virtù fonte di “ricchezza” e “abbondanza” riconducendosi al concetto che la “creazione” dipende dalle donne. [1]
In Rasa-bandha, un genere letterario poetico (lirico) dell’antica letteratura Indiana si ritrovano già definizioni del concetto di bellezza della donna descritta con il termine “kalinee” cosi come anche in testi di farmacopea e antica scienza farmaceutica (Rasasala); le caratteristiche di “kalinee” sono ben descritte ad esempio in Rasaratna samuchachaya opera alchemica Indiana scritta in sanscrito probabilmente tra il tredicesimo ed il sedicesimo secolo e che descrive anche i benefici cosmetologici dei materiali minerali.[1]
A titolo di curiosità, secondo questi testi “alchemici”, in mancanza di “kalinee” questa poteva essere ottenuta con la somministrazione di un “Karsa” (3 mg di zolfo purificato) insieme a ghee per ventun giorni continuativi. (White, David Gordon, 1996).[1]
Charaka samhita ha classificato numerose droghe cosmetiche (come Varnya, Kustagna, Kandugna, Bayasthapak, Udardaprasamana, Brahmi) e molti “lepam” (impiastri) dermocosmetici sono già indicati in Sushruta Samhita e Asthanga hridaya per l’abbellimento di pelle, capelli, denti, unghie.[1]
La dieta tuttavia ha un ruolo speciale nel migliorare e mantenere la bellezza di un individuo (anche dei capelli) ed uno dei fondamenti della visione ayurvedica cosmetologica e del raggiungimento e mantenimento della bellezza, è che a rendere una persona brutta e malata sia l’accumulo di materiali tossici nell’organismo e che Sodhana (purificazione / detossificazione) sia il modo migliore per l’eliminazione di tossine dal corpo; per questi motivi le procedure di panchakarma sono impiegate per il benessere della pelle, che è uno dei principali indicatori della condizione generale dell’individuo. [1]
[1] Hazra J, Panda AK (2013) Concept of Beauty and Ayurveda Medicine. J Clin Exp Dermatol Res 4: 178. doi:10.4172/2155-9554.1000178
Come noto secondo l’Ayurveda, le funzioni del corpo umano sono regolate da un sistema di “canali” chiamati (Srotamsi), comprendenti strutture sia microscopiche sia macroscopiche come ad esempio il sistema respiratorio, quello circolatorio, quello riproduttivo e nervoso e quello linfatico (i gangli linfatici rappresentano delle vere e proprie centrali di depurazione dell’organismo).
Questi canali rappresentano le “vie” attraverso le quali si attuano innumerevoli processi psico-biologici come la produzione di enzimi, la secrezione di neuro-trasmettitori, la regolazione ormonale, la capacità respiratoria, l’assimilazione/eliminazione digestiva, l’immuno regolazione, che sono processi fondamentali per il benessere e la bellezza.
Tutti questi processi agiscono ritmicamente ed in concerto tra loro nel regolare la fornitura di nutrienti, la filtrazione di tossine, l’escrezione di rifiuti, oltre ad assolvere a numerose altre funzioni.
Attraverso gli “srotas” proprio i materiali di scarto, se non sufficientemente metabolizzati ed eliminati, possono accelerare i fenomeni di invecchiamento e diventare causa di malattia depositandosi in zone “più deboli” del corpo rese tali da fattori genetici o più comunemente, dallo stile di vita (es. scelte alimentari non salutari), dallo stress o da influenze ambientali.
“Ama” (i materiali tossici: comunemente le tossine) quando non adeguatamente trasformati ed eliminati possono offuscare la normale intelligenza cellulare psico-biologica e diventare causa di malattia e di scadimento della bellezza, quindi “panchakarma” viene ritenuto l’approccio ideale come preventivo per il mantenimento del corpo sano e per mantenere l’ottimale funzione cellulare oltre ad essere ritenuto curativo in condizioni di patologia.
L’ulteriore elemento fondamentale per mantenere la bellezza, ad esempio della pelle, è l’acqua; essa origina negli strati epidermici più profondi e risale ad idratare le cellule dello strato corneo della pelle ed in parte si disperde attraverso l’evaporazione. Resta quindi fondamentale il ruolo della corretta idratazione della pelle e gli interventi Snehana e Swedana contribuiscono ad idratare la nostra pelle; inoltre si ritiene che Snehana e Swedana non solo possano inibire la perdita di acqua trans-epidermica ma anche sostenere la barriera lipidica e ripristinare la componente amino-lipidica della pelle rafforzandone le strutture protettive.
Per questi motivi l’Ayurveda consiglia da sempre, oltre all’impego di sostanze naturali o minerali specifiche, una dieta abbondantemente vegetariana e l’assunzione di molta acqua per mantenere bellezza e giovinezza.
In generale l’Ayurveda raccomanda prodotti naturali per la bellezza in cui predominino gli effetti nutrienti (lipidici), idratanti e detossinanti ed antiossidanti.
L’articolo in breve
In Ayurveda i capelli hanno una importanza di primo livello, essi infatti hanno un impatto rilevante sulla funzionalità dell’intero corpo. Il loro colore, la lunghezza ed il loro aspetto determinano una differenza significativa da persona a persona e possono influenzare la sfera della sicurezza psicologica e dell’autostima.
Da sempre in India sia gli uomini che le donne hanno dato molto importanza alla cura dei capelli e così la medicina ayurvedica ha sviluppato nei secoli una serie di interventi specifici per mantenerli sani, lunghi e luminosi con tecniche specifiche e preparazioni prevalentemente erbali con finalità rivitalizzanti ed energizzanti.
Solo a titolo di esempio citiamo il noto Kesa Abhyanga che attraverso anche alla pratica di Shiro abhyanga (massaggio alla testa) e Pichu (impacchi caldi con taila) aiuta a mantenere in buona salute i capelli.
Gli effetti di Kesa abhyanga non sono solo rivolti al mantenimento della sola struttura pilifera (aminoacidi solfati/cisteina) ma più profondamente anche ai Romakoopa (bulbi piliferi); lo speciale massaggio coinvolge l’intera struttura del cuoio capelluto migliorando la perfusione sanguigna responsabile dell’ossigenazione e del nutrimento dei tessuti; grazie a questo massaggio si favorisce inoltre l’eliminazione di tossine e residui di cellule morte (forfora).
Gli effetti di questo speciale intervento dinamizzante “curano” i capelli con generali effetti lubrificanti, idratanti, nutrienti, antiossidanti e a seconda delle diverse erbe impiegate (o di altre sostanze, es. argille) anche con effetti specifici (es. antibatterici / antimicotici); per questi motivi attraverso Kesa abhyanga si può ridare lucentezza ai capelli, stimolarne la crescita (Brahmi, Centella, etc), ritardare l’insorgenza dei capelli bianchi e contrastarne la caduta; con particolari formulazioni medicate è possibile poi trattare forme di dermatiti e il fastidioso disturbo della forfora.
Nel recentissimo articolo proposto (Aprile 2018) il professor Kavita Daulatkar (Dept. of Samhita Siddhant, Bhausaheb Mulak Ayurveda Mahavidyalaya, Nagpur, Maharashtra, India) illustra in modo sintetico la visione Ayurvedica per salute dei capelli concentrandosi in modo particolare sul fastidioso disturbo della forfora e su quali possano essere i modi per contrastarla.
Nell’introduzione dell’articolo viene innanzitutto premesso come fondamento che, secondo l’Ayurveda, i capelli e le unghie siano il sottoprodotto (Updhatu) del metabolismo osseo.
Sempre secondo la visione ayurvedica il tessuto osseo deve primariamente il suo stato di buona salute allo stato di buona salute del tessuto grasso che deve essere adeguatamente nutrito e mantenuto pulito (purificato) con una dieta corretta che eviti l’accumulo di tossine (purificazione attraverso la dieta); la corretta nutrizione del tessuto grasso si riflette quindi sulla buona salute del tessuto osseo e quindi successivamente su quella di capelli e unghie oltre che della pelle; le impurità del tessuto grasso provocano indebolimento della produzione del tessuto osseo e questa condizione provoca opacità e debolezza dei capelli, fragilità delle unghie e disturbi tissutali dermatologici come la forfora. In Ayurveda i follicoli piliferi sono chiamati Romakoopa.
In ayurveda la forfora è indicata come Darunaka e inquadrata come Kshudra Rogas cioè una “malattia minore” non infettiva del cuoio capelluto. Più raramente la forfora può presentarsi anche sulla faccia, orecchie, nelle pieghe del corpo, sul collo e sulla parte anteriore del torace. Il problema della forfora non rappresenta solo un disturbo di condizione fisica ma viene associata anche problemi sociali e di autostima.
Il problema della forfora nei capelli può insorgere per diversi motivi ad esempio per prevalenza di “secchezza” ma anche di “grassezza” o “freddezza”; concorrono poi altri fattori come lo stress e l’ansia ma anche, a volte, patologie come la psoriasi, la dermatite seborroica, l’eczema, l’iperattività delle ghiandole sudoripare; altri agenti ambientali come polvere, luce solare, oppure l’uso intensivo di saponi e shampoo aggressivi e persino certi tipi di cibo possono causare il problema della forfora.
Secondo lo studio il problema della forfora coinvolgerebbe prevalentemente Vata e Pitta (Prakopa) rifacendosi al coinvolgimento di Vata nel regolare secchezza della pelle (causa di forfora) tuttavia in presenza di un cuoio capelluto eccessivamente grasso (che analogamente può essere causa di forfora) si dovrebbe tenere conto dell’Influenza di Kapha con Vata.
In alcuni soggetti deve poi essere tenuta in primaria considerazione una speciale sensibilità della pelle a cambiamenti stagionali come il freddo o l’eccessivo calore o a particolari sostanze chimiche (anche naturali) contenute in cosmetici (shampoo, gel. etc.).
Sostanze come tabacco, il tè, il fumo e lo stress influiscono direttamente sulla forfora così come trattamenti cosmetici aggressivi per capelli che ne alterano la fisiologica struttura (es. il trattamento della “piega permanente” oppure la ricolorazione) poiché influiscono negativamente a vari livelli sul cuoio capelluto e sulla pelle.
Secondo la visione ayurvedica, anche questo problema, come per gran parte delle malattie, sarebbe quindi prevalente la presenza di impurità nel sangue che determina squilibrio dei Dosha nel sangue.
Lo studio riporta che, secondo l’Ayurveda, le principali Hetu (cause) di Darunaka sono: eccessiva esposizione al sole e ad ambienti caldi, assunzione eccessiva di cibi troppo gustosi e saporiti, eccessiva esposizione all’acqua fredda per lungo tempo, esposizione a polvere-nebbia-fumo, sudorazione eccessiva, mancanza di abitudini igieniche, mancanza di oleazione dei capelli, cattiva qualità del sonno.
Caratteristiche cliniche di forfora sono Keshachyuti (caduta dei capelli), Kandu (sensazione di prurito sul cuoio capelluto),Twaksputana (fragilità della pelle), Daruna (secchezza e danneggiamento del cuoio capelluto, comparsa di squame bianche sul cuoio capelluto), Daha (sensazione di bruciore), Gaura (pesantezza), Toda (sensazione di pizzicore).
Poiché la forfora è inquadrata come Kshudraroga, la sua gestione rientra Kshudraroga Chikitsa, e coinvolge tutti i Dosha ma prevalentemente Pitta e Vata che interagiscono nell’accumulare impurezze (Ama) nei tessuti profondi del cuoio capelluto come risulta molto evidente nei quadri più impegnativi.
A seguito della contaminazione dei tessuti profondi ad opera di Vata-Pitta Dosha si ha un danneggiamento del cuoio capelluto sul quale affioreranno maggiori quantità di cellule morte causando la forfora.
La visione biomedica occidentale del problema della forfora trova molti punti in comune con quella tradizionale ayurvedica anche se, tra le cause della forfora, indica anche la presenza delle specie micotiche Malassezia furfur e/o Malassezia globosa che sono due lieviti normalmente presenti sulla cute, ma che possono prolificare ad esempio in presenza di iperproduzione di sebo anche modulata dall’effetto degli ormoni androgeni (testosterone) oppure in situazioni di stress oppure anche per reazioni della pelle a sostanze chimiche. In occidente il problema della forfora colpisce maggiormente il sesso maschile, prevalentemente tra i 12 e i 40 anni di età, mentre è più rara negli anziani e una strategia di prevenzione risulta vincente negli individui predisposti. Sulla base quindi delle evidenze delle possibili cause del problema si raccomanderebbe di adottare una dieta ricca di sostanze antiossidanti (frutta e verdura) ed evitare un’assunzione eccessiva di grassi. Risulta inoltre utile un’integrazione a base di acidi grassi polinsaturi. Tra i fenomeni che possono creare irritazione locale e provocare desquamazione vengono individuati anche l’eccessiva sudorazione del cuoio capelluto, l’utilizzo intensivo di shampoo con tensioattivi aggressivi, di gel, schiume, lacche. Da evitare sarebbe inoltre l’utilizzo di asciugacapelli a temperature molto elevate e lavaggio del capo con acqua troppo calda.
In linea di principio bisognerebbe mantenere il più possibile la fisiologica condizione del capello e del cuoio capelluto evitando alterazioni del fisiologico pH.
Per il trattamento vengono raccomandati prodotti emollienti e lenitivi su base oleosa che facilitano il distacco delle squame e l’utilizzo di shampoo cheratoregolatori prevalentemente a base di ketoconazolo e climbazolo mentre nei casi più importanti vengono prescritti prodotti cortisonici per applicazione locale.
La linea di trattamento ayurvedica consiste nel regolare i domini di Pitta e Vata attraverso preparati erbali topici, dieta e gestione dello stile di vita insieme ai trattamenti Panchakarma. Alcune erbe specifiche possono essere somministrate anche oralmente per purificare il corpo dalle impurità digestive accumulate.
Secondo lo studio, così potrebbe essere strutturata la moderna gestione Ayurvedica della salute dei capelli e della forfora:
-Dieta
Cibi non piccanti, frutta fresca succosa, verdure cotte e verdure a foglia verde (prevalentemente con un gusto amaro) aiuteranno la salute dei capelli. Alcune prodotti stagionali come il fieno greco, la curcuma e il coriandolo, il cumino, il burro chiarificato, l’olio aiuteranno anche a purificare il tessuto adiposo e a rafforzare il tessuto osseo. Alimentarsi con cibo con un buon valore nutritivo e ricco di fibre, (insalate, frutta e lenticchie) aggiungendo anche il cocco. Si raccomanda inoltre una corretta assunzione di acqua e l’uso sempre di grassi salutari come il ghee in cucina.
-Panchakarma
Snehana (Massaggio): Il massaggio con olio caldo dei capelli e del cuoio capelluto, specialmente se fatto con oli medicati con erbe Keshya (nutrienti per i capelli), nutre i capelli e il cuoio capelluto, idrata il cuoio capelluto asciutto, migliora la circolazione sanguigna; questi interventi con oli aiuteranno a mantenere capelli lunghi, lucenti, forti, brillanti e robusti. Per queste preparazioni sono indicate infusioni in olio di sesamo o di cocco con erbe specifiche come Brahmi (Bacopa monnieri), Bhringaraj (Eclipta alba) Amalaki (Emblica officinalis) che aiutano a mantenere il colore e la lucentezza dei capelli.
-Nasya: Nasya è indicato in tutti gli Urdhawa Jatrugatvyadhi (disturbi/malattie della testa), l’olio medicato per Nasya migliorerebbe la condizione dei capelli.
-Yoga e esercizio fisico possono ridurre al minimo i livelli di stress.
– Applicazione di Taila medicati per capelli a base di erbe indicati per la salute dei capelli e per combattere la forfora come Brahmi Taila (con probabili effetti pro circolatori e trofici cellulari nel follicolo pilifero), Triphaladya Taila, etc.
– Assunzione di medicamenti naturali interni come: Triphala Rasayana (migliora l’immunità, purifica il sangue), Saptamritaloha (contiene liquirizia indiana e Triphala, utili per le malattie della pelle), etc..
A cura della direzione scientifica di Benefica
Journal of Ayurveda and Integrated Medical Sciences | Mar – Apr 2018 | Vol. 3 | Issue 2
DANDRUFF – AYURVEDA MANAGEMENT FOR BETTER HAIR CARE
Kavita Daulatkar(1)
Author information:
(1) Professor, Dept. of Samhita Siddhant, Bhausaheb Mulak Ayurveda Mahavidyalaya, Nagpur, Maharashtra, India.
Charaka publications
ABSTRACT
According to Ayurveda, hair and nails are the Upadhatu of bone metabolism.
In some individuals, the skin are very sensitive to seasonal changes and factors like cold, heat, cosmetics and shampoo etc., that’s why these peoples are on high risk of getting suffered from the condition like Dandruff.
Dandruff can be considered as Darunaka in Ayurveda and refer as minor diseases (Kshudra Rogas). Dandruff is caused due to imbalance due to Doshas.
The primary doshas involved are Pitta and Vata.
The condition like dandruff can be managed with comprehensive approach like diet, Panchakarma along with some internal medicine.
ISSN: 2456-3110
Newsletter Fitoterapia nr. 35 – Giugno 2018
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Newsletter Ayurveda nr. 43 – Maggio 2018
Newsletter n° «43»
Maggio 2018
FOCUS TAILAM
“Bala” in Ksheerabala
Current Traditional Medicine, 2015, 1, 5-17 5
SIDA CORDIFOLIA, A TRADITIONAL HERB IN MODERN PERSPECTIVE – A REVIEW
Ahmed Galal, Vijayasankar Raman and Ikhlas A. Khan
Introduzione
Ksheerabala è uno tra i più noti “Taila” di impiego ayurvedico; il suo nome è composto dal termine “Ksheera” che significa “latte”, e dal termine “Bala” letteralmente “la forza” per la prevalente presenza, nell’antica formula originale, di Sida cordifolia identificata con il nome tradizionale “Bala”.
Come curiosità gli abitanti del Belgio (i Belgi) devono il loro nome proprio alla parola sanscrita “Bala” e precisamente al temine Bala-ja che significa “figli dei forti” (Paul Gibier).
Riferimenti a Ksheerabala sono rintracciabili in Ashtanga Hridaya che lo indica per il trattamento di “80 disturbi di Vata”, grazie alle proprietà farmacologiche di Sida cordifolia (toniche, ringiovanenti, nervine) che rendono questo taila versatile anche in presenza di stress fisico e mentale dove prevalga vizio del Dosha Vata. In Ksheerabala la componente “Ksheera” (latte) contribuisce ad effetti addolcenti utili anche a riequilibrare il Dosha Pitta.
La formula di Ksheerabala è una delle più semplici tra quelle dei Taila classici, tuttavia l’esperienza tradizionale ci tramanda testimonianza dei suoi potenti effetti; questi sono dovuti alla prevalente presenza nella formula degli estratti oleosi di “Bala” (Sida cordifolia L.) una antica e pregiata pianta medicinale che anche nei nostri giorni è oggetto di continuo studio anche della moderna farmacognosia.
In questa Newsletter proponiamo una lettura di sintesi di una importante Review, pubblicata nel 2015 da Current Traditional Medicine, che tratteggia il profilo di Sida cordifolia L. in modo esaustivo ed anche critico. Lo studio è stato condotto da ricercatori dell’Università in Mississippi negli USA e illustra gli effetti anche meno noti di quest’officinale molto conosciuto nel mondo anche come psico attivo.
E’ utile da subito evidenziare che i diversi effetti farmacologici descritti nell’articolo sono relativi anche alla somministrazione per via orale od inalatoria; proprio per la potenza e peculiarità del profilo farmacologico di questa straordinaria pianta, il suo uso è vietato in più paesi europei ed anche in Italia, per la formulazione di integratori per via orale (molto noti quelli “dimagranti” per effetti anoressizzanti) per evitarne l’assunzione per motivi d’abuso. Gli effetti centrali infatti derivano dall’ingestione o inalazione di preparati da parti diverse della pianta.
L’impiego di “Bala” invece è ampiamente ammesso e ritenuto sicuro per formulazioni topiche e dermocosmetiche.
I contenuti dell’articolo hanno l’esclusiva finalità di riferire della completezza del profilo medicamentoso di Sida cordifolia L..
Sida cordifolia: note generali
Popolarmente Sida cordifolia L. è conosciuta come “Bala”, che come abbiamo detto significa “Forza” e non è un caso che l’antica e precisa lingua sanscrita (Vedica) abbia utilizzato proprio il termine “Bala” per identificare le piante del genere Sida, in relazione ai loro potenti effetti farmacologici. Bala appartiene alla famiglia delle Malvaceae e la sua radice è considerata una “droga” elettiva (droga: tecnicamente la parte dell’officinale utilizzato a scopi medicamentosi) nel sistema medico ayurvedico, tuttavia se ne ritrova l’uso anche nei sistemi medici tradizionali Cinese e Brasiliano oltre che in altre culture mediche; denominatore comune dell’uso di Sida cordifolia L. in queste importanti culture mediche tradizionali è la sua indicazione prevalente nelle problematiche di natura infiammatoria come antireumatico, antipiretico, analgesico, antiasmatico e come anti congestionante nasale oltre che come antidolorifico specifico nelle sciatalgie, tuttavia si ritrovano anche utilizzi tradizionali come lassativo e diuretico. Più recentemente la letteratura scientifica sta approfondendo l’importante ruolo di Sida cordifolia nel ridurre la gravità del parkinsonismo, come afrodisiaco, come aiuto alla riduzione del peso corporeo, come immunomodulatore ed epatoprotettivo, cardiotonico e, curiosità, anche come preventivo della carie dentale.
“Bala”: questione di nome?
Dal punto di vista della corretta identificazione botanica di “Bala” (Forza- pianta della Forza – che rende forti) bisogna tener presente che questo antico nome, che dovrebbe essere attribuito alla sola Sida cordifolia L, può identificare diverse specie di Sida, al punto che nella stessa India “Bala” può indicare Sida codifolia L. (aka Bala nel nord indiano) oppure Sida alnifolia (ugualmente chiamata Bala nell’India meridionale); in letteratura il nome Bala si ritrova anche riferito a Sida rhombifolia ed altre specie tassonomiche della stessa famiglia; per questi motivi attualmente si ritiene ad esempio che Sida acuta e Sida rhombifolia possano essere impiegate come sostitute od adulteranti, nelle formulazioni ayurvediche originali, poiché presentano un profilo in alcalodi simile a quello di Sida cordifolia L..
“Bala”: una questione di qualità
Sida cordifolia è tutt’ora molto utilizzata nella Medicina ayurvedica (Taila), nella Medicina siddha oltre che in altri sistemi di Medicina popolare, al punto che nel periodo 2005-2006 il suo consumo è stato stimato in 5505 milioni di tonnellate e bisogna tenere in considerazione che la materia dovrebbe provenire esclusivamente da habitat spontanei e selvaggi; per la raccolta di “Bala” è raccomandata la selezione della sola “radice” e non dei suoi semi o della pianta intera e a maggior ragione non è raccomandabile la raccolta di altre specie come la Sidha rhombifolia, la Sida cordata o la Sida acuta.
A parte il problema della corretta attribuzione del nome botanico, che potrebbe mettere in difficoltà anche un esperto del settore, i problemi derivanti solo anche dalle similitudini morfologiche di foglie e fiore delle diverse specie, impongono grande esperienza nella raccolta e nella selezione di “Bala” e per la produzione di prodotti “originali” solamente produttori tradizionalmente specializzati possono garantire l’adeguata qualità di questa complessa filiera ai fini del “valore” dei loro prodotti e della loro sicurezza d’impiego.
Il genere Sida L. (famiglia delle Malvaceae) comprende circa 250 specie distribuite principalmente in zone tropicali, e la specie Sida cordifolia si ritiene indigena dell’ Africa, dell’ Asia tropicale e temperata e del Sud America; attualmente la si ritrova anche in altre regioni (è ora quasi pantropica) tuttavia in via di estinzione.
Sinonimi botanici di di Sida cordifolia L possono essere: Sida herbacea Cav.; Sida holosericea Willd. ex Spreng.; Sida hongkongensis Gand.; Sida rotundifolia Lam. Ex Cav.
Catalogabile tra le piante aromatiche si presenta in natura con altezza fino ad un metro e foglie ovalari con bei fiori di giallo intenso.
Usi medicinali tradizionali
In India “Bala” è ritenuta una delle piante medicinali più preziose ed è stata largamente prescritta dalla Medicina ayurvedica; di “Bala” sono prevalentemente sfruttate le radici, ma anche foglie e steli, per contrastare la dissenteria cronica, la gonorrea e l’asma ed attualmente ancora come afrodisiaci e per contrastare le malattie degenerative come il Parkinson.
Secondo fonti storiche e recente letteratura scientifica le radici di Sida cordifolia L. dimostrano utilità nell’alleviare anche disturbi nervosi come la paralisi facciale, l’emiplegia, oltre che nei disturbi urinari.
La corteccia della pianta viene invece sfruttata prevalentemente come stomachico, demulcente, tonico, astringente, principio amaro diuretico, aromatico e come agente antivirale.
I semi di Sida cordifolia sono conosciti come afrodisiaco naturale oltre che nel trattamento della gonorrea, delle cistiti, delle coliche e del tenesmo rettale; sembra che i semi possano tuttavia indurre innalzamento della pressione sanguigna.
Anche nella Medicina tradizionale Brasiliana, “Bala”, conosciuta come “Malva branca” o “Malva branca sedosa” è stata largamente impiegata per il trattamento dell’infiammazione della mucosa orale, della bronchite asmatica, della congestione nasale, della blenorrea, della stomatite, dell’asma e dei reumatismi oltre che come analgesico; sempre in Brasile se ne sono ampiamente sfruttati i potenziali antimicrobici.
In Cina la Sida cordifolia L. è considerata come equivalente erboristico di Efedra, mentre, come curiosità, in Kenya è utilizzato per l’igiene dentale.
Cosa contiene “Bala”?
Come abbiamo detto l’impiego, come pianta medicinale, di “Bala” ne ha sfruttato tradizionalmente i benefici in più problematiche anche importanti, basti pensare al suo potente effetto antinfiammatorio o sul Sistema Nervoso Centrale.
Questi effetti medicamentosi derivano dalla presenza, nelle varie parti della pianta, di sostanze farmacologicamente molto attive; nelle radici si concentrano alcune tra le sostanze più attive tra cui due principali tipi di alcalodi (rappresentati da p-fenetilamine e responsabili dell’attività su Sistema nervoso centrale) e tre alcaloidi della chinazolina.
Un particolare alcaloide della chinazolina [denominato 5`-idrossimetil-1`- (1,2,3,9- tetraidro-pirrolo [2, 1-b] chinazolina-1-il) – hepta-1-one] è stato isolato anche nelle parti aeree di Sida cordifolia; questa sostanza ha dimostrato spiccata attività analgesica e antinfiammatoria nel modello sperimentale.
Come noto alcuni alcaloidi contenuti in ”Bala” sono identificati come precursori della potente efedrina (alcaloide, contenuto nelle piante del genere Efedra, dotato di azione terapeutica nelle malattie cardiovascolari, nell’asma e in alcune malattie nervose; viene prodotta anche sinteticamente) mentre sembrerebbero invece contrastanti le evidenze sulla reale presenza in “Bala” della specifica molecola efedrina la cui presenza è stata provata in alcuni studi (tra 0,8 e 1,2 %) e smentita, anche recentemente in altri. Queste differenze dipenderebbero dalla biodiversità delle materie prime analizzate.
La certezza della reale presenza di efedrina come tale in Sida cordifolia L. rappresenta uno dei punti cruciali per la sua sicurezza di impiego per via orale (o anche inalatoria) mentre non desta preoccupazioni per la somministrazione topica.
Analogamente, secondo recente letteratura scientifica, appare discordante la presenza di un altro importante e potente alcaloide chiamato criptolepina.
Distribuite percentualmente in modo diverso nelle varie parti della pianta ma sempre molto concentrate nelle radici, si ritrovano poi molte altre preziose sostanze tra le quali i flavonoidi (potenti antiossidanti naturali), variabilmente i fitoectodisteroidi (triterpeni dal potente effetto adattogeno ed importanti per diverse attività farmacologiche) e diverse altre strutture steroidali (farmacologicamente sempre molto attive) oltre che ad acidi grassi che si concentrano anche nell’olio essenziale di foglie fresche di Sida cordifolia.
Tutte le eventuali diversità del fitocomplesso, e quindi del prodotto che lo contiene, dipendono dalla biodiversità dell’officinale (influenza del luogo di raccolta, tempo balsamico) oltre che dalle metodiche estrattive e da altre importanti caratteristiche della filiera della qualità del prodotto finito.
Gli estratti di Sida cordifolia vengono standardizzati su base dei suoi alcaloidi bioattivi visicina e visicinone con metodica HPLC.
“Bala”: alcuni dei suoi effetti
La recente letteratura scientifica ha confermato la potente attività farmacologica di “Bala” ampiamente sperimentata e confermata dai modelli osservazionali dell’antico uso tradizionale.
Gli effetti farmacologici e biologici di Sida cordifolia sono stati ampiamente oggi chiariti sul sistema cardiovascolare, sul Sistema Nervoso Centrale, oltre a quelli anti antinfiammatori ed analgesici, antipiretici, ipoglicemizzanti, anti-ulcerogeni, anti – HIV-1 ed apatoprotettori.
Un recente studio sull’animale ha inoltre dimostrato la capacità di un estratto acquoso di “Bala” di esercitare effetti neuroprotettivi, anti-infiammatori ed antiossidanti paragonabili al Deprenil (potente antiossidante di sintesi) usato come farmaco di riferimento in un modello di neuro tossicità indotta sperimentalmente.
Gli effetti antinfiammatori e analgesici di “Bala” sono stati ampiamente studiati in modelli sperimentali che indicano che gli estratti da radice si dimostrano attivi nel contrastare l’infiammazione farmacologicamente indotta con effetti simili al farmaco di confronto indometacina (un potente antinfiammatorio ed analgesico di sintesi). Analogamente, effetti antinfiammatori ed analgesici, sono stati accertati anche per estratti di sole foglie facendone ipotizzare anche un effetto centrale. Gli studi sperimentali suggeriscono che gli effetti anti infiammatori ed antidolorifici dipendano prevalentemente dalla capacità di “Bala” di interferire con i percorsi della ciclossigenasi e di impedire la produzione di sostanze biologicamente responsabili di infiammazione e dolore.
In altri studi sperimentali è stato inoltre osservato un effetto antipiretico e anti-ulcerogenico con ottima tollerabilità; gli effetti anti-ulcerogenici sono stati studiati in modelli di ulcere indotte con aspirina e metanolo. Ulteriori studi hanno indicato la capacità di estratti di foglie di “Bala” di esercitare effetti antinocicettivi orofacciali e cioè la capacità di interferire con processi sensoriali che rilevano e convogliano i segnali e le sensazioni di dolore. In alcuni altri modelli si è inoltre studiata la capacità di estratti di “Bala” nell’indurre vaso dilatazione dell’arteria mesenterica coinvolgendo meccanismi specifici (come NO, i canali PGI2 e K +) esercitando azione ipotensiva.
Secondo lo studio in Sida cordifolia, gli effetti anti infiammatori ed analgesici, ampiamente confermati dall’uso tradizionale, si accompagnano anche ad un effetto di natura protettiva anti osteo-artritica; in un modello sperimentale di osteo artrosi indotta da collagene gli effetti protettivi di “Bala” si sono dimostrati superiori a quelli dello Zenzero (Zingiber officinale R.) così come anche osservato negli esami istologici sulle articolazioni che hanno evidenziato un effetto conservativo su sinovia e matrice cartilaginea.
Di particolare interesse, soprattutto nelle somministrazioni topiche a base di Sida cordifolia L., sono gli effetti “trofici” sul derma come suggerito da uno studio condotto su un unguento a base di Sida cordifolia; lo studio in questione ha evidenziato una accelerazione dei tempi di guarigione di ferite di diversa natura; uno studio sperimentale ha inoltre concluso che “Bala” migliora i tempi di epitelizzazione e il contenuto di idrosiiprolina (un aminoacido componente del collagene) nella pelle confrontandone gli effetti con il farmaco di riferimento (sulfadiazina argentica).
I noti effetti antiossidanti di Sida cordifolia si sono evidenziati anche sul sistema cardiovascolare valutando il profilo degli anti ossidanti nel siero in modelli sperimentali di infarto indotto; nei principali studi sull’argomento la pre somministrazione di “Bala” si è correlata con un incremento delle superossido dismutasi (SOD) e della catalasi che vengono riconosciute come indicatrici di cardioprotezione. In uno di questi studi è stata anche osservata la capacità di Sida cordifolia di indurre evidente ipotensione e bradicardia riconducibili ad attività di modulazione indiretta sui recettori muscarinici del cuore e diretta sui recettori muscarinici vascolari favorendo anche il rilascio di protossido d’azoto (notoriamente anestetico).
Studi anche molto recenti stanno approfondendo l’antico approccio con i “Rasayana” nella prevenzione e trattamento di malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson, il morbo di Alzheimer e la perdita di memoria. Sida Cordifolia è un “Rasayana” tradizionalmente impiegato nel trattamento delle malattie neurodegenerative in quanto, come altri Rasayna, dimostra evidenti effetti antiossidanti nei confronti dei radicali liberi che sono ampiamente ritenuti alla base delle malattie neurodegenerative; gli estratti valutati si sono rivelati di ottima tollerabilità. Uno studio sperimentale molto recente ha osservato, in modelli di parkinsonismo indotto da rotenone, che estratti di Sida cordifolia hanno ridotto l’instabilità posturale e migliorato gli aspetti comportamentali contrastando la riduzione dei livelli di dopamina nel mesencefalo.
Solo per via orale o inalatoria alcuni estratti idroalcolici delle foglie di Sida cordifolia hanno dimostrato di poter indurre depressione del Sistema Nervoso Centrale inducendo alterazioni comportamentali con riduzione dell’attività e del coordinamento motorio.
I principali sistemi di Medicina Tradizionale hanno poi, nei secoli, sfruttato diversi altri effetti medicamentosi di “Bala”; tra di essi si può ricordare una capacità “epatotrofica” dovuta ad attività di rigenerazione epatica dovuta alla stimolazione della proliferazione degli epatociti: questo effetto è stato osservato sperimentalmente nei confronti del danno epatico indotto da alcool, in relazione alla capacità di “Bala” di ripristinare anche i livelli di enzimi antiossidanti e di glutatione (epatoprotettore per eccellenza).
Interessante è anche l’impiego complementare e “non convenzionale” di “Bala” come agente anti-HIV-1 naturale, in relazione alla capacità di ostacolare la produzione di particolari proteine che il virus utilizza per la sua replicazione. Un articolo recente ha dimostrato anche potenziali effetti antidiabetici ed ipocolesterolemizzanti di “Bala”.
Per uso topico Sida cordifolia L risulta sicura e ben tollerata.
TOSSICOLOGIA
Per uso orale l’estratto acquoso di Sida cordifolia è stato testato per potenziale effetto tossico sulla vitalità della linea cellulare PC12 senza segni di tossicità. Un’ulteriore studio di tossicità nel ratto (Current Traditional Medicine, 2015, vol. 1, n. 1 Galal et al.) è risultato essere molto favorevole. Somministrazioni di dosi fino a 5,0 g/kg non sono letali per gli animali.
Nonostante non ci siano state segnalazioni di tossicità associata a Sida cordifolia L., la presenza di particolari alcaloidi e di criptolepine non è stata ancora adeguatamente valutata, e per l’uso orale si impongono valutazione su sicurezza d’uso e possibile tossicità; analogamente la possibile presenza di Criptoleptina (con possibili effetti genotossici) nel fitocomplesso dell’estratto di Sida cordifolia rende la sua sicurezza dell’uso orale discutibile e rappresenta un potenziale rischio per la salute.
Alcuni caratteristiche esotermiche di Sida cordifolia sono simili a quelle di altre specie del genere Sida e possono spesso essere erroneamente identificate. E’ ampiamente riferito che in diversi campioni di prodotti a base di “Bala” disponibili in commercio sono state ritrovate diverse specie di Sida, forse a causa di confusione nell’identificazione.
Nei prodotti posti in commercio per usi medicamentosi e per la ricerca scientifica risulta quindi corretta e preferibile l’autenticazione della materia prima utilizzata.
A cura della direzione scientifica di Benefica
Current Traditional Medicine, 2015, 1, 5-17 5
SIDA CORDIFOLIA, A TRADITIONAL HERB IN MODERN PERSPECTIVE – A REVIEW
Ahmed Galal(1), Vijayasankar Raman1 and Ikhlas A. Khan(1,2)
Author information:
(1) National Center for Natural Products Research, School of Pharmacy, University of Mississippi, MS-38677, USA
(2) Division of Pharmacognosy, Department of BioMolecular Sciences, School of Pharmacy, University of Mississippi, University, MS-38677, USA
ABSTRACT
Sida cordifolia (Malvaceae) is a highly reputable medicinal herb in the Ayurveda and other traditional systems of medicine in India and various other countries. In the Ayurvedic system of medicine it is used as antirheumatic, analgesic, antipyretic, antiasthmatic, nasal anticongestant, antiviral, laxative, diuretic, aphrodisiac, hypoglycaemic, hepatoprotective and in the treatment of Parkinson’s disease. In order to evaluate this traditional plant in a modern perspective, the current review presents essential aspects of S. cordifolia including taxonomy, uses in disciplined traditional medicines, geographical distribution, chemical constituents, pharmacological studies on plant extracts and on single entity constituents, toxicity, and standardization. The chemical composition of this herb comprises of alkaloids, flavonoids, phytoecdysteroids, sterols and fatty acids. The problem of plant misidentification, due to confusion with other related species, is discussed. This paper reviews the conflicting reports regarding the presence or absence of ephedrine and discusses the claimed utility of this herb as a weight loss aid on the basis of ephedrine purported to be present in this species.
2215-0846/15 © 2015 Bentham Science Publishers
DOI: 10.2174/2215083801666141226215639
Newsletter Fitoterapia nr. 34 – Maggio 2018
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Newsletter Ayurveda nr. 42 – Aprile 2018
Newsletter n° «42»
Aprile 2018
KATI BASTI: QUALE TEMPERATURA DELL’OLIO?
JOURNAL OF AYURVEDIC AND HERBAL MEDICINE 2017; 3(3): 139-141
APPROACH TO STANDARDIZATION OF OIL TEMPERATURE IN KATI BASTI – A PILOT STUDY.
Bhusal N, Mangal G, Bhattarai A, Hivale US.
Il problema
Pubblicato nel settembre 2017 da Journal of Ayurvedic and Herbal Medicine (ICV 72.65), l’articolo proposto, molto semplice ma in parte unico nel suo genere, riporta le conclusioni di un singolare studio pilota che ha indagato quale temperatura dell’olio medicato, potrebbe ritenersi indicata nella pratica di Kati Basti, per standardizzarne la procedura ed evitare il rischio di ustioni per il paziente ed il terapista. Lo studio è stato condotto presso il National Institute of Ayurveda (Jaipur- Rajasthan-India).
Kati Basti è la nota procedura Ayurvedica, attraverso la quale un olio medicato, opportunamente riscaldato, viene applicato e mantenuto in area lombosacrale, per un certo periodo di tempo, con l’ausilio di uno speciale anello (diga) appositamente preparato con polvere di “Black gram” (Vigna mungo – Sanskrit मुद्ग / mŪgd).
Finalità di Kati Basti è quella di alleviare il dolore, la rigidità e il gonfiore associati ad artrite ed altre condizioni dolorose; gli effetti di Kati Basti sono rivolti a pacificare Vata e Kapha nei soggetti con sintomatologie tipiche di articolazioni, muscoli e tessuti molli; come noto Kati Basti induce anche la sudorazione e contribuisce a facilitare la mobilità e la buona salute delle articolazioni, oltre ad agire su muscoli e tessuti molli colpiti.
Secondo le fonti ayurvediche e conferme secondo “evidence”, Kati Basti si rivela sicuramente efficace nella riduzione del dolore, ma se la difficoltà di posizionamento sulla parte interessata rappresenta un relativo inconveniente per la corretta esecuzione della procedura, una dovuta riflessione deve porsi sulla scelta della temperatura a cui applicare gli oli medicati al fine di ottenere riproducibilità degli effetti benefici del trattamento ed evitarne il rischio di ustioni.
Con il crescente interesse per la Medicina Ayurvedica nel mondo moderno le procedure dei vari Panchkarma possono variare notevolmente da un centro di trattamento ad un altro, con notevoli variabili di accuratezza e di sostanze impiegate; in molti centri, ad esempio, il tradizionale anello di polvere di “Black gram” viene sostituito con anelli di altri materiali acrilici o metallici; risulta pertanto difficile ritrovare uniformità nelle varie procedure.
In Kati Basti, l’aspetto della scelta della temperatura dell’olio medicato da applicare, risulta fondamentale, rispondendo al principio che il riscaldamento indiretto dell’olio dovrebbe raggiungere la temperatura fisicamente tollerabile dal paziente ed essere rispondente al concetto di Sukhoshna (cioè “comoda” per il paziente); la temperatura, inoltre, dovrebbe mantenersi uniforme durante e fino al termine della procedura, evitando il rischio di ustione al paziente e al terapista.
Come noto, per evitare il generale rischio di ustione, viene tradizionalmente indicato di rimuovere dal ring, ad intervalli regolari, una certa quantità di olio lasciandone comunque una minor parte, sostituendola con olio contemporaneamente riscaldato indirettamente.
Secondo tradizione, in Kati Basti, la scelta della temperatura ideale dell’olio medicato viene fatta dal terapista sulla base della sua esperienza professionale e sulla base del concetto di Sukhoshna, cioè di temperatura “comoda” per il paziente, in relazione alla sua soggettiva percezione del calore; attualmente risultano ancora limitati i dati per poter stabilire un parametro oggettivo per la scelta di una temperatura ideale.
Su base osservazionale la determinazione della temperatura dell’olio medicato, secondo percezione soggettiva del calore (del paziente e del terapista), ha validamente rappresentato il criterio principale di scelta, tuttavia risulta evidente che la percezione del calore varia da individuo ad individuo (anche da terapista a paziente) e che, ad esempio, la consuetudine all’esposizione all’olio riscaldato possa determinare una maggiore capacità di tolleranza al calore; influiscono poi sulla sfera soggettiva altri fattori come la stagione, la posizione geografica e Prakriti del paziente.
La standardizzazione di una temperatura ottimale dell’olio medicato potrebbe essere utile ai fini della riproducibilità degli effetti benefici di Kati Basti e per prevenire il rischio di ustione per il paziente ed il terapista.
Scopo dello studio proposto è stato quello di individuare una possibile temperatura ideale dell’olio medicato in Kati Basti, per poterne standardizzare la procedura.
Lo studio in breve
Lo studio è stato condotto nel dipartimento di Panchkarma dell’Istituto Nazionale di Ayurveda di Jaipur (Rajasthan) dove ogni giorno vengono mediamente eseguite più di 30 procedure di Kati Basti. Kati Basti è la procedura più comune tra quelle di Bahya Sthanik Basti eseguite nel reparto.
Per lo studio sono stati selezionati casualmente 50 pazienti tra quelli che si sono rivolti all’unità di Panchkarma per trattamenti Kati Basti. I pazienti inclusi nella valutazione avevano età compresa tri i 20 e i 75 anni e sono stati arruolati indipendentemente da altri criteri (es. sesso, patologie, etc.); sono stati analizzati soltanto i dati dei pazienti che hanno completato un percorso di minimo 7 giorni di trattamento Kati Basti; nello studio sono stati inclusi solo nuovi pazienti (non già noti al centro) suddividendoli secondo Prakriti.
I diversi terapisti, hanno come al solito proceduto a Kati Basti, decidendo secondo i loro criteri di esperienza e secondo Sukhoshna, la temperatura dell’olio medicato, tuttavia misurandola fisicamente in due momenti distinti.
Sui pazienti, in posizione prona, si è proceduto con Kati Basti, effettuato con anello di polvere di “Black gram” e Dashmoola Taila riscaldato ad una temperatura che i pazienti dovevano indicare come Sukhoshna (tollerabile e confortevole); inizialmente l’olio veniva versato sul bordo interno dell’anello per evitare disagi imprevisti e dispersioni.
Secondo procedura standard del centro, l’olio riscaldato è stato mantenuto “in situ” per 30-40 minuti e la misurazione della temperatura dell’olio, con il termometro, eseguita dal terapista, non ha disturbato o modificato la routine del trattamento Kati Basti infatti nello studio è stata rilevata soltanto la temperatura dell’olio, immergendo in esso la punta del termometro, senza ulteriori interventi specifici e senza darne informazione ai pazienti.
Per ogni singolo paziente, con un termometro digitale, è stata rilevata e registrata la temperatura dell’olio medicato in momenti distinti del trattamento e cioè quando l’olio, appena riscaldato, veniva versato nell’anello e nel momento in cui questo veniva sostituito per mantenere uniforme la temperatura.
Le temperature rilevate nei due momenti distinti sono state poi registrate ed analizzate per calcolarne la variazione media e tutti i pazienti sono stati osservati per tutti i 7 giorni di trattamento per eventuali problematiche ed ustioni.
Lo studio riporta in più tabelle analitiche i dati analizzati in modo statistico anche per tipologia di pazienti secondo Prakriti.
Le conclusioni
Lo studio ha coinvolto 19 pazienti di sesso femminile e 31 pazienti di sesso maschile, con età media di 51,2 anni.
Nello studio si è osservata una tolleranza alla temperatura leggermente maggiore nel maschio rispetto alla femmina; alcune diversità di tolleranza al calore sono state osservate anche in diverse tipologie di Prakriti; solo in 8 pazienti si è riscontrata qualche difficoltà di posizionamento ma non tale da interrompere il trattamento e solo in 4 casi si è riscontrata una più veloce risposta di assorbimento dell’olio riscaldato ma senza nessun fenomeno di ustione.
Le misurazioni delle temperature dell’olio medicato, decise secondo esperienza pratica del terapista e criteri Sukhoshna, indicano che alla prima rilevazione (momento iniziale di applicazione dell’olio appena riscaldato) la temperatura variava tra un massimo di 46, 30 °C e un minimo di 39,80 °C, mentre al secondo momento di rilevazione (sostituzione dell’olio) la temperatura variava da un massimo di 43,0 °C ad un minimo di 37,80°C, con una variazione media di 3°C ed una media di temperatura di 42,99 °C.
Lo studio indica che una temperatura media dell’olio medicato di 43 °C può essere favorevole in Kati Basti per la standardizzazione della procedura ed per evitare il rischio di ustioni per il paziente ed il terapista.
A cura della direzione scientifica di Benefica
JOURNAL OF AYURVEDIC AND HERBAL MEDICINE 2017; 3(3): 139-141
APPROACH TO STANDARDIZATION OF OIL TEMPERATURE IN KATI BASTI – A PILOT STUDY.
Nirmal Bhusal(1), Gopesh Mangal(2), Amrita Bhattarai(3), Ujjwala S Hivale(1)
Author information:
1 Ph.D. Scholar, Department of Panchakarma, National Institute of Ayurveda, Jaipur, Rajasthan-302002, India. 2 Assistant Professor and Head(I/C), Department of Panchakarma, National Institute of Ayurveda, Jaipur, Rajasthan-302002,India. 3 M.D. Scholar, Department of Panchakarma, National Institute of Ayurveda, Jaipur, Rajasthan-302002, India.
ABSTRACT
Kati Basti is a procedure done in Panchkarma Ayurveda Clinics, hospitals in which comfortably warm medicated oil is kept over the lumbosacral area for a certain period of time with the help of a specially formed frame ring prepared from black gram dough.
Kati Basti is highly effective in the management of pain but difficulty in positioning and chances of burn due to warm oil used is a big drawback in performing the procedure.
The temperature in Kati Basti pool is tried to be kept uniform throughout the procedure by replacing the oil by warm oil. In case of Kati Basti the temperature of oil used should be Sukhoshna (comfortable to the patient) which a subjective perception of heat. There is a need to standardize the optimum temperature of the oil pooled in Kati Basti so that it would be very easy for the therapist to avoid the burn to himself and to the patient.
This study was performed with the aim to standardize the comfortable tolerable temperature of Kati Basti. Data of 50 patients undergoing minimum of 7 days of Kati Basti between the ages 20 to 75 years were selected irrespective of sex, disease, duration and referring consultants.
Average maximum variation during the procedure was found to be of 3 degree Celsius.
The study found the average temperature of 43 degree may be favorable for Kati Basti and gives valuable information about possible temperature variations.
ISSN Print: 2394-7500
Newsletter Fitoterapia nr. 33 – Aprile 2018
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Media News Marzo 2018
Articolo pubblicitario di presentazione RECUPRA sulla rivista Starbene
Newsletter Ayurveda nr. 41 – Marzo 2018
Newsletter n° «41»
Marzo 2018
AYURVEDA E “COMPUTER VISION SYNDROME”
INTERNATIONAL JOURNAL OF APPLIED RESEARCH 2018; 4 (1): 297-300
AN AYURVEDIC MANAGEMENT OF COMPUTER VISION SYNDROME.
Dr. Manish Walia, Avadhesh Bhatt, and Dr. Ajay Sharma
Un problema emergente
Le abitudini e lo stile di vita del mondo moderno determinano progressivamente nuove problematiche che coinvolgono sia la sfera psico-emotiva sia la sfera fisica dell’individuo; tra i disturbi fisici si sta rivelando emergente la “Computer vision syndrome”, cioè la sindrome da visione al computer. Secondo un recente studio, ne soffrirebbero nel mondo circa 60 milioni di persone con un milione di nuovi casi ogni anno (Ranasinghe P. et al. 2016.PMID:26956624). L’American Optometric Association definisce la “Computer vision syndrome” (CVS) come una sindrome correlata ad uno stato di generale affaticamento, non solo degli occhi, causata dall’uso prolungato di schermi elettronici; questa problematica insorge in coloro che, per vari motivi, trascorrono più di 7-8 ore al giorno davanti ad uno schermo e mediamente i primi sintomi si manifestano dopo 1/3 anni dall’esposizione. I sintomi della sindrome sono prevalentemente visivi come irritazione e secchezza degli occhi; affaticamento degli occhi e difficoltà di visione; bruciore; lacrimazione eccessiva; visione doppia; mal di testa; sensibilità alla luce; lentezza nei cambiamenti della messa a fuoco; cambiamenti nella percezione dei colori.
I soggetti che ne soffrono più frequentemente sono gli adulti, in relazione alla loro attività lavorativa, ma anche i bambini, che sempre più spesso utilizzano tablet e computer a scuola o per gioco; queste problematiche possono diventare più evidenti se, durante la visione dello schermo, l’illuminazione e la postura non sono corrette. Le recenti ricerche scientifiche hanno evidenziato che delle persone che utilizzano il computer continuativamente manifestano qualche sintomo della sindrome in una percentuale tra il 50% e il 90%.
La sindrome da visione del computer (CVS) dipende da uno stato di affaticamento degli occhi; il sintomo principale è la secchezza oculare che di per sé non é pericolosa, se episodica, ma che se non trattata, può avere conseguenze anche serie (cheratite, decentramento ottico negli occhiali, disallineamento bifocale progressivo). La CVS peggiora con il prolungarsi dell’attività e i primi sintomi possono comparire dopo diverse ore di attività e non essere immediati; in alcuni casi possono subentrare sensazioni di dolore.
La CVS dipende da diversi fattori tra i quali, il primo, è la necessità di dover mettere a fuoco testi ed immagini visualizzati sul pc o su altri dispositivi, per periodi di tempo prolungati ed ininterrotti; questo sforzo continuativo degli occhi determina un arrossamento della sclera dipendente dall’eccessivo flusso di sangue verso gli occhi ed il processo infiammatorio dovuto alla continuità del lavoro. A questo primo fattore si associa poi, nel lavoro al computer, la necessità di dovere spostare frequentemente gli occhi dallo schermo verso documenti ad esso vicini, dai quali ad esempio si estrapolano dati da inserire: questa continua attività muscolare di spostamento degli occhi determina uno stato di affaticamento con manifestazioni anche dolorose; questo sovraccarico di attività degli occhi porta come conseguenza comune la precoce evaporazione del film lacrimale infatti, a causa della visione ininterrotta e della ridotta velocità di battito degli occhi, la secrezione lacrimale delle ghiandole lacrimali diminuisce o le lacrime evaporano rapidamente e l’occhio non viene adeguatamente inumidito. Questo provoca la sensazione di occhio secco e di bruciore. Dobbiamo tenere in considerazione che lo strato acquoso (lacrimale) svolge un ruolo fondamentale nel fornire ossigeno all’epitelio corneale anche con funzione di “lavaggio” di detriti e di sostanze irritanti nocive mentre lo strato lipidico ha, tra le sue funzioni, quella di prevenire l’evaporazione dello strato acquoso. Lo strato mucoso possiede funzioni lubrificanti. La compromissione, per qualsiasi motivo, dell’efficienza di uno di questi strati porta a seccare gli occhi causando potenzialmente ulteriori sintomi di CVS.
Concorrono poi ulteriori fattori che si associano frequentemente alla CVS come ad esempio il piegare la testa con angolazioni strane a causa dell’utilizzo di occhiali da vista non adatti e non progettati per la visione al PC, oppure il piegarsi verso lo schermo per vederlo chiaramente. Deve poi essere tenuta in primaria considerazione anche la generale postura assunta per molte ore davanti al pc: se non corretta può provocare spasmi muscolari o dolore al collo, alla spalla o alla schiena. La CVS può essere anche aggravata da altri problemi di salute (difficoltà digestive, presenza di gas intestinali, stitichezza e stress ecc.); quindi anche il trattamento sistemico degli altri fattori associati è da ritenersi importante.
La natura del problema si pone come continuativa e non facilmente evitabile, spesso per motivi professionali; generalmente i consigli terapeutici mirano a contrastare la secchezza oculare con interventi specifici (idratanti-lubrificanti-colliri) e si affiancano al consiglio di occhiali specifici per computer e di un uso giudizioso del pc. La soluzione del problema tuttavia può prevedere un approccio più ampio sfruttando anche le potenzialità della Medicina Ayurvedica (Nasya – Dinacharya – Shirodhara) e, ad esempio, di esercizi yoga per gli occhi, utili a rilassarne i muscoli, per ridurre l’affaticamento e aumentarne la resistenza.
La visione Ayurvedica
La “Computer vision syndrome” chiaramente non è menzionata nei testi classici ayurvedici, tuttavia questo quadro sintomatologico è inquadrabile in Ayurveda come Netrarogas ed il trattamento più adatto della sindrome (Chikitsa) è individuale in chiave di lettura di Hetu, Samprapti, Purvaroopa, Roopa di Netraroga. Secondo letteratura infatti i sintomi della CVS sono simili e paragonabili a quelli di Netra roga il cui trattamento (Chikitsa) dovrebbe essere: Aschotana, Seka, Sneha parishek, Prakshalana e Shirovasti, seguiti da Nasya, Tarpana e Putpaka; possono inoltre essere consigliati Vatapittahara Dravyas e Shirodhara.
Gli obiettivi del trattamento ayurvedico per la secchezza degli occhi mirerebbero alla correzione della vitalità di Vata (in probabile predominanza Vata-Pitta), in generale nel corpo e specificatamente negli occhi, e la correzione del “fuoco digestivo” sostenendo la lubrificazione nel corpo; questo approccio può essere utile anche per alleviare i sintomi del CVS.
Nell’articolo proposto vengono esaminati in modo sintetico ma completo tutti questi aspetti con particolare attenzione al ruolo di Nasya panchkarma che risulta molto attivo su urdhwajatrugata roga (regione sopra-clavicolare) pulendo tutti gli Srota dall’accumulo di Dosha viziato.
Nasya è una delle 5 tecniche di panchkarma (trattamenti disintossicanti); essa prevede che i farmaci vengano somministrati, attraverso le narici, nelle cavità nasali. Il primo effetto di nasya è quello di contrastare lo stato di “secchezza” riscontrato all’origine di molte sintomatologie respiratorie e allergiche ed analogamente nasya fornisce nutrimento e la lubrificazione agli occhi.
Vagbhatta acharya, sulla base dell’inquadramento dei dosha coinvolti, offre una spiegazione di vari tipi di nasya: Pratimarsha Nasya specifico per la riduzione dell’affaticamento degli occhi: migliora la visione e quindi può essere utile per alleviare i sintomi come visione offuscata, difficoltà di messa a fuoco, visione doppia; Shaman Nasya per contrastare l’arrossamento degli occhi e la congestione ( S. Su.20 / 29, As. Hri. Su. 20/6); Sneha Nasya specifico come rigenerante e rafforzatore delle funzioni degli organi di senso e migliora della capacità visiva. (Hri. Su. 20/23).
In modo di dire ayurvedico “Nasa hi Shirasodwaram” spiega in modo sintetico il fondamento del meccanismo d’azione di Nasya; infatti per contiguità anatomica, nervosa e vascolare, la cavità nasale è in stretto rapporto con la “testa” e le sostanze somministrate attraverso le narici possono diffondere attraverso il condotto nasolacrimale, l’orecchio medio, attraverso la tuba d’Eustachio, gli spazi intra cranici, fino all’orecchio medio.
La sostanza (dravya) somministrata attraverso nasya, può raggiungere facilmente “Sringataka marma” che rappresenta un punto vitale situato nel cervello e corrispondente ai centri nervosi; da esso quattro arterie (Shiras) entrano in connessione con quattro organi di senso e cioè: naso, occhio, orecchio e lingua.
Alla base della spiegazione del meccanismo di attività di nasya si pone l’evidenza scientifica che una qualsiasi irritazione in qualsiasi parte del corpo provochi un aumento della circolazione del sangue in loco; analogamente avviene, attraverso nasya, in Shiras dove gli effetti irritanti del farmaco somministrato incrementano la circolazione del flusso sanguigno del cervello; da qui i Dosha viziati vengono condotti e sversati, attraverso piccoli vasi sanguigni, nella secrezione nasale, nelle lacrime e nella salivazione.
Attraverso nasya i farmaci prescritti nella terapia entrano direttamente in contatto con la mucosa nasale che è caratterizzata dalla presenza di molte terminazioni nervose in particolar modo del nervo trigemino. Il fenomeno irritativo diretto con conseguente stimolazione delle terminazioni nervose potrebbe determinare variazioni distali nel ganglio del Trigemino e questi impulsi trasmessi al Sistema Nervoso Centrale; questi eventi si tradurrebbero in miglioramento della circolazione e del nutrimento degli organi aiutando la remissione della malattia. Probabilmente karma Nasya stimola i neuroni del trigemino con effetti sfruttabili anche per alleviare il mal di testa ed altre sintomatologie.
Secondo i testi classici la maggior parte delle sostanze (dravya) somministrate con nasya posseggono proprietà di Katu (amaro), Ushna (Caldo) e Teekshna (penetrante, acuto); questi farmaci producono dravekaranam (liquefazione/fluidificazione) e chedanam (espulsione) di dosha viziati. Le sostanze Kashaya rasa (astringenti) producono effetti astringenti mentre mentre quelle Madhura rasa (dolci) producono un effetto rinfrescante e nutriente.
Nasya, secondo la visione Ayuvedica, se eseguito regolarmente (importanza di Dinacharya) , risulta utile nel trattare e prevenire varie patologie che interessano la testa (Urdhawanga). Nasya purifica la funzione sensoriale degli occhi, del naso. Attraverso questa procedura le sostanze (medicinali) non subiscono processo di digestione ed evitano alterazioni dirette della struttura mucosale gastrica. Il procedimento pulisce e apre i “canali” della testa, migliorando così il processo di ossigenazione con un’influenza diretta sul funzionamento del cervello.
Anu -Taila è l’olio ayurvedico raccomandato dagli specialisti per la pratica di Nasya. Tradizionalmente l’Ayurveda prescrive Anu – Taila anche per il regolare impiego nella domestica e quotidiana pratica di Dinacharya per la “purificazione” del corpo e dei sensi. Anu – Taila ha la caratteristica di essere equilibrato e Tridoshico e può essere utilizzato (secondo la dose) in ambiti differenti e con scopi peculiari. Tradizionalmente si consiglia di applicare Anu -Taila con un leggero massaggio anche sulla radice del naso e sulla fronte. Questa semplice pratica , predispone quotidianamente ad un miglior assorbimento di Prana attraverso la respirazione.
L’articolo
L’articolo, pubblicato da International Journal of Applied Research nel 2018; (SJIF Impact Factor 5,2), propone la possibile soluzione Ayurvedica per il contemporaneo ed emergente problema della “computer vision syndrome”.
Le conclusioni dello studio riconducono al pensiero che nella lettura ayurvedica la soluzione del problema sia da affrontare in modo multidisciplinare con particolare riferimento all’efficacia di Nasya panchkarma affiancato anche ad altri interventi, ben spiegati nell’articolo, come Prakshalan (lavaggio oculare), Netra Tarpana, Shirodhara, Snehapana (Gritapana) e Virechana.
Nella proposta della soluzione Ayurvedica per la “computer vision syndrome” devono essere compresi come necessari alcuni cambiamenti dello stile di vita a partire dall’adagio “early to bed, early to rise” per arrivare ad un sano stile di vita (privo di dipendenze come alcool o fumo) ed alimentare. L’articolo fa anche espresso riferimento all’utilità di specifici esercizi yoga per rilassare i muscoli degli occhi per ridurne l’affaticamento aumentarne la resistenza.
A cura della direzione scientifica di Benefica
INTERNATIONAL JOURNAL OF APPLIED RESEARCH 2018; 4 (1): 297-300
AN AYURVEDIC MANAGEMENT OF COMPUTER VISION SYNDROME.
Dr. Manish Walia 1, Avadhesh Bhatt 2, and Dr. Ajay Sharma 3
Author information:
1 PG Department of Rasa Shastra & Bhaishajya Kalpana Vigyana, M.M.M. Govt. Ayu. Colg. Udaipur, Rajasthan, India.
2 Prof., PG Department of Rasa Shastra & Bhaishajya Kalpana Vigyana, M.M.M. Govt. Ayu. Colg. Udaipur, Rajasthan, India.
3 PG Department of Rasa Shastra & Bhaishajya Kalpana Vigyana, M.M.M. Govt. Ayu. Colg. Udaipur, Rajasthan, India.
ABSTRACT
Background: Computer vision syndrome (CVS) is a condition resulting from focusing the eyes on a computer or other display device for protracted, uninterrupted periods of time. It isn’t one specific problem. Instead, it includes a whole range of eye strain and pain & other symptoms are headaches, blurred vision, neck pain, fatigue, dry eyes, irritated eyes, double vision, vertigo/dizziness, polyopia and difficulty refocusing the eyes. These symptoms can be further aggravated by improper lighting conditions or air moving past the eyes. Research shows that between 50% and 90% of people who work at a computer screen have at least some symptoms. Dry eye is a major symptom that is targeted in the therapy of CVS. It is not a very dangerous issue but can cause serious problems if not get the attention at the time. The goals of Ayurveda treatment for CVS include correcting the vitiation of Vata dosha in body and in the eyes also, relieving the symptoms of dry eyes and correcting the digestive fire and encourage lubrication in the body.
Aim: To explores the role of panchkarma in computer vision syndrome. Panchakarma provide an effective solution for CVS. There are various relaxing methods that help in restoring the moisture in your eyes and calm your mind and body and give you serene feelings. These methods can be very effective and have variety depend on your requirements as Nasya, Shirodhara, Netradhara, Tarpana, Snehapan & Virechana also.
Material & method: In the present study, we collected and compiled references regarding classical Ayurvedic texts, research papers in peer reviewed journals & related data of different websites have critically reviewed.
Discussion & conclusion: We often choose allopathic solutions for most of our problems, but in Ayurveda, Panchakarma can be the better and effective solution as it ends the problem with the help of natural products and has no side effect. Ayurveda is one of the effective medical systems which are beneficial to keep your eyes healthy.
ISSN Print: 2394-7500