Newsletter n° «35»
Giugno 2018
Phyllanthus niruri L.
Una nuova evidenza nella calcolosi renale
International braz j urol: official journal of the Brazilian Society of Urology, 44.
Effect of phyllanthus niruri on metabolic parameters of patients with kidney stone: a perspective for disease prevention.
Pucci, N. D., Marchini, G. S., Mazzucchi, E., Reis, S. T., Srougi, M., Evazian, D., & Nahas, W. C. (2018).
Phyllanthus niruri: una pianta versatile
Secondo la recente scienza botanica Phyllanthus niruri L. è un sinonimo di Phyllanthus amarus Schumach. & Thonn nome botanico che dai primi anni ottanta ha rinominato il particolare genere della famiglia delle Phyllanthaceae al quale apparteneva Phyllanthus niruri L.; nella frequente confusione generata dalla nuova nomenclatura, sembrerebbe tuttavia che i vari sinonimi botanici di questa pianta identifichino varianti (a volte minime) della stessa che, pur con minime diversità fitochimiche quantitative, sono sostanzialmente identiche.
Solo a titolo di esempio citiamo di seguito alcuni dei diversi sinonimi botanici Diasperus nanus (Hook.f.) Kuntze, Phyllanthus nanus Hook.f., Phyllanthus niruri var. amarus (Schumach. & Thonn.) Leandri, Phyllanthus niruri var. scabrellus (Webb) Müll.Arg., Phyllanthus scabrellus Webb, Phyllanthus swartzii Kostel (India Biodiversity Portal).
Per questi motivi nella letteratura scientifica questa preziosa pianta viene citata con nomi diversi ma per una precisa valutazione di reali differenze di effetti medicamentosi ci si dovrebbe basare su analisi chimico fisiche per determinare aspetti di biodiversità.
Per ottenere omogeneità di effetti medicamentosi la filiera di qualità delle varie forme farmaceutiche dovrebbe essere garantita per standardizzazione.
Phyllanthus niruri appartiene alla famiglia delle Phyllanthaceae ed è stato impiegato per millenni in diversi sistemi di Medicina Tradizionale come quella ayurvedica (Jar Amla), indonesiana e brasiliana ma cresce spontaneo anche nel sud Italia, dove, noto con il nome di “erba spaccapietra”, in forma prevalentemente di infuso o decotto, è stato sempre impiegato per contrastare la calcolosi renale e per supportare in generale la funzionalità del sistema urinario così come anche in Brasile dove la pianta è conosciuta come “chancapiedra”.
L’uso più antico e ricorrente nei principali sistemi di medicina tradizionale è quello di aiuto nelle epatopatie di diversa origine e nelle epatiti (prevalentemente B); in letteratura ricorrono anche citazioni come ipoglicemizzante ed antifebbrile.
Per l’uso medicinale si impiega prevalentemente la radice della pianta per gli effetti epatici ed invece la pianta intera per gli effetti urinari. Le forme farmaceutiche di somministrazione possono essere il decotto, la polvere della droga oppure, nelle moderne formulazioni di integratori naturali specifici, l’estratto secco della droga titolato in tannini totali (sostanze amare) mediamente tra il 3 ed il 10 %. La letteratura scientifica non è attualmente concorde nell’individuare dosaggi specifici dell’estratto secco tuttavia una standardizzazione media di circa 50 mg di tannini totali/die viene ritenuta utile per gli effetti urinari.
Nel 1998 un importante studio farmacologico (Calixto et al.) ha individuato i principali costituenti chimici del fitocomplesso di Phyllanthus nel quale si ritrovano alcaloidi, benzenoidi, cumarine, flavonoidi, lignani, lipidi, steroli, tannini e triterpeni.
Gli effetti “epatoprotettivi” di Phyllanthus sembrerebbero derivare da alcune sostanze farmacologicamente attive e concentrate soprattutto nella radici (fillantina, ipofillantina, triacontanale e tricontanolo) che si dimostrano in grado, come ben accertato nei modelli sperimentali, di esercitare un potente effetto antiossidante proteggendo gli epatociti dall’azione nociva del tetracloruro di carbonio e della galattosamina.
Le prime indagini scientifiche sugli effetti antivirali di Phyllanthus niruri risalgono ai primi anni ottanta quando è stato provato, in vitro, che un estratto di “Phyllanthus” è stato in grado di inibire sensibilmente il titolo dell’antigene di superficie del virus dell’epatite B e successivamente sulla marmotta (modello animale in cui la patologia è simile all’uomo) è stato dimostrato che un estratto acquoso della pianta è stato in grado di diminuire i livelli di antigene di superficie del virus dell’epatite B sopprimendo l’attività delle DNA polimerasi endogene nel gruppo trattato rispetto ad un gruppo di controllo; nel gruppo trattato la somministrazione i.p. dell’estratto acquoso è stato in grado di eliminare (mediamente in un mese) dal siero sia il titolo antigenico che l’attività della DNA polimerasi virale; al termine del trattamento gli animali trattati rimanevano liberi dai markers specifici fino a quarantacinque settimane.
Successivamente, negli anni novanta, ulteriori studi scientifici condotti su specifiche linee cellulari epatiche infettate con il virus dell’epatite B hanno dimostrato che Phyllanthus (niruri e/o amarus) è stato in grado di inibire il rilascio di virus nel medium cellulare; questi dati indicherebbero la potenzialità benefica sulle epatiti di tipo B, probabilmente attraverso l’inibizione dell’attività delle polimerasi, della trascrizione del m-RNA e della replicazione virale.
Nel 1988 Thyagarajan et al. osservarono per primi che un estratto a base di polvere di Phyllanthus amarus (200 mg somministrato per un mese tre volte al giorno) in 37 soggetti portatori di epatite virale B determinava la soppressione dell’antigene di superficie del virus dell’epatite B (59% dei pazienti del gruppo verum). I principali responsabili di questi effetti sarebbe i tannini del tipo dell’acido ellagico, che risultano attivi contro numerosi virus di piante e animali; tra questi tannini l’ipofillantoina, un lignano, ha dimostrato anche in altri studi un’attività antivirale piuttosto ampia oltre che una significativa attività epatoprotettiva come dimostrato per fillantoina e l’ipofillantoina da Syamasundar nel 1985.
La letteratura scientifica non è concorde nello stabilire i potenziali effetti antivirali del genere Phyllanthus tuttavia le discrepanze nei risultati degli studi scientifici potrebbero dipendere anche dal tipo di materia vegetale impiegata, dal tempo di raccolta e da altri importanti fattori di biodiversità. Altri studi scientifici hanno ad esempio dimostrato che il contenuto di fertilizzanti del suolo ed umidità dello stesso possono influenzare l’attività inibitoria dei generi Phyllanthus sulla polimerasi virale e che questa possa crucialmente dipendere dalla variabilità genetica di esemplari coltivati da semi provenienti dall’India, dalla Costa d’Avorio, dalle Hawaii, da Puerto Rico e da Trinidad. Nella valutazione quindi di potenziali effetti medicamentosi di questa famiglia di officinali il luogo di provenienza e filiera della qualità sono fondamentali.
Rispetto agli effetti a favore della funzionalità dell’apparato urinario sembrerebbero molto attivi estratti da officinali provenienti dall’India o dal Brasile mentre i generi coltivati in Indonesia sembrerebbero molto attivi per effetti epato trofici, tuttavia non è possibile fare affermazioni assolute tenendo conto delle variabili di biodiversità possibili anche nelle stesse zone di coltivazione; soltanto adeguate certificazioni fisico-chimiche delle materie vegetali impiegate possono confermare la prevalenza nel fitocomplesso di sostanze chimiche utili farmacologicamente per i vari usi medicamentosi.
Gli effetti del genere Phyllanthus a favore della funzionalità dell’apparato urinario sono tradizionalmente riferiti alla capacità del fitocomplesso di modulare la contrazione della vescica urinaria esercitando un effetto diuretico ed anche antispasmodico; questi effetti sarebbero d’aiuto anche nella nell’eliminazione di calcoli urinari di piccole dimensioni o di frammenti di essi o più tipicamente della “renella”.
Dai primi anni 2000 l’interesse scientifico si è focalizzato sul potenziale di Phyllanthus niruri in contrasto alla calcolosi urinaria indagando le motivazioni che, per l’uso tradizionale, hanno fatto conoscere il Phyllantus niruri come “Erba spaccapietra”.
Sull’argomento la letteratura scientifica è piuttosto approfondita e diversi sono gli studi clinici condotti anche sull’uomo; tra questi citiamo un importante studio clinico condotto in Italia (Bianchi et al 2006 – PubMed) che suggerisce una spiegazione dei meccanismi di attività di Phyllanthus nella calcolosi urinaria; nello studio clinico si è osservato che “l’erba spaccapietra” interferisce con i meccanismi coinvolti nella genesi e nella nucleazione dei calcoli urinari prevalentemente sulla base di ossalato di calcio.
Secondo questo studio Phyllanthus niruri favorirebbe infatti la riduzione dei livelli di ossalato di calcio urinario e favorirebbe un maggior rilascio di glicosaminiglicani che, con il ruolo di rivestimento proteico sui cristalli, ne impedirebbe l’aggregazione e quindi la successiva organizzazione in forma di calcolo; questo meccanismo spiegherebbe anche per quale motivo calcoli già preformati si indebolirebbero diventando più fragili, lisci e più facilmente frantumabili. In questo studio clinico si è valutato l’effetto di Phyllanthus niruri anche come coadiuvante dell’intervento di litotrissia extracorporea: 118 pazienti affetti da calcolosi renale (per natura nota o sospetta calcica) sono stati divisi in due gruppi omogenei per localizzazione (rene) e dimensione dei calcoli (media 1 cm) e successivamente entrambi i gruppi sono stati sottoposti ad intervento di litotrissia extracorporea; dopo l’intervento in gruppo è stata somministrata per tre mesi una terapia standard (idratazione e terapia antidolorifica) mentre nel secondo gruppo, sempre per tre mesi, alla terapia standard è stato somministrato anche un preparato a base di Phyllanthus niruri. Durante i tre mesi di trattamento post litotrissia, con esami specifici (rx pelvi e addome ed ecografia reno vescicale), si è valutata l’eliminazione dei frammenti litiasici e nel gruppo trattato con Phyllanthus niruri (calcolosi caliceale inferiore) la percentuale di successo è stata del 94 % contro il 64 % del gruppo non trattato. Nello studio il trattamento con Phyllanthus niruri è stato perfettamente tollerato dai pazienti, senza effetti collaterali o indesiderati.
Dai dati della letteratura scientifica più recente si è oggi concordi nel valutare l’effetto di Phyllanthus niruri nella calcolosi renale in modo globale per effetti di facilitazione espulsiva di frammenti di calcolo o di calcoli di piccola dimensione, di contrasto dei meccanismi di “nucleazione” della formazione dei calcoli urinari (prevalentemente composti da ossalato di calcio) e sembrerebbe emergente un ruolo fondamentale di Phyllanthus niruri nel modulare positivamente, per significativi effetti antiossidanti, le alterazioni metaboliche correlate con le alterazioni fisico chimiche dell’ambiente urinario.
Studi sperimentali confermerebbero anche l’uso di estratti da foglie di Phyllanthus niruri come ipoglicemizzanti naturali.
L’articolo in breve
Il recentissimo articolo che segnaliamo (marzo 2018) arricchisce le conoscenze sull’uso clinico di Phyllanthus niruri in contrasto alla calcolosi urinaria; lo studio clinico è stato condotto in ambiente universitario e pubblicato da International Brazilian Journal of Urology: official journal of the Brazilian Society of Urology.
Obiettivo dello studio è stato quello di valutare prospetticamente l’effetto di un infuso di Phyllanthus niruri su parametri metabolici in pazienti con litiasi urinaria.
Per lo studio sono stati arruolati 56 pazienti con calcoli renali di dimensioni <10 mm. All’inizio dello studio i pazienti sono stati valutati con ecografia e con opportune valutazioni biochimiche e successivamente è stato somministrato loro un infuso a base di estratto di Phyllanthus niruri per 12 settimane. Le valutazioni conclusive sono state condotte dopo 12 settimane di Washout.
Le conclusioni dello studio riportano che per tutto il periodo di trattamento non si sono registrati cambiamenti significativi di parametri antropometrici e neppure di parametri fondamentali del siero come emocromo totale, creatinina, uricemia, acido urico, sodio, potassio, calcio, volume urinario e pH;
diversamente nell’urina si è evidenziato un significativo aumento di potassio urinario (p = 0,017); un aumento del rapporto magnesio/creatinina (p = 0,013) e del rapporto potassio/creatinina (p = 0,008) rispetto al basale.
Per ciascun paziente i calcoli renali sono diminuiti da 3,2 ± 2 a 2,0 ± 2 (p <0,001). Nei pazienti con iperossaluria si è osservata una riduzione dell’ ossalato urinario (p = 0,0002), e nei casi iperuricosuria si è osservata una sensibile diminuzione dell’ acido urico urinario (p = 0,0057).
Lo studio conclude che l’assunzione di Phyllanthus niruri (anche per lunghi periodi) è sicura e non causa effetti avversi significativi sui parametri metabolici nel siero, inoltre favorisce l’escrezione urinaria di magnesio e potassio con una significativa diminuzione dell’ossalato urinario e dell’acido urico nei pazienti con iperossaluria e iperuricosuria. L’assunzione di Phyllanthus niruri ha contribuito all’eliminazione di calcoli urinari. |